Home > Archivio > 12 - 1998 > «Non ci sono più miracoli. Solo istruzioni per l’uso»
LITURGIA
tratto dal n. 12 - 1998

«Non ci sono più miracoli. Solo istruzioni per l’uso»


L’amara constatazione di Kafka trova una conferma anche nella modalità con cui è stata attuata la riforma liturgica. Un esempio: la preghiera colletta della messa di San Francesco Saverio


di Lorenzo Bianchi



attualmente in preparazione una revisione del testo latino ufficiale del Messale Romano riformato da Paolo VI a seguito delle disposizioni del Concilio ecumenico Vaticano II. All’attuale seconda edizione tipica, che è stata pubblicata nel 1975, seguirà dunque una terza. Potrebbe essere questa l’occasione per riconsiderare l’opportunità, anzi, la stessa validità dal punto di vista della lex credendi, di alcuni cambiamenti introdotti nella liturgia dal gruppo di lavoro postconciliare che, alla fine degli anni Sessanta, ha revisionato e in moltissime parti modificato, anche sostanzialmente, la secolare tradizione liturgica codificata nel Messale Romano di San Pio V; e che, a volte, lo ha fatto in direzione diversa da quella indicata proprio dall’ultimo Concilio stesso («Non è stato propriamente il Concilio a riformare i testi liturgici, esso ne ha ordinato la revisione e, a tal fine, ha fissato alcune linee fondamentali. [...] Alcuni liturgisti moderni hanno la tendenza a rifarsi all’impostazione conciliare ma purtroppo ne sviluppano le idee in una sola direzione, ribaltando così le intenzioni stesse del Concilio»: cardinale Joseph Ratzinger, Liturgie diverse. Una ricchezza per l’unica Chiesa, in 30Giorni, n. 11, novembre 1998, pp. 50. 52).
Delle caratteristiche della riforma liturgica postconciliare si è già parlato ampiamente su queste pagine negli ultimi anni, e si è mostrata, in particolare dal punto di vista terminologico, tutta una serie di modifiche ed omissioni introdotte senza ragione apparente. A meno che ci siano state ragioni indicibili per pressioni e ricatti da parte di poteri mondani. In particolare, quelle modifiche che, operate nei testi delle tre orazioni del rito della messa (colletta, sulle offerte, dopo la comunione), più contribuiscono a proporre un nuovo linguaggio e nuovi concetti al semplice fedele. Come si è più volte sottolineato, il problema non si circoscrive ad una semplice questione di lessico, ma investe il contenuto; «perché nella liturgia ogni parola e ogni gesto traducono un’idea che è idea teologica» (parole del cardinale Francesco Antonelli, che partecipò ai lavori per la riforma, in N. Giampietro, Il Card. Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970, Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, Roma 1988, p. 264; citato in 30Giorni, n. 11, novembre 1998, p. 64).
Gli interventi sul Messale di San Pio V sono stati tali e tanti che merita nuovamente richiamare l’attenzione su alcuni di essi. L’impressione è che, nello svolgere un lavoro di revisione, si sia operato, come anche lamentò addolorato Paolo VI, senza la necessaria e indispensabile umiltà. Per usare ancora le parole del cardinale Antonelli, «quello che però è triste [...] è un dato di fondo, un atteggiamento mentale, una posizione prestabilita, e cioè che molti di coloro che hanno influsso nella riforma, [...] ed altri, non hanno alcun amore, alcuna venerazione per ciò che ci è stato tramandato. Hanno in partenza disistima contro tutto ciò che c’è attualmente. Una mentalità negativa ingiusta e dannosa» (ibidem, p. 258; citato ancora in 30Giorni, n. 11, novembre 1998, p. 64).
Un caso significativo di ciò è, per esempio, la orazione colletta per il 3 dicembre, memoria di san Francesco Saverio.
L’orazione colletta nel Messale di San Pio V (vedi la tabella comparativa qui sotto) parla di praedicatione et miraculis (predicazione e miracoli); il Messale riformato, nella corrispondente orazione, ha invece solo la parola praedicatione. L’omissione non si spiega. Anzi, lo zelo di chi ha riformulato l’orazione appare in contrasto addirittura con il Vangelo. Si legge infatti in Marco (Mc 16, 15-18. 20): «Et dixit eis: “Euntes in mundum universum praedicate evangelium omni creaturae. Qui crediderit et baptizatus fuerit salvus erit; qui vero non crediderit condemnabitur. Signa autem eos qui crediderint haec sequentur: in nomine meo daemonia eicient: linguis loquentur novis, serpentes tollent, et si mortiferum quid biberint, non eis nocebit, super aegros manus imponent, et bene habebunt”. […] Illi autem profecti praedicaverunt ubique, Domino cooperante et sermonem confirmante sequentibus signis» (testo italiano secondo la traduzione ufficiale della Cei, 1971: «Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. […] Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano»).
La predicazione non è dunque iniziativa autonoma degli apostoli, ma è il Signore che manda e coopera; e che conferma le parole con i miracoli, i segni (in greco tà shmeía), cioè cose visibili; cose che si possono vedere e toccare.
Non si può pensare che una riforma liturgica possa abolire qualcosa della Tradizione. Né, tanto meno, la libertà di aderirvi, come ricordava il cardinale Joseph Ratzinger (con le parole del cardinale Newman): «La Chiesa nel corso della sua storia non ha mai abolito o vietato forme ortodosse di liturgia, perché ciò sarebbe estraneo allo spirito stesso della Chiesa» (Liturgie diverse. Una ricchezza per l’unica Chiesa, in 30Giorni, n. 11, novembre 1998, p. 50).


Tabella comparativa

Messale di San Pio V

Deus, qui Indiarum gentes beati Francisci praedicatione et miraculis Ecclesiae tuae aggregare voluisti: concede propitius; ut, cuius gloriosa merita veneramur, virtutum quoque imitemur exempla.


Messale di Paolo VI
(editio typica secunda, 1975)

Deus, qui beati Francisci praedicatione multos tibi populos acquisisti, da ut fidelium animi eodem fidei zelo ferveant, et uberrima ubique prole Ecclesia sancta laetetur.


Traduzione italiana
(seconda edizione tipica,1983)

O Dio, che hai chiamato molti popoli dell’Oriente alla luce del Vangelo, con la predicazione apostolica di san Francesco Saverio, fa’ che ogni comunità cristiana arda dello stesso fervore missionario, perché su tutta la terra la santa Chiesa si allieti di nuovi figli.


Español English Français Deutsch Português