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RUSSIA
tratto dal n. 06/07 - 2009

MOSCA. La tradizione e l’ecumenismo

Elogio dell’essenziale e del dialogo


Intervista con Vsevolod Chaplin, presidente del Dipartimento sinodale per i rapporti tra Chiesa e società


Intervista con Vsevolod Chaplin di Giovanni Cubeddu e Fabio Petito


Vsevolod Chaplin [© Afp/Grazia Neri]

Vsevolod Chaplin [© Afp/Grazia Neri]

Siamo all’inizio di un periodo nuovo. Il Sinodo ha eletto assai rapidamente il nuovo Patriarca. Quale immagine della Chiesa russa ortodossa è uscita da questa vostra assemblea? Quale messaggio viene inviato al mondo cristiano attorno a voi e che cosa hanno compreso i fedeli dell’Ortodossia russa?
VSEVOLOD CHAPLIN: Innanzitutto, la Chiesa ha manifestato la sua unità. Nonostante le diverse preferenze espresse al momento dell’elezione del Patriarca – durante il Concilio un certo numero di voti erano stati attribuiti a varie personalità – egli è stato sostenuto dalla stragrande maggioranza dei voti e il Concilio ha chiaramente percepito la propria unità. Dopo l’elezione il Santissimo Patriarca ha avuto l’appoggio attivo di tutta la gerarchia, anche di chi aveva avuto il proprio nome tra i candidati al soglio patriarcale. Inoltre, personalmente, in quanto partecipante al Concilio, ho avvertito un vero spirito di unità mistica della Chiesa. Erano tutti veramente una cosa sola nello scegliere, una cosa sola nel pregare, una cosa sola nel gioire per il fatto che la Chiesa aveva eletto il nuovo Patriarca. E allo stesso modo, con stupenda unanimità, sono state approvate le risoluzioni conclusive del Concilio che pongono un accento particolare sull’attività della Chiesa tra i giovani, sull’impegno missionario e di apostolato, per fare diventare veramente cristiane le decine di milioni di persone che oggi si professano ortodosse, ma sono spesso lontane da una reale vita ecclesiale, dalla conoscenza della fede ortodossa, dalla vita secondo i comandamenti di Cristo. Ritengo che già prima di questo Concilio locale si era andata affermando nella Chiesa l’idea che oggi è necessario edificare non tanto i luoghi di culto, già costruiti o riparati in buon numero, quanto l’anima delle persone. E proprio di questo parlava, sempre più spesso negli ultimi anni della sua vita, il defunto santissimo patriarca Alessio II.
L’elezione di un nuovo patriarca è sempre circondata da molte aspettative. Lei che cosa si attende per la Chiesa russa?
CHAPLIN: Attendo tutto quello che è stato affermato nelle risoluzioni del Concilio locale e nel discorso del Santissimo Patriarca dopo la sua intronizzazione: impulso all’attività missionaria e di apostolato, impegno formativo della Chiesa, dialogo con le varie forze sociali e con lo Stato. Mi aspetto che la nostra diventi totalmente una Chiesa della gente, che sappia quali sono le attese del popolo, che disponga di quello che serve per rispondere a queste aspettative e che sia in grado di far arrivare la voce profetica della verità a chi sta al potere, all’élite, a quanti nella società prendono le decisioni.
Il patriarca Kirill ha detto di non volere essere considerato un “riformatore”. Che cosa significano nella Chiesa russa ortodossa di oggi termini come “unità” e “pluralità”, “tradizione” e “modernità”? Inoltre, di quali anime oggi la Chiesa russa ortodossa si compone?
CHAPLIN: La Chiesa ortodossa è per definizione custode delle tradizioni. Non perché le piaccia tutto ciò che è vecchio, ma perché sa che le verità eterne sono immutabili, proprio perché Dio è immutabile. La vera tradizione è la capacità di custodire la verità che è sempre una sola, indipendentemente dalle mutevoli circostanze storiche. Quando si vive questa verità, quando se ne ha coscienza, quando le si rimane fedeli, è facile comprendere che i modi culturali che esprimono questa verità possono cambiare repentinamente senza inficiarla. Perciò, sicuramente nella nostra Chiesa, per quanto concerne l’unità della fede, l’idea di un Dio eterno e immutabile, del suo rapporto col mondo e l’uomo, esistono moltissime forme particolari e modi di espressione umana. Nella nostra Chiesa sono presenti infatti fedeli di decine di nazionalità sparsi in tutti i continenti, persone di età diverse, di convinzioni politiche diverse, a volte diametralmente opposte. Tra i nostri figli ho incontrato uomini dagli orientamenti più disparati, dagli ultramonarchici ai comunisti radicali, da chi ascolta solo musica classica a chi esclusivamente rock. All’interno di questa diversità – che esiste realmente – la Chiesa continuerà sempre a esserci, perché rappresenta una grandissima comunità di persone diversissime, e all’interno di questa molteplicità è importante non perdere quella verità grazie alla quale viviamo.
All’ultimo Concilio che ha eletto il patriarca Kirill, la presenza dei delegati delle eparchie russe era meno del cinquanta per cento del totale. Gli altri venivano da oltre i confini russi. Che cosa rappresenta e quale percezione ha di sé l’Ortodossia russa, oggi? Su quali temi si interroga?
CHAPLIN: Gli interrogativi che ponete sono numerosissimi... Ed è difficile metterne in risalto uno in particolare. Se si considera la cooperazione tra Chiesa e società – che è quanto mi occupa al momento – ogni giorno bisogna affrontare decine di questioni tra le più svariate, ciascuna delle quali rappresenta per un determinato gruppo di persone la più importante. Per esempio, recentemente io e l’ombudsman [il difensore civico, ndr] russo Vladimir Lukin abbiamo fatto da mediatori in un incontro tra i rappresentanti di alcuni Ministeri e dipartimenti statali e gli antiglobal ortodossi che protestano attivamente contro il sistema di rilevamento globale elettronico dei dati sensibili della persona, ritenendo – in larga misura a ragione – che la raccolta di informazioni su tutto quello che uno fa nel corso della vita conferisca allo Stato e agli organi sovranazionali un eccessivo potere. È chiaro che per quel gruppo il problema sollevato è di grandissima importanza. Lo stesso giorno, in una conferenza russo-tedesca, abbiamo affrontato la questione dell’impianto dei rapporti Chiesa-Stato in Europa e nel mondo. Dopo ho incontrato i rappresentanti del Ministero della Giustizia incaricati di gestire la preoccupazione suscitata nella società dall’attività dei missionari stranieri, altro tema notevole. Qualche giorno fa, poi, ho avuto una riunione con chi sta elaborando il nuovo modello statale di istruzione scolastica. Naturalmente, molti sono in attesa di capire quale posto sarà riservato all’insegnamento positivo della religione in seno a questo modello. Come si vede, gli impegni sono moltissimi. E naturalmente ciò succede perché siamo una Chiesa fatta di persone diverse. Contiamo migliaia di parrocchie in Paesi come Ucraina, Bielorussia, Moldova, dove, naturalmente, esse vivono “il loro fatto del giorno”, la propria realtà politica. Abbiamo diverse parrocchie anche nei Paesi del Baltico e dell’Asia centrale, dove le situazioni politiche sono assai variegate. E in ciascuna di queste, i fedeli hanno le loro ansie, le loro richieste. Cosicché le questioni da affrontare ogni sono innumerevoli.
Uno scorcio della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca [© Associated Press/LaPresse]

Uno scorcio della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca [© Associated Press/LaPresse]

Ci dia una visione d’insieme.
CHAPLIN: Siamo una comunità abbastanza estesa e consistente. Contiamo, in vari Paesi e in situazioni diversissime, quasi 30mila parrocchie, e a volte queste realtà a livello sociale sono semplicemente distanti anni luce tra loro. Si prenda, per esempio, una chiesa nel centro di Mosca, circondata dagli uffici delle grandi compagnie, e una chiesetta nella Russia più profonda, completamente abbandonata dai giovani, dove dieci, quindici vecchiette vivono nella miseria. Un solo telefono in tutto il villaggio, l’autobus che vi arriva solo una volta a settimana, nemmeno un negozio, nemmeno un cellulare. La differenza è enorme. E si prenda ancora, per esempio, la nostra chiesa di Santa Caterina a Roma – frequentata da molti russi che stanno abbastanza bene, che a Roma lavorano, studiano o semplicemente risiedono con prospettive di vita sufficientemente buone – e la chiesetta di una cittadina dell’Asia centrale dove, purtroppo, gli ortodossi spesso non vedono davanti a sé alcun futuro e pensano solo a come eventualmente emigrare in Russia. Abbiamo più di ottocento monasteri, diversi tra loro: grandi complessi come il monastero della Trinità di San Sergio e conventi piccoli dove vivono e lavorano cinque, sei monache. Esiste anche un’enorme varietà di organizzazioni sociali ortodosse: associazioni patriottico-militari, gruppi or più.
La Chiesa e la cultura. Nel dibattito odierno, per assicurarsi una moneta di scambio col mondo, si ruota spesso attorno alla nozione di “valore”. Non si corre il rischio di affidarsi così a una idealizzazione e cristallizzazione della vita evangelica, o parlare di un’umanità astratta?
CHAPLIN: È una domanda molto interessante. Tuttavia credo che il progetto di creare un sistema universale di valori non si sia concretizzato. Così come quello di creare una religione di Stato. Forse questo progetto è anche in grado di mantenere una sua precaria realizzazione finché una società vive in condizioni di pace e di relativo benessere e stabilità. Ma quando si chiede all’uomo di sacrificare il proprio comfort, il benessere e addirittura la vita, o, per lo meno, di limitare concretamente le proprie esigenze materiali, i propri capricci, l’abitudine ad agi e gli atteggiamenti egoistici, ecco che in simili condizioni un sistema di valori senza fede funziona malissimo. Nell’urto culturale tra mondo occidentale e mondo islamico vediamo, ad esempio, che visione religiosa e visione laica sono portate a uno scontro estremo, uno scontro tra libertà e potere. I fautori del secolarismo inteso come modello sociale che offre, in un certo senso, maggiori prospettive, restano a corto di argomenti. E oggi è cominciato a venir meno anche il loro ultimo slogan, cioè che i Paesi laicizzati vivono in modo più agiato e pacifico di quelli con un elevato livello di religiosità. Assistiamo sempre più al fatto che ciò non dura in eterno. Mi sembra che una visione del mondo secolarizzata, senza religione, non possa essere considerata una piattaforma ottimale per riconciliare le religioni e instaurare il dialogo tra le visioni del mondo. Tale concezione del mondo, quella secolare, deve rimanere una tra le tante, di pari peso alle altre nel dialogo. Non meno delle altre, ma nemmeno di più. E sono convinto – come si ripete spesso al Forum pubblico mondiale “Dialogo delle civiltà” – che sia possibile costruire per il mondo il migliore dei futuri possibili solo quando i sostenitori dei modelli di organizzazione sociale e politica e i fautori delle diverse tesi sul ruolo della religione nella società avranno la possibilità di dialogare senza preconcetti verso l’interlocutore. Cioè, senza tentare di cambiare gli altri, riconoscendo a tutte le visioni del mondo il diritto a plasmare una determinata parte della comunità nazionale e mondiale.
Con lo Stato portiamo avanti il dialogo, cerchiamo di cooperare... in un modo o nell’altro ci sforziamo di fare la stessa cosa: servire insieme la gente. Ed è proprio questo il modello ideale ortodosso, “l’armonia”
Lei è stato il primo dirigente della Chiesa russa a visitare ufficialmente l’Arabia Saudita. Quale idea di “dialogo delle civiltà”, da lei appena citato, ha il Patriarcato e come deve essere portato avanti?
CHAPLIN: Il dialogo delle civiltà e delle religioni è oggi una linea di azione di grande importanza per il mondo. Non a caso in Russia, così come in Asia centrale e in Azerbaigian, da molti secoli esiste il dialogo tra ortodossi, cristiani e musulmani. Abbiamo buoni rapporti anche con ebrei e buddisti. È necessario conoscersi meglio, ricordare che abbiamo molto in comune e cercare insieme, dove possibile, di parlare delle leggi eterne della vita e della dimensione morale dell’esistenza a chi per l’ennesima volta si avvia verso la rovina e la sventura. Costoro, purtroppo, tentano di accantonare la dimensione morale e spirituale della vita, come fosse qualcosa di ormai obsoleto e non più necessario a nessuno. Ecco, sicuramente, questa è una delle ragioni per cui cerchiamo di sviluppare dei rapporti interreligiosi, sia nell’ambito del nostro Consiglio interreligioso della Russia, sia nei contatti concreti di ogni giorno. Sono convinto che queste relazioni continueranno, non abbiamo scampo, dal momento che viviamo insieme da molti secoli.
La società russa. Il Signore Gesù ha detto che i poveri li avremo sempre con noi. La vostra Chiesa collabora pienamente allo sviluppo economico del Paese. Il metropolita Kirill pochi anni fa promosse un codice di comportamento economico basato sui dieci comandamenti biblici, intesi come linguaggio essenziale, come base di un accordo sul minimo indispensabile e come proposta di un compromesso possibile a tutti gli attori sociali. È così?
CHAPLIN: Questo documento è stato approvato nel 2004 dal Concilio mondiale popolare russo e non si tratta di un documento prettamente religioso. Certo, il metropolita Kirill ne è stato l’iniziatore, ma alla sua elaborazione ha partecipato un gruppo di persone molto diverse, in particolare economisti di “destra”, di “sinistra” e di “centro”. E non è stato scritto come un documento religioso, non vi si trova nemmeno una sola espressione marcatamente teologica. Il suo scopo era quello di proporre allo Stato, al mondo degli affari e agli operatori un certo insieme di regole, che riguardano la fedeltà alla parola data, il rifiuto della corruzione, la rinuncia a un’eccessiva influenza dell’economia sulla politica e sui mezzi di informazione, ciò che era particolarmente attuale per la Russia in quel tempo. Si proponeva inoltre una cultura del comportamento da tenere nel mondo degli affari, che comportava il rifiuto della volgarità nel parlare, dell’inganno, degli abusi sessuali ecc. Tale documento era stato proposto ai leader dell’economia e alla società in generale e bisogna ammettere che ha suscitato un dibattuto abbastanza acceso. So addirittura di una regione dove è stato adottato come testo guida dal governatore, dall’unione degli imprenditori e dalle associazioni locali di categoria, coinvolgendo anche l’eparchia locale. Certo, c’è chi ha detto che non era affare della Chiesa occuparsi di economia, che era un campo riservato esclusivamente agli esperti, ma non sono affatto d’accordo su questo, se non altro perché la sfera dell’economia tocca direttamente la vita quotidiana della gente. E tutto ciò che preoccupa la gente deve preoccupare anche la Chiesa.
Lei ha menzionato prima alcuni timori circa l’insegnamento della religione nelle scuole russe. Non sarebbe il caso di guardare all’esperienza internazionale in materia?
CHAPLIN: È arrivato il momento di fare anche questo. Da noi, nel campo dell’istruzione domina un’inerzia “di tipo sovietico”. La Chiesa propone invece quanto è stato già sperimentato in gran parte dei Paesi europei, e cioè di avere nei programmi scolastici un’ora di frequenza obbligatoria in cui si possa scegliere tra l’insegnamento dei fondamenti di una religione o, poniamo, di un’etica laica. Oppure un corso comparativo su tutte le religioni nel loro insieme. A mio giudizio, è assolutamente necessario garantire la possibilità di scelta. Nella nostra società sono presenti vari gruppi, ciascuno con una propria visione del mondo: cristiani ortodossi, musulmani, ebrei, buddisti, cattolici, protestanti, non credenti. La scuola non deve cercare di farne “un unico fascio”, e allo stesso tempo deve creare le condizioni perché gli studenti ricevano un’educazione morale secondo il credo condiviso nelle loro famiglie.
Come affronterà il suo nuovo incarico nel Patriarcato di Mosca, alla direzione del Dipartimento sinodale per i rapporti tra Chiesa e società?
CHAPLIN: Come chi ogni giorno si trova a dover affrontare una quantità enorme di questioni da risolvere, destreggiandosi letteralmente come un giocoliere. Il Dipartimento ha due principali ambiti di azione. Uno è la partecipazione ai dibattiti nell’iter legislativo, il dialogo con gli organi del potere legislativo della Russia e degli altri Paesi del territorio canonico della nostra Chiesa. L’altro sono i rapporti con tutta una serie di organizzazioni sociali, ortodosse e laiche, siano esse associazioni culturali, partiti politici, enti di categoria, unioni di imprenditori, club di vario genere secondo specifici interessi. Molti si rivolgono al Santissimo Patriarca con delle richieste, alle quali occorre preparare un riscontro. Spero saremo in grado di elaborare un sistema strategico di interazione in cui sia le attese della Chiesa che quelle della società secolare trovino posto, così da poter rispondere non solo ai reciproci input, ma anche progettare una vita e un’attività comune per l’immediato futuro.
Il patriarca di Mosca Kirill saluta il presidente russo Dmitrij Medvedev, e il primo ministro russo Vladimir Putin, durante la liturgia della Pasqua nella Cattedrale di Cristo Salvatore, a Mosca, il 19 aprile 2009 <BR>[© Associated Press/LaPresse]

Il patriarca di Mosca Kirill saluta il presidente russo Dmitrij Medvedev, e il primo ministro russo Vladimir Putin, durante la liturgia della Pasqua nella Cattedrale di Cristo Salvatore, a Mosca, il 19 aprile 2009
[© Associated Press/LaPresse]

Un suo giudizio sulle relazioni tra Chiesa e Stato in Russia.
CHAPLIN: Da noi la Chiesa è separata dallo Stato non solo formalmente, ma anche nella sostanza. Lo Stato non finanzia l’attività religiosa delle organizzazioni ecclesiali. Determinati fondi, anche se lontani dall’essere sufficienti, vengono assegnati alla ricostruzione dei monumenti architettonici che sono proprietà dello Stato ma vengono utilizzati dalle comunità religiose. Nell’esercito non esistono cappellani regolari, la religione non viene insegnata in gran parte delle scuole, cosicché la separazione tra Chiesa e Stato è da noi molto più netta che nella maggior parte dei Paesi europei. E secondo certi parametri, è ancora più accentuata che negli Stati Uniti. Con lo Stato portiamo avanti il dialogo, cerchiamo di cooperare. Discutiamo molto. Sono uno di quelli che spesso arriva a perdere la voce nel corso delle riunioni con i rappresentanti degli organi governativi. Sono molti i punti di disaccordo, che si tratti proprio dell’insegnamento della religione nelle scuole, della restituzione di beni alla Chiesa, della situazione della morale comune, della pubblicità ai limiti della pornografia, del commercio dell’alcool, degli abusi sessuali sui bambini. Su tutte queste tematiche continuano discussioni abbastanza complesse, ma in un modo o nell’altro ci sforziamo di fare la stessa cosa: servire insieme la gente. Ed è proprio questo il modello ideale ortodosso, “l’armonia”, secondo cui Chiesa e Stato, pur restando separati e senza temere di affrontare questioni complesse, devono allo stesso tempo agire insieme per il bene della gente, completandosi a vicenda laddove possibile.
Un modello ideale, in un’epoca però di grande crisi economica e politica dell’ordine mondiale. Come la giudica il Patriarcato?
CHAPLIN: Innanzitutto, come ho già detto, bisogna iniziare a rispettare le tradizioni, le istituzioni statali, le leggi e le regole secondo cui vivono le varie società, anche laddove queste regole, leggi e tradizioni, siano diametralmente opposte a quelle accettate in Occidente – che a volte, purtroppo, tende a considerarsi l’unico modello delle tendenze politiche e normative su scala mondiale. Il denaro simboleggia il lavoro dell’uomo e i valori da lui stabiliti. Nel campo dell’economia allora occorre ristabilire il nesso tra il denaro, i suddetti valori e il lavoro dell’uomo. Quando il mercato, da metodo e mezzo di scambio dei frutti del lavoro, si trasforma in uno scambio di cifre che simboleggiano garanzie di garanzie attraverso ricevute di prestito ecc., si arriva inevitabilmente al crack. Di questo parla tutta la storia dell’uomo e anche il momento attuale.
Sappiamo che lei possiede il dono di raccontare la realtà con aneddoti divertenti.
CHAPLIN: Eccovi l’ultimo: «Si dice che presto arriverà un nuovo virus informatico chiamato “Inquisitore”. Controllerà l’irreprensibilità teologica delle pagine web ed eventualmente farà apparire l’avviso: “Attenzione! Eresia riscontrata sul sito! Chiudere immediatamente il collegamento, quindi riaccendere e far benedire di nuovo il computer”».


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