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IRAQ
tratto dal n. 12 - 1998

Intervista di Giulio Andreotti al mensile Tracce

Iraq: Desert fox


Nostra intervista all’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti sulla crisi del Golfo. Che condivide il giudizio della Santa Sede quando parla di «aggressione» che suscita «tristezza». L’equilibrio del mondo e la pace, responsabilità comuni


Intervista rilasciata a Tracce con Giulio Andreotti a cura di Maurilio Ronchetti


Il primo politico italiano a presentare un ordine del giorno in Parlamento sulla crisi irachena è stato Giulio Andreotti. Eccolo: «Il Senato, udite le dichiarazioni del Governo; ritenendo che solo i competenti organi internazionali possano gestire la prevenzione armata dal terrorismo e da altri disegni di criminalità collettiva; considerando che nel caso iracheno le Nazioni Unite debbano essere messe in condizione di compiere effettivi e approfonditi atti di ispezione; considerando che i bombardamenti debbono rimanere un duro ricordo del tempo di guerra, passa all’ordine del giorno». Nel 1991, al tempo della guerra del Golfo, Andreotti era primo ministro, e approvò l’intervento militare («in armonia con la linea delle Nazioni Unite, essendo purtroppo falliti tutti gli altri mezzi per restituire sovranità al Kuwait» dice ora, calcando molto l’accento sul «purtroppo»). Ora, no.

Senatore Andreotti, dinanzi ai bombardamenti angloamericani sull’Iraq, la Santa Sede ha pronunciato le parole «tristezza» e «aggressione», che implicano un giudizio di condanna. Qualcuno ha detto: esagerazioni umanitariste. Lei che cosa ne pensa?
GIULIO ANDREOTTI: No. Non è affatto esagerato parlare di aggressione, e l’umanitarismo non c’entra con questa tristezza profonda che condivido in pieno.
Dunque, Stati Uniti e Gran Bretagna aggressori?
ANDREOTTI: C’è di mezzo la violazione di un principio su cui solo può reggersi una convivenza internazionale pacifica. Ed è questo: nessun singolo Paese ha il diritto di sostituirsi alle Nazioni Unite nel decidere o meno un intervento militare. Questo vale a prescindere dal risultato che Clinton e Blair si sono prefissi, che è l’eliminazione di Saddam Hussein. Non è questo il luogo di discutere se Saddam sia buono o cattivo, né intendo difenderlo. Ma la figura di Saddam non c’entra e non deve c’entrare con questo tipo di valutazioni.
Si dice: la “ragion di Stato” impone di stare con i nostri alleati.
ANDREOTTI: Se tu sei mio alleato, non puoi fare quello che ti pare. Vale, anzi, il contrario. Del resto esistono principi che non possono essere oggetto di transazione. Mi ha ferito particolarmente Tony Blair. Sì, l’atteggiamento inglese è più grave di quello americano. Mentre noi discutevamo al Senato, lui manco per sogno si preoccupava dei nostri giudizi, e ordinava di far alzare in volo i suoi Tornado. Ha fatto sparire l’Europa! Se non si considera politica estera da perseguire in comune questa, che cosa, se no? Blair ha compiuto un vero e proprio attentato contro la faticosa costruzione dell’Unione europea.
Lei passa per il sommo realista. Ma non pecca di idealismo, in questo caso, riferendosi ai princìpi?
ANDREOTTI: L’equilibrio del mondo e la prospettiva di una pace e di un ordine duraturi non possono reggersi sulla logica di chi sa di essere il più forte, e siccome ha la convinzione di essere il braccio di Dio e il più puro del mondo, allora fa quel che gli pare. Comunque, non è che mi riscopro ora uomo di princìpi. Ricordo il caso di Grenada.
Siamo a metà degli anni Ottanta…
ANDREOTTI: Ero da pochi mesi ministro degli Esteri del governo Craxi. Gli Stati Uniti di Reagan decisero l’intervento militare in quell’isola dei Caraibi, perché sentivano minacciata la libertà del mondo. Bene: il nostro governo condannò, e il Parlamento approvò. E si era ancora in un mondo diviso in blocchi. Occorre riaffermare i princìpi su cui può reggersi la convivenza. Il metodo può essere soltanto quello che passa dalla valorizzazione delle Nazioni Unite e di altre istanze dove non valga solo il principio del più forte.
Non è un’utopia? Il più forte terrà al guinzaglio il mondo come vorrà, comunque.
ANDREOTTI: Non è così. La prospettiva che ho adombrato, quella di un peso determinante delle Nazioni Unite, è destinata ad affermarsi sempre di più. Credo proprio che ci saranno notevoli cambiamenti. Del resto, persino prescindendo dai princìpi, è inevitabile che anche il più forte accetti questi mutamenti. Nessuno si deve sentire al sicuro.
Insomma: conviene agli americani accettare il metodo delle Nazioni Unite.
ANDREOTTI: Se non si sta nella regola che vale per tutti, si finisce per essere come il gigante Golia tenuto sotto scacco da un sasso. Oggi, direi meglio, da frecce avvelenate. Nessuno può sentirsi al sicuro. Del resto, credo che gli americani pensino facilmente a bombardare il prossimo, perché non sanno che cosa vuol dire subire un bombardamento. Rischia di essere cacciato dal club chi non rispetta le regole.
Anche se è il socio più ricco?
ANDREOTTI: Non può più “buscherare” nessuno. Basta un kamikaze per fare del male al più forte. Si scherza col fuoco.
Ci sono cattolici – penso al Ccd – che hanno applaudito al bombardamento.
ANDREOTTI: Hanno applicato il concetto di difesa comune. Di solidarietà occidentale. Ma sono ragionamenti che potevano avere qualche valore quando il mondo era diviso in due. Inoltre, anche a loro ricordo il precedente di Grenada. Mi pare che allora la Dc fosse concorde… Non basta dire il contrario di Bertinotti per aver ragione.


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