L’Atelier d’Arte spirituale del Centro di studi e ricerche “Ezio Aletti”
Una realtà piccolissima
di Paolo Mattei
Padre Rupnik con alcuni allievi nell’Atelier d’Arte spirituale del Centro Aletti di Roma
«Questo è un cantiere comunitario permanente», spiega padre Rupnik, «nel quale un gruppo di cristiani provenienti da varie nazioni e da diverse Chiese vive, prega, studia e lavora insieme». Qui si attinge alla memoria della tradizione iconografica delle Chiese d’Oriente e d’Occidente, ci si ispira al primo bizantino, al preromanico e al romanico. Qui, spiega il gesuita sloveno, «si tiene ben presente la concezione contemporanea della materia e del colore come linguaggio autonomo... Non c’è giustapposizione fra antico e moderno: piuttosto direi che antico e moderno sono fusi insieme in un linguaggio nuovo».
Si lavora nel silenzio della luce che penetra nelle grandi stanze dalle porte aperte sul cortile. L’intento di padre Rupnik è privilegiare l’incontro con le persone piuttosto che i grandi progetti, o le prediche, o le lezioni sull’arte: «Riscontro una grossa solitudine degli artisti e un grande imbarazzo da parte della Chiesa nell’accostarsi a loro. Rimangono chiusi nei propri studi, fanno mostre molto autoreferenziali cui non partecipa quasi nessuno. Molti hanno una vera e propria paura della Chiesa. Questo è tristissimo, perché significa che è come se non trasparisse il volto materno e paterno, amico e fraterno della Chiesa».
D’altronde l’Atelier è una porzione del Centro Aletti – fondato nel 1992 per affiancare la missione svolta dalla Compagnia di Gesù nel Pontificio Istituto Orientale –, che promuove l’incontro tra cristiani di diversa provenienza sociale e culturale. Lo scopo principale del Centro – che possiede anche una casa editrice, la Lipa – è «la convivenza di ortodossi, cattolici di rito orientale e latino nell’ottica della crescita di ciascuno nella propria Chiesa, nella carità dell’unico Cristo»: l’Atelier si pone il medesimo obiettivo nel mondo dell’arte. «Noi siamo una realtà piccolissima», chiosa padre Rupnik. Ma i mosaici che abitano cappelle e chiese di tutto il mondo, creati da lui e dai suoi amici, raccontano silenziosamente quanto una realtà piccolissima possa offrire una grande testimonianza della bellezza cristiana.