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STORIA DEI GIUBILEI
tratto dal n. 06 - 1999

La Via crucis di fra Leonardo


L’Anno santo del 1750 è ricordato per la presenza a Roma del francescano Leonardo da Porto Maurizio, il più grande propagatore della pratica devozionale che ripercorre la passione di Gesù. Grazie a lui e al papa Benedetto XIV fu eretta in quell’anno la Via crucis all’interno del Colosseo


di Serena Ravaglioli


Nel pieno del Secolo dei lumi, quando si moltiplicavano gli strali dei filosofi illuministi contro la religione cristiana, considerata fanatismo e superstizione, Benedetto XIV Lambertini volle che l’Anno santo si presentasse come momento esemplare di vita religiosa e di approfondimento di fede, al di là di ogni forma spettacolare e profana. Dedicò quindi grandi sforzi alla preparazione del Giubileo del 1750, emanando ben 12 decreti, a cominciare dalla bolla d’indizione Peregrinantes a Domino: vennero presi in considerazione tutti gli aspetti, da quelli più minuti, come la pulizia e il decoro delle chiese (veniva raccomandato l’esempio delle chiese dei Cappuccini, non preziose ma pulite) o il potenziamento dell’uso dei canti corali durante le celebrazioni, ai grandi temi religiosi della penitenza, dell’unità cristiana e dell’indulgenza giubilare.
Fra Leonardo da Porto Maurizio predica in piazza Navona in occasione del Giubileo del 1750, Palazzo Braschi, Roma

Fra Leonardo da Porto Maurizio predica in piazza Navona in occasione del Giubileo del 1750, Palazzo Braschi, Roma

In quest’opera di preparazione del Giubileo, Benedetto XIV volle coinvolgere i più rinomati predicatori, scegliendoli negli ordini dei Cappuccini, Domenicani, Serviti, Francescani, Gesuiti, e a loro affidò l’incarico della predicazione delle “missioni”, da tenersi nelle principali basiliche e chiese romane. Ai missionari il Papa forniva personalmente istruzioni sul modo di esercitare il loro ufficio.
Venne naturalmente convocato anche il francescano Leonardo da Porto Maurizio, cui era unanimemente riconosciuta la palma del migliore oratore sacro del momento e che godeva di particolare stima da parte del Papa. Leonardo era assai provato nel fisico: nel 1702 aveva rischiato di morire, poco dopo aver ricevuto gli ordini sacri, per una grave forma di tubercolosi, che l’aveva poi lasciato gracile e malaticcio per tutto il resto della sua vita. Nonostante ciò era un predicatore infiammato e instancabile, che da cinquant’anni si dedicava con passione a missioni, quaresimali, esercizi spirituali ed esortazioni conventuali, girando senza posa per tutta l’Italia.
A Roma tenne, a partire dal luglio 1749, tre corsi di missione della durata di tre settimane ognuno, tre “quindicine”, intercalate da una pausa di otto giorni. Le prediche furono tenute in piazza Navona, a Santa Maria in Trastevere e in Santa Maria sopra Minerva. A piazza Navona l’affluenza di popolo fu talmente grande che fu addirittura necessario prosciugare le fontane. Anche il Papa era spesso presente a queste missioni, al termine delle quali impartiva la sua benedizione con il Santissimo Sacramento. Finito di predicare, fra Leonardo entrava in confessionale e vi passava anche delle ore. La confessione e la penitenza erano infatti gli argomenti su cui più insisteva in quei corsi di preparazione. L’attività di predicazione proseguì poi intensamente per tutto l’anno giubilare, sempre assecondata da Benedetto XIV che si incontrava con il francescano ogni domenica.
Il nome di Leonardo da Porto Maurizio è tuttavia legato soprattutto alla pratica della Via crucis. L’usanza di commemorare la passione e la morte di Cristo pregando e meditando di fronte a quattordici stazioni, ognuna legata al ricordo di un episodio saliente del cammino dal Pretorio al Calvario, era di antica data, e risaliva ai pellegrinaggi medievali in Terra santa. Dalla Terra santa la devozione si era diffusa, a partire dal XV secolo, anche in Occidente, soprattutto ad opera dei Francescani. Nel 1686 Innocenzo XI aveva concesso la facoltà di acquistare le grandi indulgenze, già accordate ai pellegrini in visita a Gerusalemme, anche a coloro che avessero praticato la Via crucis nelle chiese francescane.
Fra Leonardo, per il quale la Via crucis era un esercizio quotidiano, si adoperò moltissimo perché fossero concesse le stesse indulgenze anche a quelle costruite fuori dalle chiese francescane. Egli fu il più grande propagatore di questa pratica devozionale ed è sicuramente a lui che si deve la sua diffusione capillare. Abituale era anche il ricordo che lasciava a conclusione delle sue missioni, quale predica permanente: e così nella sua lunga carriera arrivò a erigere 572 Via crucis. Di tutte queste, però, la più illustre fu proprio quella fatta innalzare a Roma in occasione dell’Anno santo 1750, all’interno del Colosseo, e che infatti fu costituita dal Papa «capo e matrice di ogni Via crucis del mondo».
Benedetto XIV aveva voluto consacrare il Colosseo, nel quale si riteneva avessero affrontato il martirio molti dei primi cristiani della città, alla passione di Cristo e al ricordo dei martiri (cosa che, fra l’altro, pose finalmente termine alla spoliazione del monumento che nel Medioevo e nelle epoche successive era stato sistematicamente adoperato come cava di pietra). L’inserimento della Via crucis, con le quattordici cappelle delle stazioni disposte lungo gli spalti e con la croce innalzata al centro dell’arena, completò la cristianizzazione del più celebre resto della città antica. Assumevano così un senso ancora più concreto le parole dello stesso Pontefice che in uno dei passi più significativi della bolla Peregrinantes a Domino aveva affermato: «Che cosa vi può essere di più bello per un cristiano che vedere la magnificenza della croce di Cristo nella sua luce più splendida che appaia mai in terra e persuadersi con i propri occhi dei documenti della gloriosa vittoria colla quale la nostra fede ha vinto il mondo? Qui si vede come la più alta potenza mondiale si pieghi devotamente innanzi alla religione e come la Babilonia terrena di una volta si sia trasformata in una nuova città celeste...». La cerimonia di inaugurazione della Via crucis di fra Leonardo avvenne la sera del 27 novembre e fu naturalmente lo stesso francescano a tenere la predicazione, dopo essere sceso a piedi nudi in processione con i suoi confratelli dal convento di San Bonaventura sul Palatino.
La croce e le cappelle furono rimosse dal Colosseo nel 1874, ma già qualche anno prima della Conciliazione, nel 1925, la croce venne ripristinata. Oggi le tracce di fra Leonardo vengono ripercorse ogni anno nella solenne Via crucis che si tiene al Colosseo la sera del venerdì santo sotto la guida del papa, una tradizione ripresa all’epoca del pontificato di Paolo VI.
Anche un altro futuro santo fu attivo durante quell’Anno santo a Roma: Giovanni Battista de Rossi. Per quanto fosse anche lui un solerte predicatore, che si rivolgeva soprattutto al popolo più umile, si prodigava soprattutto sul fronte dell’assistenza caritatevole ai poveri, agli infermi, ai carcerati. Qualche anno prima aveva fondato l’ospizio di San Luigi Gonzaga per il ricovero delle giovani abbandonate. Durante il 1750 alle sue consuete opere di carità accompagnò la cura solerte dei pellegrini poveri.
Nel complesso l’Anno santo di Benedetto XIV fu un grande successo, in termini sia quantitativi sia qualitativi: i pellegrini giunti a Roma furono molto più numerosi che negli anni santi precedenti e anche dal punto di vista della devozione e della spiritualità il Papa non avrebbe potuto augurarsi di meglio. A dispetto dell’affermazione stizzita di Voltaire: «Ancora un Giubileo! Eppure se ne è fatta della filosofia!», la fede cattolica aveva saputo offrire una palese dimostrazione della sua vitalità.


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