La crisi
di Giulio Andreotti
Il mondo sta attraversando la crisi più grave della sua storia tanto da far dire senza forzature retoriche che dopo l’11 settembre 2001 nulla sarà come prima.
Gli americani che sembrava dovessero guardarsi solo da minacce missilistiche intercontinentali hanno subito un feroce assalto che ha spento un numero enorme di vite, colpendo due obiettivi sintomatici del potere militare e di quello finanziario. L’inviolabile santuario è risultato violabile; e perché questo non possa ripetersi da Washington è partita con furore (l’espressione è di Bush) la mobilitazione contro il terrorismo, invitando alla solidarietà tutti coloro che terroristi non sono. La fermezza è legittima, anzi doverosa. Ma occorre che gli obiettivi da colpire siano chiari e che i mezzi in proposito siano selezionati, evitando le distruzioni di massa ed anche gli errori nelle imputazioni.
A qualcuno non è piaciuto il fermo ammonimento del Papa («con il dialogo e non con le armi si risolvono le controversie») pronunciato mentre si apprestava a tener fermo il programma del suo viaggio in Asia. Sono critiche che riecheggiano quelle che ascoltammo contro Pio XII che aveva detto che con la guerra tutto era perduto e che si dovevano trovare altrimenti i rimedi alle durissime tensioni esistenti. Può rievocarsi anche lo storico monito di Benedetto XV sulla inutile strage.
Eppure quello che serve dinanzi alla mostruosità dell’attacco condotto e di altri possibili è mettere in piedi una intesa internazionale valida per un fronte unico operante con strumenti adeguati per prevenire l’eversione terroristica.
Ma c’è di più. Dinanzi al neocapitalismo puramente speculativo che consente di mettere in ginocchio intere aree geografiche e polverizzare i risparmi di centinaia di milioni di famiglie si dovrebbe riuscire a trovare un fronte difensivo comune. Quello che è accaduto nelle Borse, immediatamente prima e subito dopo l’11 settembre, non può non essere collegato ai misfatti compiuti a New York e al Pentagono. La rete di questo sceicco anomalo deve essere scovata, senza riguardi e remore nei confronti di cointeressati a tutti i livelli. Per gli americani la distinzione tra amici e nemici in questo momento è molto complessa. I convertiti sono sempre benemeriti, purché lo siano davvero. Nella saggezza del popolino romano vi è un detto molto pertinente: bisogna guardarsi da chi vuole insegnare il Credo degli apostoli.
Gli americani che sembrava dovessero guardarsi solo da minacce missilistiche intercontinentali hanno subito un feroce assalto che ha spento un numero enorme di vite, colpendo due obiettivi sintomatici del potere militare e di quello finanziario. L’inviolabile santuario è risultato violabile; e perché questo non possa ripetersi da Washington è partita con furore (l’espressione è di Bush) la mobilitazione contro il terrorismo, invitando alla solidarietà tutti coloro che terroristi non sono. La fermezza è legittima, anzi doverosa. Ma occorre che gli obiettivi da colpire siano chiari e che i mezzi in proposito siano selezionati, evitando le distruzioni di massa ed anche gli errori nelle imputazioni.
A qualcuno non è piaciuto il fermo ammonimento del Papa («con il dialogo e non con le armi si risolvono le controversie») pronunciato mentre si apprestava a tener fermo il programma del suo viaggio in Asia. Sono critiche che riecheggiano quelle che ascoltammo contro Pio XII che aveva detto che con la guerra tutto era perduto e che si dovevano trovare altrimenti i rimedi alle durissime tensioni esistenti. Può rievocarsi anche lo storico monito di Benedetto XV sulla inutile strage.
Eppure quello che serve dinanzi alla mostruosità dell’attacco condotto e di altri possibili è mettere in piedi una intesa internazionale valida per un fronte unico operante con strumenti adeguati per prevenire l’eversione terroristica.
Ma c’è di più. Dinanzi al neocapitalismo puramente speculativo che consente di mettere in ginocchio intere aree geografiche e polverizzare i risparmi di centinaia di milioni di famiglie si dovrebbe riuscire a trovare un fronte difensivo comune. Quello che è accaduto nelle Borse, immediatamente prima e subito dopo l’11 settembre, non può non essere collegato ai misfatti compiuti a New York e al Pentagono. La rete di questo sceicco anomalo deve essere scovata, senza riguardi e remore nei confronti di cointeressati a tutti i livelli. Per gli americani la distinzione tra amici e nemici in questo momento è molto complessa. I convertiti sono sempre benemeriti, purché lo siano davvero. Nella saggezza del popolino romano vi è un detto molto pertinente: bisogna guardarsi da chi vuole insegnare il Credo degli apostoli.