Il Credo del popolo di Dio e la “bozza-Maritain” a confronto
Piccoli aggiustamenti romani
di Gianni Valente
Paolo VI pronuncia a piazza San Pietro il Credo del popolo di Dio, domenica 30 giugno 1968
L’esame delle discordanze tra il testo definitivo e la “bozza-Maritain” mostrano come dalla revisione “romana” siano scaturiti aggiustamenti e modifiche opportuni e congruenti con l’obbiettivo di redigere un Symbolum fidei sobrio ed essenziale.
Innanzitutto, sono stati effettuati alcuni spostamenti strutturali. L’articolo sullo Spirito Santo è stato spostato dopo quello su Gesù Cristo, e quello relativo al battesimo (che nel progetto di Maritain seguiva la parte sulla Chiesa) è stato inserito dopo il paragrafo che definiva il peccato originale.
Tra le parti omesse, che figuravano nel testo preparato da Maritain e che non si ritrovano nel Credo del popolo di Dio, c’è un paragrafo sugli angeli e un altro sulle questioni riguardanti le origini dell’uomo e il monogenismo, le quali – precisava il filosofo parigino nel suo progetto – «non sono di competenza della scienza positiva». Nel passaggio dal testo maritainiano alla professio fidei proclamata da papa Montini è sparita anche la parte in cui Maritain si dilungava a descrivere il tempo nuovo in cui la Chiesa è entrata con il Concilio Vaticano II, le sue caratteristiche e il suo nuovo “stile”. Maritain aveva citato esplicitamente la comune testimonianza che israeliti e islamici rendono all’unità di Dio insieme ai cristiani, e aveva fatto riferimento alla devozione dell’islam anche nel paragrafo riguardante la Vergine Maria. Nel paragrafo 9 del Credo del popolo di Dio, si rende grazie alla bontà divina per i «tanti credenti» che condividono coi cristiani la fede nel Dio unico, ma non compaiono espliciti riferimenti all’islam e all’ebraismo.
Se si considerano le aggiunte, si nota che nell’articolo su Gesù Cristo sono state introdotte le frasi che ripercorrono la vita umana e la vicenda terrena di Gesù, alla luce dei Vangeli, fino all’accenno alla sua «persecuzione sofferta per la giustizia». Nell’articolo riguardante il battesimo, il testo preparato da Maritain ripeteva semplicemente la formula del Credo che si recita durante la messa. Il Credo del popolo di Dio, richiamandosi al Concilio di Trento, sottolinea in più che il battesimo «deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale». Riguardo alla Chiesa, la professio fidei proclamata da Paolo VI confessa che essa, fondata da Cristo, è «indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica»: esplicitazioni che mancavano nel progetto steso da Maritain. Nel paragrafo sulla salvezza possibile anche a chi ignora il Vangelo e non appartiene visibilmente alla Chiesa di Cristo, il Credo del popolo di Dio si limita a riprendere formule del Magistero precedente, laddove Maritain, nel suo testo, aveva dedicato un passaggio di propria composizione a coloro che «non si trovano nel regime normale di salvezza, ma rispondono all’appello che l’unico Salvatore, che loro non conoscono, fa sentire nelle profondità della loro anima».
Ai cambiamenti principali vanno aggiunte una serie di piccole variazioni che hanno sempre l’effetto di esporre in maniera chiara e semplice, fin nelle sfumature, i dati espressi dalle formule di fede. Un esempio per tutti: il testo di Maritain, a proposito della santa messa, parla di «Sacrificio del Calvario reso presente sui nostri altari»; «reso sacramentalmente presente sui nostri altari», aggiunge e chiarisce la professio fidei proclamata il 30 giugno di quarant’anni fa da Paolo VI.