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INEDITI
tratto dal n. 05 - 1998

Ma il Papa, alla fine, preferì la Dc


Roma, 1952. In extremis Pio XII blocca l’Operazione Sturzo per le elezioni comunali nella Città eterna. Partita da alcuni settori del mondo cattolico, l’operazione prevedeva la formazione di una lista civica con la benedizione del Pontefice. Ma oltre che essere destinata alla sconfitta, delegittimava la Dc di De Gasperi e il governo. Uno scambio di lettere, mai pubblicato prima, fra tre protagonisti: Guido Gonella, Luigi Sturzo e Luigi Gedda


di Giulio Andreotti


Molti italiani – senza dubbio la grande maggioranza – non sanno cosa fu l’Operazione Sturzo del 1952. Non è solo questione del tempo trascorso. Anche tra i sopravvissuti di quel momento non so quanti avvertirono l’importanza di una svolta involutiva, scongiurata in extremis. Rischiò di saltare in aria il difficile rapporto tra i partiti che avevano vinto insieme le elezioni del 1948, per la pretesa di depoliticizzazione della consultazione municipale di Roma, mettendo avanti l’idea di un listone civico che di fatto conglobava l’estrema destra senza avere il coraggio (o il pudore) per dirlo. Tutto era nato per una onesta risposta del segretario nazionale della Democrazia cristiana circa l’esistenza di un rischio di vittoria delle sinistre. Nelle libere elezioni – aveva detto Gonella – vi sono sempre dei rischi. Di qui il suono a stormo di religiose campane, con l’improvvida idea di mettere in quarantena i partiti democratici, dando alla competizione cittadina un arduo significato extrapolitico. E per accreditare la proposta si chiese a don Sturzo di assumerne la paternità. Sacerdote obbediente, Sturzo non rifiutò. Come non si era ribellato quando il cardinale Gasparri lo aveva “dimesso” da segretario del Partito popolare e gli aveva “suggerito” le vie dell’esilio.
Come sempre, tanti personaggi parlavano a nome del Papa. È qui pertinente l’antica formula con cui gli imperatori firmavano le loro decretazioni. Premettevano la sigla S.P.V.N., che voleva dire: “Se sono vere le premesse in base alle quali decidiamo”.
Ho già scritto nel passato sulla vicenda del 1952 (cfr. l’editoriale di Concretezza dell’agosto 1965) una ricostruzione molto dettagliata. Riporto qui l’appunto che preparai per il Santo Padre facendolo pervenire nelle vie brevissime (madre Paschalina, la segretaria di Pio XII).

Sulle elezioni di Roma
È fuor di dubbio che una lista apparentemente extrapolitica ma di fatto risultante dalla Dc + Msi + Pnm avrebbe queste conseguenze:
1) Nelle province dove si tengono elezioni la propaganda di destra farebbe perno sul declino della fiducia ecclesiastica verso la Dc e sull’esaltazione del Msi come “salvatore di Roma”. Chi si gioverebbe di questa erosione dei partiti di centro? I comunisti, che andrebbero a conquistare di colpo le amministrazioni, attraverso l’acquisizione della maggioranza relativa.
2) Nelle province del Nord, dove la Dc ha conquistato solide basi nel mondo operaio e contadino (si pensi alle province lombarde, a quelle piemontesi ecc.), si avrebbe un’immediata ripercussione della slittata a destra e verso il Msi che è considerato l’erede diretto della Repubblica sociale. Chi si avvantaggerebbe di questa crisi? Forse i socialdemocratici e i liberali ma più probabilmente i socialcomunisti. Bella preparazione per il ’53!
3) I tre partiti minori del 18 aprile assumerebbero una posizione di chiaro risentimento e le correnti anticlericali – con tanta fatica arginate in questi anni – riprenderebbero quota. Si può escludere che questi partiti vadano a dare man forte alla lista Nitti ma non si può davvero pensare che i simpatizzanti elettori dei tre partiti diano il loro voto al listone di centro-destra. Basti considerare il popolo minuto più o meno ebraicizzante del Ghetto che è fedele al Partito repubblicano e che ricorda troppo da vicino le razzie dei fascisti di Salò.
4) Cadrebbero gli accordi con i repubblicani per i Castelli romani a tutto vantaggio dei comunisti.
5) Non sono da escludersi le dimissioni del ministro Pacciardi con intuitivi commenti in America e nel mondo atlantico.
6) Quasi certamente i parlamentari socialdemocratici e liberali toglierebbero l’appoggio al governo in Senato, il che vuol dire:
a) crisi di governo possibili ogni momento;
b) blocco di tutte le leggi che a noi interessa condurre in porto a cominciare da quella sulla stampa, per andare a quella sulla radio vaticana e, per finire, ad ogni utile riforma elettorale e politica.
7) Anche a prescindere dall’instabilità a cui al n. 6), il prestigio della Democrazia cristiana e del governo verrebbe indebolito immediatamente in campo internazionale. E ne prenderebbero forse istantaneo pretesto gli angloamericani per le trattative che sono in corso su Trieste.
8) Le documentatissime posizioni contro la Chiesa e contro la morale cristiana assunte dai fascisti di Salò e di recente dal comandante Lauro nel noto discorso esaltatore della limitazione delle nascite, verrebbero certamente sfruttate contro il “listone”, arrecando turbamento certo tra i cattolici sinceri.
Il timore di perdere le elezioni a Roma non appare del resto così giustificato se si tiene conto delle possibilità proselitistiche immense di una campagna condotta con chiarezza di posizioni, così come già è iniziata.
Per parare sleali campagne dei fascisti la Dc ha già ottenuto che in una solenne riunione degli ufficiali e degli appartenenti alla ex milizia si faccia formale riconoscimento della politica pacificatrice del governo che proprio in questi giorni ha accordato la pensione agli ex militi del ventennio, dopo averla in precedenza concessa a tutti gli invalidi anche del periodo di Salò. Tale riunione sarà presieduta dal generale Galbiati già capo di Stato maggiore della milizia ed uno dei sei membri del Gran consiglio che il 25 luglio ’43 votarono contro l’ordine del giorno Grandi. Egli è pertanto una fonte non sospetta di testimonianza obiettiva.
Sembra che l’onorevole De Gasperi abbia fino a questo momento sempre guidato vittoriosamente la lotta al comunismo in Italia. Perché mai non gli si dovrebbe far credito in questi frangenti, quasi sentisse meno di altri la preminente esigenza di una difesa gelosa della città di Roma, sede episcopale del papa?

Giulio Andreotti

La direttiva di Pio XII fu immediata. La manovra che – buona fede dei promotori a parte – aveva amareggiato profondamente De Gasperi fu bloccata. E le elezioni si svolsero regolarmente, senza traumi nell’esito.
Sono in grado oggi di rendere nota una lettera che Guido Gonella inviò a don Sturzo, dopo l’epilogo dell’“Operazione”. È ricostruito punto per punto lo svolgersi degli avvenimenti. Il documento è conservato nell’Archivio storico dell’Istituto Sturzo, Fondo Luigi Sturzo:



Roma, 5 maggio 1952

Illustre e caro don Luigi,
causa impegni per comizi elettorali fuori Roma, ho tardato fino ad oggi a trasmetterLe copia della lettera da me inviata al professor Gedda in data 23 aprile ’52. La prego ora, per quanto La riguarda, della cortesia di precisarmi se ciò che ho scritto in quella lettera corrisponde, come io ritengo fermamente, alla più scrupolosa verità.
Il professor Gedda mi ha risposto in data 24 aprile ’52 con altra lettera di cui allego copia. Mi sorprendono vivamente le asserzioni contenute in tale risposta che mi attribuisce responsabilità che non ho e, per tranquillità della mia coscienza, sottopongo a Lei questa lettera non essendo io stato presente al colloquio fra Lei e il professor Gedda e quindi non conoscendo eventuali impegni intercorsi.
Per quanto mi riguarda posso precisare:
1) Io non avevo alcuna veste per “autorizzare” o no la pubblicazione del Suo appello. Ciò non rientrava nelle mie competenze. Il mio impegno di lealtà era stato integralmente assolto dal momento in cui, accettata immediatamente la proposta di una lista unica amministrativa, Le recai subito l’adesione della direzione della Dc, adesione ottenuta superando in poche ore mille ed amare difficoltà, pur legittime, sia dell’ambiente di partito sia dell’ambiente governativo e parlamentare. È certo che la Democrazia cristiana è stata l’unico partito che ha trasmesso la sua adesione immediata e incondizionata, resa pubblica da tutta la stampa.
2) Confermo che dopo il Suo colloquio con il professor Gedda io, fino ad oggi, non ebbi più alcuna conversazione né personale né telefonica con il professor Gedda.
3) Non comprendo come si possa parlare di “rottura di trattative”. Per quanto mi consta, il Suo era un sondaggio esplorativo e non una “trattativa” con alcuno. Da questo sondaggio è risultata l’adesione incondizionata della sola Democrazia cristiana, mentre gli altri partiti democratici non ritennero opportuna o tempestiva l’iniziativa, ed i partiti di destra proposero negoziati che, oltre a essere incompatibili con l’urgenza della cosa, erano fuori dallo spirito e dalla lettera dell’iniziativa che non si doveva portare sul terreno delle trattative fra partiti, ma, al contrario, si doveva concretare in una rinuncia dei partiti a presentare loro liste ed in un mandato di fiducia a chi intendeva promuovere la lista unica amministrativa.
4) Per quanto mi consta, è infondato dire – come dice il professor Gedda – che l’altra Parte non era stata preavvisata. Io stesso, pur avendo esaurito lealmente il mio compito recando l’adesione della Dc, mi feci parte diligente, per puro zelo personale, nel portare a conoscenza dell’altra Parte copia del Suo comunicato conclusivo e di rinuncia, circa tre ore prima della pubblicazione, ed io personalmente ebbi a riferire a Lei la valutazione dell’altra Parte ancor prima che il comunicato di rinuncia fosse reso pubblico attraverso la radio: di questa valutazione Ella prese un appunto scritto.
5) Non ritengo che vi siano state “precipitazioni ingiustificate”. Ella attese per oltre ventiquattr’ore (dalle 18 di lunedì 21 aprile alle 21 di martedì 22 aprile) una risposta delle destre, risposta che, contenuta in due lettere, si esprimeva nel proposito delle destre di negoziare con gli altri partiti, anziché di accettare integralmente la Sua iniziativa. A tal riguardo devo ricordare che alle ore 7.45 di martedì 23 aprile, cioè nella mattinata della rinuncia, il professor Gedda mi telefonava incaricandomi di informarLa che incontrava difficoltà perché le destre sostenevano ancora la soluzione di liste distinte e apparentate senza emblemi di partito, e non la lista unica amministrativa da Lei proposta. Questa difficoltà che incontrava il professor Gedda mi fu da lui stesso confermata a voce alle ore 11 della stessa mattinata nell’ultimo incontro che ebbi con il professor Gedda, poco prima che fosse ricevuto da Lei.
Che le destre mirassero non ad una rinuncia delle liste di partito ma a negoziati politici sulla base di liste apparentate è confermato dal comunicato del Msi pubblicato dalla stampa nel giorno successivo alla Sua rinuncia: in tale comunicato è detto che «mancavano le condizioni politiche» per l’attuazione della Sua iniziativa. Cioè si insiste sull’aspetto politico della cosa, aspetto che, invece, si doveva superare.
6) Per oltre due giorni la Democrazia cristiana tenne in sospeso le trattative con i partiti democratici (liberali, repubblicani, socialdemocratici) con i quali aveva già concretato l’apparentamento, e non poteva più attendere senza compromettere la sua “onorabilità” (di cui era stata fatta menzione nella procedura che era alla base della Sua iniziativa), e senza correre il pericolo di restare isolata sia a destra che a sinistra.
7) Lei sa pure che, prima della Sua rinuncia, il presidente De Gasperi Le inviò il ministro Scelba a comunicarLe che non si poteva ulteriormente attendere poiché nel primo pomeriggio di quel giorno si sarebbe riunita la direzione del Partito repubblicano la quale avrebbe probabilmente rotto ogni trattativa e ogni rapporto con noi, e, pure con molta probabilità, avrebbe ritirato i suoi ministri dal governo, provocando così una crisi ministeriale e la conseguente impossibilità delle elezioni. Anche in considerazione di questo ulteriore fatto, penso che non vi sia stata alcuna “precipitazione ingiustificata”.
8) La Sua decisione, presa con piena conoscenza di tutti gli elementi della situazione, si basava anche su informazioni che Ella aveva potuto avere dall’altra Parte, per via ben più diretta e autorevole della mia.
Siccome ritengo doveroso rispondere alla lettera del professor Gedda, La prego della cortesia di farmi sapere se quanto affermo è esatto, come io fermamente credo, avendo scritto ciò con molto scrupolo e ponderazione di uomo responsabile e leale, pronto a dimostrare ciò che scrive, e a documentarlo con i promemoria scambiati in quelle giornate con appunti dei vari colloqui. Con cordialità

Guido Gonella



Roma, 23 aprile 1952

Caro Gedda, stamane mi sono recato verso le ore 13 da don Sturzo. Egli mi chiese se avevo visto te dopo l’incontro da te avuto con don Sturzo. Risposi negativamente, perché nella giornata io ti vidi una sola volta, e cioè prima e non dopo il tuo incontro con don Sturzo. Egli decise quindi la sua rinuncia e, datamene comunicazione, mi pregò di telefonarti la notizia. Feci ciò immediatamente, telefonando dallo stesso convento delle Canossiane. Ma sfortunatamente non ti trovai ai numeri consueti. Lasciai detto ad Argentieri che rispondeva al tuo telefono (e chiesi io il suo nome per sapere chi si assumeva l’impegno) di cercarti e di dirti che avevo una comunicazione urgente da farti: nel contempo informai subito don Sturzo che non ti avevo trovato al telefono. Alle 14 una tua segretaria telefonò a nome tuo al mio numero (67471) ove io in quel momento non mi trovavo, ma a quell’ora il comunicato era già stato letto alla radio.
Credo di avere assolto esattamente l’incarico avuto da don Sturzo, e sono spiacente di eventuali equivoci indipendenti dalla mia volontà. Con cordialità

Guido Gonella



Roma, 24 aprile 1952

Caro Gonella, in risposta alla tua di ieri ci tengo a precisare che io non avevo convenuto con don Sturzo di vedere te, ma bensì di informarti che lui attendeva il tuo nulla osta per licenziare l’appello. Egli mi disse: «Voglio saperlo da lui ed allora consegno subito l’appello alla stampa». Pertanto mi sono premurato di farti segnalare e raccomandare tale richiesta, il che fu fatto in tempo utile al tuo recapito telefonico.
La cronistoria dei tuoi tentativi di telefonarmi non dimostra se non questo:
1°) Don Sturzo ha redatto e tu hai autorizzato la trasmissione di un documento che rompeva le trattative senza autorizzazione e financo senza conoscenza della Parte con la quale la Democrazia cristiana aveva convenuto la procedura da seguire.
2°) La radiocomunicazione del ritiro di don Sturzo si è verificata con una precipitazione del tutto ingiustificata, mentre erano in pieno corso le conversazioni con i partiti i quali senza mettere nessuna condizione limitatrice o dilatoria, avevano accettato il progetto Sturzo-Democrazia cristiana.
Tanto per la storia e con cordialità, devotissimo

Luigi Gedda


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