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RECENSIONE
tratto dal n. 05 - 2010

«Dammi, o Signore, un cuore in ascolto»


Le meditazioni del patrologo Enrico Dal Covolo durante il corso di Esercizi spirituali che ha tenuto in Vaticano, alla presenza di Benedetto XVI, all’inizio della Quaresima 2010, in occasione dell’Anno sacerdotale


di Stefania Falasca


Enrico Dal Covolo, <I>In ascolto dell’altro. Esercizi spirituali con Benedetto XVI</I>, Lev, Città del Vaticano 2010, 220 pp., euro 16,00

Enrico Dal Covolo, In ascolto dell’altro. Esercizi spirituali con Benedetto XVI, Lev, Città del Vaticano 2010, 220 pp., euro 16,00

Non si legge un libro, si sente e si ascolta una voce viva. Questo è il proprium della Bibbia, della Sacra Scrittura. «Sant’Agostino nelle sue prediche apostrofava così i fedeli, richiamando loro l’atteggiamento da assumere dinanzi alla Parola di Dio: “Audiamus… quasi praesentem Dominum” (Commento al Vangelo di san Giovanni XXX, 1); cioè: “Ascoltiamo, perché qui (ecco il vero senso del quasi latino) è presente il Signore”». L’ouverture agostiniana del patrologo don Enrico Dal Covolo nel suo In ascolto dell’altro, ben introduce il percorso delle meditazioni che il libro contiene perché la sigla distintiva delle Scritture è un invito inesausto ad ascoltare l’altro ed è forse il luogo dove è possibile a tutti percepire e porsi con tutta semplicità davanti al mistero dell’Incarnazione, ne rappresenta la manifestazione più semplice. Le diciassette meditazioni raccolte in questo volume sono la trascrizione degli Esercizi spirituali quaresimali che il sacerdote salesiano ha predicato quest’anno al Papa e ai suoi collaboratori della Curia romana nell’occasione dell’Anno sacerdotale.
Il metodo scelto è quello antico della lectio divina, cioè il metodo lungamente collaudato dai Padri della “lettura e ascolto pregato delle Scritture” e caro allo stesso Benedetto XVI che già nel 2005, nel quarantesimo anniversario della Dei Verbum, aveva così incoraggiato: «L’assidua lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore. Questa prassi, se efficacemente promossa, recherà alla Chiesa, ne sono convinto, una nuova primavera spirituale». La contemplazione (ultima delle tappe tradizionali definite per ultimo da Guigo II priore della Grande Certosa in cui si articola la lectio divina), così come la intendevano i Padri, non è una preghiera particolarmente raffinata, è volta alla conversione che è lo scopo stesso della lectio. «Icona di questo modello patristico è Maria, che non solo custodiva la Parola di Dio ma la confrontava nel suo cuore (ecco la preghiera e la conversione della vita, cioè l’autentica contemplatio)», spiega Dal Covolo. «In altri termini, non è il “biblicismo”, non sono le parole che salvano, ciò che conta, lo affermava da par suo san Tommaso d’Aquino, è la Res, cioè la “Cosa” più importante: l’incontro di grazia con Gesù». Proprio dunque nell’attento recupero dell’ambito patristico, ambito in cui l’itinerario della lectio si è sviluppato, quindi in un più esplicito riferimento ai Padri della Chiesa e al loro modo di leggere la Parola di Dio, consiste l’originalità di questo volume che «con un linguaggio avvincente» si rende accessibile a tutti, come ha voluto sottolineare il Papa ringraziando don Dal Covolo alla fine degli Esercizi: «Attingendo a vaste conoscenze bibliche, patristiche, agiografiche, ella ci ha condotto a una profonda riflessione sul tema “Lezioni di Dio e della Chiesa sulla vocazione sacerdotale” […] ma soprattutto ci ha dato una gioiosa testimonianza di fedele servitore della Parola che, sulle orme di san Giovanni Bosco, ha accettato di dispensare a tutti, anche al successore di Pietro, con competenza, semplicità e creatività».
Lo schema seguito dall’autore non manca di una sua singolarità: da una parte, sempre attraverso il metodo della lectio divina, Dal Covolo ripercorre alla luce dei racconti biblici le tappe tipiche della vocazione: la chiamata di Dio, la risposta dell’uomo, la missione che Dio affida al chiamato, le resistenze del chiamato, la conferma rassicurante da parte di Dio. Nel contempo coglie riverberi attuali delle Sacre Scritture riproponendo con un taglio personalissimo gli stessi tratti essenziali del sacerdozio così come si sono realizzati nelle vicende paradigmatiche tratte dalle storie di alcune figure di sacerdoti come Giovanni Maria Vianney, o il curato di campagna raccontato nel romanzo di Bernanos, o come il servo di Dio don Giuseppe Quadrio. Procedendo lungo i binari paralleli delle meditazioni bibliche e dei profili sacerdotali Dal Covolo lascia così emergere con nitidezza le dinamiche distintive del ministero sacerdotale portandoci al cuore stesso del sacerdozio, al dato che lo caratterizza: la grazia di Dio, perché la vocazione sacerdotale è innanzitutto un’iniziativa assolutamente gratuita da parte di Dio. Nessuno si chiama da sé, solo Dio chiama, è Lui che liberamente, gratuitamente, sceglie. E la precedenza della grazia non segna solo la vocazione ma la condizione stessa del sacerdote in tutta la sua potenziale espressione. «Molte volte», fa notare don Dal Covolo, «noi crediamo di doverci costruire da soli la nostra vocazione, abbarbicandoci in realtà ai nostri progetti. Mentre la parte migliore è stare seduti ai piedi di Gesù e lasciarci riempire a piene mani dai doni della sua grazia...». In questa prospettiva la vocazione degli apostoli, che l’autore ripercorre nei testi evangelici attraverso la compositio loci, rappresenta la prova più bella e la documentazione migliore. Il Signore stesso chiamandoli li ha attrezzati per la missione, li ha mandati senza sottrarre loro la libertà. «Ciò che salva», prosegue Dal Covolo, «e da cui consegue la missione apostolica, come si vede nella vicenda di Pietro, è rimanere nell’amore di Colui che chiama. “Rimanete nel mio amore”, ha detto Gesù nell’ultima cena. Rimanere significa non anteporre nulla all’amore di Cristo, significa incrementare con la preghiera la confidenza nella grazia affinché non si perda la forma vitale con la quale lo Spirito Santo configura il cuore sacerdotale a immagine di Cristo Buon Pastore». «Egli solo pascola nei pastori e essi pascolano in Lui solo», avverte sant’Agostino. «Non temete: la preghiera può tutto! Un prete che prega bene non farà mai delle sciocchezze». «Si offra e si abbandoni a Cristo senza riserve. Non tema, è Lui che fa…», scrive il servo di Dio don Giuseppe Quadrio raccomandando la preghiera come anima del sacerdote nelle lettere ai suoi seminaristi, per i quali egli «è stato così un sacramento tangibile della bontà del Signore, un vicario del Suo amore». Sono questi i punti essenziali ripresi da Benedetto XVI a conclusione dell’Anno sacerdotale: «Se l’Anno sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale prestazione umana sarebbe stato distrutto da queste vicende. Ma si trattava per noi proprio del contrario: il diventare grati per il dono di Dio, dono che “si nasconde in vasi di creta” e che sempre di nuovo attraverso tutta la debolezza umana rende concreto in questo mondo il Suo amore».


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