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LE SPOGLIE DI SAN LUCA
tratto dal n. 11 - 1998

Gli indizi che confermano l’antica tradizione


Intervista con Vito Terribile Wiel Marin, anatomopatologo dell’Università di Padova


Intervista con Vito Terribile Wiel Marin di Eugenio Andreatta


Visti da vicino. E non per modo di dire. Da sant’Antonio a san Gregorio Barbarigo, dai ventitré martiri paleocristiani di Monselice, presso Padova, a san Leopoldo Mandic, dall’anatomista Gabriele Falloppio al musicista Giuseppe Tartini, tanti sono stati i personaggi celebri “visitati” post mortem dal professor Vito Terribile Wiel Marin, ordinario di Anatomia e Istologia all’Università di Padova e direttore dell’Istituto di Storia della medicina presso la stessa Università.
Ma l’ultima ricognizione, effettuata dal professore nella sua veste di coordinatore della commissione scientifica di quattordici esperti nominata dal vescovo di Padova, ha qualcosa di straordinario. Non è di tutti i giorni un incontro a tu per tu con le spoglie mortali di un evangelista. «Confesso l’emozione» dice il cattedratico padovano «che ho provato la sera del 17 settembre scorso quando abbiamo posto mano per la prima volta alla ricognizione delle reliquie attribuite ad uno dei quattro evangelisti conservate all’interno dell’arca marmorea in Santa Giustina».
Cosa avete rinvenuto, professore?
VITO TERRIBILE WIEL MARIN: Più di quanto ci aspettavamo. Anzi, questa ricognizione rispetto ad altre che ho effettuato si distingue anzitutto per il contesto, per la ricchezza di materiale che definirei di contorno rispetto al principale oggetto del nostro interesse: le ossa.
Entriamo nel dettaglio. Quali sorprese ha riservato l’arca marmorea fatta costruire nel 1313?
TERRIBILE WIEL MARIN: Anzitutto una grande cassa di piombo di circa 190 centimetri di lunghezza, 40 di larghezza e 50 di profondità, del peso di circa 600 chili posta su una tavola di legno. Una cassa probabilmente antichissima e di manufatto del tutto particolare. Poi altro materiale, tra cui una corda probabilmente servita per calare la cassa all’interno dell’urna marmorea e due medaglie rinascimentali.
E all’interno della cassa di piombo?
TERRIBILE WIEL MARIN: Anche qui le sorprese non sono mancate. In primo luogo abbiamo trovato una griglia di filo metallico su intelaiatura di legno, tenuta sollevata da chiodi lunghi una ventina di centimetri, che riparava il materiale sottostante, ulteriormente protetto da un sudario di tessuto bianco trasparente. La griglia e il velo furono probabilmente impiegati nel 1562, durante l’ultima ostensione delle reliquie, per mostrarle e insieme proteggerle dai fedeli che venivano a venerarle. Le ossa si mostravano in un primo momento disposte in modo disordinato, circondate da materiale vario: numerose costole e alcune vertebre di roditori, alcuni gusci di conchiglie, residui vegetali, resti forse di fiori lasciati cadere dai fedeli, scorie di saldatura metallica, una ciotola in terracotta e alcuni vasetti contenenti pergamene e monete. Poi, sul fondo della cassa, altre monete, in tutto 34, la più antica delle quali risale addirittura al 299 d.C., e alcune perline sparse. Infine una lastra e una targa in piombo, testimonianze delle ricognizioni del 1463 e del 1562, entrambe attestanti che le ossa presenti nella cassa appartengono a san Luca.
E per quanto riguarda lo stato di conservazione dello scheletro rinvenuto?
TERRIBILE WIEL MARIN: La ricognizione ha permesso di appurare che le ossa sono state conservate praticamente tutte, a parte l’ulna destra e l’astragalo sinistro, una delle numerose ossa del piede.
Nella cassa non è stato però trovato il cranio...
TERRIBILE WIEL MARIN: Questo si sapeva. I documenti attestano che il cranio era stato trasportato a Praga nel 1354 dall’imperatore Carlo IV. E qui, infatti, sorgeva il primo problema di ordine scientifico: verificare se il cranio, recatoci da Praga per tre giorni, si articolava con l’atlante, cioè con la prima vertebra cervicale. La corrispondenza è parsa indiscutibile a me, all’antropologa Maria Antonia Capitanio e al professor Emanuel Vlcek, antropologo venuto da Praga. Corpo e cranio si sono così autenticati reciprocamente all’anno 1354. Se quindi anche il trecentesco busto marmoreo di san Luca evangelista conservato nei Musei Vaticani contenesse, come si afferma, un cranio, questo non potrebbe mai articolarsi con la prima vertebra cervicale dello scheletro di Padova.
Con quale grado di certezza lo si può escludere?
TERRIBILE WIEL MARIN: Pressoché totale. L’articolazione cranio-atlante è considerata altamente specifica, del tipo chiave e serratura: una chiave di cui è assolutamente impensabile un secondo esemplare perfettamente uguale. Questo, quindi, è un argomento decisivo in ordine all’autenticità di queste rispetto ad altre presunte reliquie del santo.
Vi attendevate uno stato di conservazione così buono dello scheletro?
TERRIBILE WIEL MARIN: Ci speravamo, ed in effetti quanto poi abbiamo trovato è perfettamente corrispondente all’elenco elaborato dal notaio Spazzarino nel 1463 al termine di un vero e proprio processo che aveva coinvolto i maggiori esperti del tempo. È inoltre da rilevare che la conservazione della quasi totalità delle ossa componenti uno scheletro per moltissimi secoli è un fatto straordinario di notevole importanza. Sta comunque ad indicare una cura ed una venerazione verso questo corpo fin dalla sepoltura.
Quali altri risultati sono emersi dallo studio delle ossa?
TERRIBILE WIEL MARIN: Dagli studi condotti dagli antropologi Cleto Corrain e Maria Antonia Capitanio è emerso che lo scheletro appartiene ad un uomo morto in tarda età, presumibilmente tra i 70 e gli 85 anni, di statura intorno a un metro e 63 centimetri, di corporatura piuttosto robusta. Anche questi dati sembrerebbero in armonia con la tradizione. Sono due i documenti della fine del II secolo che parlano della morte di Luca: il cosiddetto Prologo antimarcionita riferisce che morì a 84 anni in Beozia, il Prologo monarchiano indica l’età di morte a 74 anni, ma una variante parla di 84 anni.
Un uomo anziano, quindi, e con quali caratteristiche?
TERRIBILE WIEL MARIN: Indicazioni molto interessanti ci vengono dalla forma del cranio, dolicocefalo, cioè allungato all’indietro, e stretto. Una forma, secondo la professoressa Capitanio, ben compatibile con la popolazione di Antiochia di Siria del I e II secolo dopo Cristo, non invece con la popolazione del Mille e meno ancora con quella di oggi, anche delle stesse regioni geografiche. Inoltre, come anatomopatologo ho potuto rilevare alcune alterazioni primitive dello scheletro, pure molto significative.
Ad esempio?
TERRIBILE WIEL MARIN: Una grave osteoporosi diffusa, un’artrosi della colonna vertebrale, grave a livello lombare e meno a livello toracico, una notevole usura dei quattro denti rinvenuti. Inoltre, dalla minore curvatura delle costole si deduce la presenza di un enfisema polmonare. Le alterazioni dello scheletro confermano pienamente le conclusioni degli antropologi: è un uomo di età avanzata.
L’insieme dei dati accertati finora permette già di considerare come probabile che lo scheletro conservato a Padova sia effettivamente quello di san Luca evangelista?
TERRIBILE WIEL MARIN: Le indagini finora compiute dalla commissione scientifica sono state fondamentalmente di tre tipi: indagine antropologica, paleopatologica e numismatica. Quest’ultima ha finora portato alla datazione di tutte le monete e medaglie rinvenute. L’insieme dei dati finora accertati mi sembra comunque non difforme da quanto la tradizione ci ha tramandato, e questo è già molto significativo ai fini dell’attestazione dell’autenticità dei resti attribuiti a san Luca. Tuttavia siamo ancora agli inizi. Un quadro completo sarà fornito dagli studi interdisciplinari.
Come proseguirà il lavoro della commissione scientifica?
TERRIBILE WIEL MARIN: Gli studi interdisciplinari prevedono in primo luogo l’analisi e la conseguente datazione della cassa di piombo che contiene i resti del corpo. Lo studio di questa cassa è molto importante ai fini dell’indagine storico-scientifica. Infatti dopo aver potuto personalmente osservare la piccola bara di piombo che conteneva i resti di san Prosdocimo, patrono di Padova, di fronte a questa, imponente, di san Luca si ha tutta l’impressione che tale cassa non sia stata fatta per accogliere le ossa, ma la salma stessa. Tra l’altro, abbiamo fatto prendere le misure all’interno del sarcofago marmoreo originariamente pagano che la tradizione attesta come tomba di san Luca a Tebe in Grecia e la cassa di piombo da noi rinvenuta vi si adatta perfettamente. Sono pertanto in atto studi chimici e cristallografici, oltre che sulla cassa di piombo anche sui legni, sulle stoffe e sui pollini, dai quali ad esempio potrebbe risultare che la cassa ha viaggiato per mare. Per quanto riguarda specificatamente le ossa deve essere compiuta la prova del Dna e del C14.
Quando prevede si concluderanno le ricerche?
TERRIBILE WIEL MARIN: Lo studio completo delle reliquie attribuite a san Luca dovrebbe concludersi con un congresso scientifico che si farà presumibilmente nel duemila.


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