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06/07 - 2010 >
«Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio» (2Cor 3, 5)
I miracoli
«Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio» (2Cor 3, 5)
L’omelia della santa messa celebrata nel diciassettesimo anniversario della morte di don Tommaso Latronico
Omelia di don Giacomo Tantardini
Sono passati diciassette anni da quando, qui in questa chiesa, davanti a questa
chiesa, abbiamo celebrato i funerali di don Tommaso. Tutti questi anni sono
passati dentro la misericordia del Signore. Ma la cosa che mi colpisce, a
ripensarci, è che anche allora, anche nel ’93, si viveva di quello che faceva il Signore, e questa, soprattutto nell’ultimo anno della sua vita, è stata la cosa che ha reso così vicina, così prossima al cuore di don Giussani e al mio cuore la vicenda di Tommaso, in
particolare nei mesi in cui per la malattia è venuto a Roma, dove è dovuto stare parecchio tempo. Si viveva di quello che il Signore compiva, perché non si può che vivere di quello che il Signore compie. Ma forse, allora, nel ’93, pur vivendo di quello che il Signore compiva, credevamo che anche da noi si
potesse fare qualcosa. Non era teorizzato questo. In fondo in fondo però anche in noi, anche nelle circostanze attorno a noi, ponevano come una ingenua
consistenza, come se anche da noi potessimo qualcosa, come se le circostanze
favorevoli attorno a noi potessero essere, in qualche modo, un appoggio,
ingenuo, neppure voluto, neppure pensato.
In questi anni siamo stati condotti per mano dal Signore affinché sia evidente, come dice oggi la lettura del breviario, che non possiamo pensare nulla come proveniente da noi (da noi non possiamo fare nulla) e che ogni nostra capacità viene da Dio (cfr. 2Cor 3, 5).
Questi anni ci sono stati dati… – credo che in Paradiso chi ci ha preceduto sia tanto contento di questo cammino che il Signore ci ha fatto fare prendendoci per mano, anzi, prendendoci in braccio, perché quando da noi non possiamo fare nulla non si può che essere presi in braccio, come il bambino piccolo piccolo, che non può neppure camminare, può essere soltanto preso in braccio – … questi anni ci sono stati dati affinché non potessimo pensare di poter da noi fare qualcosa.
Così le parole di don Giussani che ho chiesto di mettere nell’immaginetta di Tommaso di quest’anno dicono quello che ho tentato adesso di suggerire. Giussani dice che siamo proprio come all’inizio del cristianesimo. E l’inizio del cristianesimo ha un unico grande strumento: il miracolo. Colpisce questa parola: “unico”. Era una parola che don Giussani non usava frequentemente. Ma questo “unico” (come dice tante volte sant’Agostino: l’unico Figlio non volle essere solo) abbraccia tutto e tutti. Comunque, unico strumento per il sorgere del cristianesimo è il miracolo. Il miracolo.
L’unico grande strumento è il miracolo. È il tempo dei miracoli. Il miracolo è ciò che fa evidentemente il Signore. Miracolo è quando noi con le nostre forze non possiamo neppure pensare di fare qualcosa. Il miracolo è quando per Sua misericordia, per Sua predilezione, si è come il bambino piccolo piccolo che alza gli occhi e guarda domandando. Ecco quello che possiamo compiere. Ma anche questo guardare domandando non è da noi, perché anche la domanda non nasce da noi. Quello che (quando il miracolo è l’unico strumento) il Signore dona al cuore è guardare domandando. Guardare domandando che Lui agisca, guardare domandando che Lui compia i miracoli.
E c’è un miracolo che attraversa tutti i miracoli del Signore, anzi è il miracolo a cui tutti i miracoli del Signore tendono (anche il diavolo può fare miracoli: il Vangelo e l’Apocalisse insistono sui miracoli che fa il diavolo per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti). I miracoli del Signore hanno questa caratteristica: sono in rapporto alla grazia di Dio. I miracoli accadono perché viviamo in grazia di Dio. Tutti i miracoli hanno come scopo una intimità sempre più reale, sempre più prossima, sempre più dolce, sempre più cara con Gesù. Familiaritas stupenda nimis.
I miracoli hanno come fine il vivere in grazia di Dio. E quando il Signore dona questo miracolo (ed è il miracolo decisivo, è il miracolo che decide dell’eternità beata), quando il Signore dona di vivere e rimanere in grazia di Dio significa che è pronto a dare, secondo i tempi che per fortuna non sono nostri, anche tutti gli altri miracoli.
In questi anni siamo stati condotti per mano dal Signore affinché sia evidente, come dice oggi la lettura del breviario, che non possiamo pensare nulla come proveniente da noi (da noi non possiamo fare nulla) e che ogni nostra capacità viene da Dio (cfr. 2Cor 3, 5).
Questi anni ci sono stati dati… – credo che in Paradiso chi ci ha preceduto sia tanto contento di questo cammino che il Signore ci ha fatto fare prendendoci per mano, anzi, prendendoci in braccio, perché quando da noi non possiamo fare nulla non si può che essere presi in braccio, come il bambino piccolo piccolo, che non può neppure camminare, può essere soltanto preso in braccio – … questi anni ci sono stati dati affinché non potessimo pensare di poter da noi fare qualcosa.
Così le parole di don Giussani che ho chiesto di mettere nell’immaginetta di Tommaso di quest’anno dicono quello che ho tentato adesso di suggerire. Giussani dice che siamo proprio come all’inizio del cristianesimo. E l’inizio del cristianesimo ha un unico grande strumento: il miracolo. Colpisce questa parola: “unico”. Era una parola che don Giussani non usava frequentemente. Ma questo “unico” (come dice tante volte sant’Agostino: l’unico Figlio non volle essere solo) abbraccia tutto e tutti. Comunque, unico strumento per il sorgere del cristianesimo è il miracolo. Il miracolo.
L’unico grande strumento è il miracolo. È il tempo dei miracoli. Il miracolo è ciò che fa evidentemente il Signore. Miracolo è quando noi con le nostre forze non possiamo neppure pensare di fare qualcosa. Il miracolo è quando per Sua misericordia, per Sua predilezione, si è come il bambino piccolo piccolo che alza gli occhi e guarda domandando. Ecco quello che possiamo compiere. Ma anche questo guardare domandando non è da noi, perché anche la domanda non nasce da noi. Quello che (quando il miracolo è l’unico strumento) il Signore dona al cuore è guardare domandando. Guardare domandando che Lui agisca, guardare domandando che Lui compia i miracoli.
E c’è un miracolo che attraversa tutti i miracoli del Signore, anzi è il miracolo a cui tutti i miracoli del Signore tendono (anche il diavolo può fare miracoli: il Vangelo e l’Apocalisse insistono sui miracoli che fa il diavolo per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti). I miracoli del Signore hanno questa caratteristica: sono in rapporto alla grazia di Dio. I miracoli accadono perché viviamo in grazia di Dio. Tutti i miracoli hanno come scopo una intimità sempre più reale, sempre più prossima, sempre più dolce, sempre più cara con Gesù. Familiaritas stupenda nimis.
I miracoli hanno come fine il vivere in grazia di Dio. E quando il Signore dona questo miracolo (ed è il miracolo decisivo, è il miracolo che decide dell’eternità beata), quando il Signore dona di vivere e rimanere in grazia di Dio significa che è pronto a dare, secondo i tempi che per fortuna non sono nostri, anche tutti gli altri miracoli.