Karol e Wanda
Libro interessante che getta ulteriore luce sul grande pontificato wojtyliano e rende anche un giusto tributo a un sodalizio tanto importante quanto poco conosciuto
di Davide Malacaria
Giacomo Galeazzi – Francesco Grignetti, Karol e Wanda, Sperling Kupfer, Milano 2010, 244 pp., euro 18,00
Il volume ripercorre la lunga amicizia tra il pontefice e Wanda Wojtasik (Poltawska, dopo il matrimonio), la cui gioventù è accomunata da una tenace opposizione al nazismo. Lei, militante partigiana, è catturata e reclusa nel Castello di Lublino dove viene torturata per sei mesi prima di essere deportata nel lager di Ravensbrück. Dal canto suo, «Wojtyla faceva parte dell’Unia, una cellula segreta della resistenza polacca che affiancava il ramo militare», spiega padre Adam Boniecki, già direttore de L’Osservatore Romano polacco e amico di lunga data del Papa: «Si occupava di informazione e cultura appoggiandosi al Teatro Rapsodico di Wadowice. Wojtyla fece giuramento di segretezza...». Il libro racconta quei drammatici anni, durante i quali il giovane Karol, tra un rastrellamento e l’altro, organizza incontri culturali clandestini con i giovani resistenti. Temperie drammatica, nella quale però nasce nel cuore del ragazzo un fiore imprevisto: la vocazione sacerdotale.
Le strade dei due, ricorda la Poltawska, si incrociano negli anni Cinquanta, presso «la chiesetta di San Wojciech, nel cuore antico di Cracovia». Sono gli anni duri del «terrore rosso», che vedono il giovane sacerdote in prima linea contro il comunismo. Una sfida che però non gli impedisce di trovare estimatori ovunque, perfino tra i dirigenti del Partito. Nel 1964 la Chiesa polacca deve scegliere un nuovo arcivescovo di Cracovia. Così nel libro: «Più volte Wyszynski aveva presentato terne di nomi rifiutate dal governo comunista. Dopo due diverse terne respinte in tronco, un alto funzionario del Partito comunista, Zenon Kliszko, suggerisce che venga proposto “un uomo di dialogo, come il giovane vescovo ausiliare, di cui ho dimenticato il nome, con il quale in due settimane abbiamo risolto il caso del seminario di Cracovia”».
Al confronto tra papa Wojtyla, sostenitore instancabile di Solidarnosc, e il regime, il volume dedica ampio spazio. Snodo cruciale di questo confronto è il ’68, giunto in Polonia sull’onda della Primavera di Praga. Che un filo rosso lega all’89, come spiega lo storico Andrea Riccardi: «Mi ricordo che, una volta, Giovanni Paolo II mi parlò del valore del ’68 polacco e di come poi si fosse collegato alla rivolta operaia: per lui erano le due spinte verso l’89». E, nel capitolo dedicato al «Sessantotto di Wojtyla», gli autori si soffermano sulla contestazione «dentro la Chiesa», simbolizzata dalle critiche feroci rivolte all’enciclica Humanae vitae di Paolo VI. Wojtyla, uno degli ispiratori di tale enciclica, scende in campo scrivendo un articolo per L’Osservatore Romano, nel quale palesa la consueta apertura teologica e mentale: per difendere il documento inizia il suo intervento con ampie citazioni di Gandhi.
In tutti questi anni Wanda gli è accanto. «Parlavamo dell’amore», spiega, sintetizzando quello che è stato un dialogo spirituale durato decenni, fatto di riflessioni sull’etica, sulla sessualità, sulla maternità. Riflessioni che poi sono confluite negli insegnamenti di Giovanni Paolo II (Amore e responsabilità ne è esempio lampante), ma anche nella sua impostazione pastorale. Nell’intento di dare una formazione completa ai suoi seminaristi, il vescovo di Cracovia chiama la psichiatra Wanda a tenere corsi sul matrimonio e sulla sessualità presso il seminario, ma anche a vigilare sulla loro vocazione per prevenire eventuali deficit e devianze.
Una collaborazione talmente proficua che non s’interrompe neanche dopo l’ascesa di Karol al soglio pontificio. Wanda, nei periodi estivi, è ospite fisso, con marito e figli, a Castel Gandolfo. Un sodalizio che dà frutti tangibili: la Curia pontificia si arricchisce dei cosiddetti «ministeri di Wanda», ovvero quei «dicasteri della Santa Sede istituiti da Giovanni Paolo II come sviluppo del “laboratorio pastorale” di Cracovia»: il Pontificio Consiglio per la Famiglia, il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli operatori sanitari, la Pontificia Accademia della Vita, nonché il Pontificio Istituto per Studi su matrimonio e famiglia (presso l’Università Lateranense).
Il rapporto con Wanda per il Papa polacco è anche conforto nei momenti bui. Nel 1981 viene ferito dal turco Ali Agca ed è ricoverato al policlinico Gemelli. Un momento drammatico del pontificato, che diventa ancora più drammatico quando una mano misteriosa fa pervenire in Curia una foto che lo ritrae, convalescente, sul terrazzo del Vaticano. Wanda, che si è precipitata a Roma subito dopo l’attentato, indaga. La foto, si scopre, è stata fatta dalla lanterna posta sopra la cupola della Basilica di San Pietro, con un teleobiettivo di «mille millimetri (circa un metro e oltre di teleobiettivo)», in ore in cui il luogo dovrebbe essere inaccessibile al pubblico. L’anno precedente era già accaduto che il Papa fosse oggetto di fotografie indiscrete, che lo riprendevano mentre nuotava nella piscina di Castel Gandolfo. Ma stavolta è diverso, più minaccioso. Ed è evidente che l’anonimo fotografo ha goduto di complicità vaticane. L’energica Wanda crea una cortina di sicurezza intorno all’infermo, dove «tutti quelli scelti per ruotare attorno alla persona del Santo Padre sono polacchi». E svolge un’indagine riservata sull’attentato, alla ricerca di complicità interne. Senza però approdare a niente. È quello che succede anche all’inchiesta ufficiale della magistratura italiana, arenata sulle secche della cosiddetta pista bulgara. A questo proposito, il volume riporta un’interessante riflessione del giudice Rosario Priore, per lungo tempo titolare dell’inchiesta: «A parte gli anticomunisti, che sul piano politico volevano cogliere l’occasione per attaccare il sistema dell’Est, vi erano, tra coloro che tentavano una ricostruzione dei fatti, i partigiani della pista bulgara, che si muovevano con particolare zelo, come se dovessero assicurare ad altre sedi – non so dire quali ma diverse da quelle della verità giudiziaria – soluzioni che individuassero le responsabilità di ben determinati Stati. Questi zelanti, quand’anche fossero stati senza colpa, dovrebbero essere tacciati comunque di superbia. Superbi perché dotati di tale iattanza da voler accreditare una tesi senza prova».
La convalescenza del Papa è più lunga del previsto. A complicare le cose anche un’infezione da citomegalovirus. Wanda resta accanto a lui. Così nel libro: «Spesso la mattina si reca alla messa del Papa indossando le pantofole [...]. Ha le chiavi del famoso ascensore con cui sale e scende liberamente dalla terza loggia», sede dell’appartamento del Papa. Questa vicinanza fa nascere mormorii di disapprovazione in Curia, ma il Papa non se ne cura e la vorrà accanto a sé anche nell’ora estrema, quando cioè, nel 2005, inizia la sua lunga agonia. Spiega Wanda: «Del suo ultimo anno di vita, più di metà l’ho trascorso a Roma». Ogni giorno la Poltawska fa la spola tra Vaticano e Gemelli, grazie a un’auto che le è stata messa a disposizione, a portare l’ultimo, estremo conforto al suo amico Pontefice.
Amicizia davvero importante, quella tra la Poltawska e Wojtyla. Sulla quale però per lungo tempo è calata una cortina di silenzio, fino a quando lei stessa la rende pubblica, per dare seguito, spiega, a un invito espresso a suo tempo dal suo amico Papa. Nel 2009 esce il suo libro Esercizi di Beskid (dal nome di una località nella quale si recava con il marito e il giovane Wojtyla), che ha tutti i crismi dell’ufficialità: edizioni San Paolo-Polonia e prefazione del presidente della Conferenza episcopale polacca.