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VATICANO
tratto dal n. 09 - 2001

VATICANO. Intervista con il cardinale statunitense Edmund Casimir Szoka

Giustizia, non vendetta


«Non c’è in atto una guerra culturale tra Occidente cristiano e mondo musulmano. È significativo ed importante a questo proposito che il presidente Bush abbia visitato il centro islamico di Washington DC». Interviene il presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano


di Gianni Cardinale


Il cardinale Edmund Casimir Szoka

Il cardinale Edmund Casimir Szoka

«Gli atti di terrorismo compiuti negli Stati Uniti d’America l’11 settembre sono di una straordinaria gravità, soprattutto se si considera l’elevatissimo numero di vittime che hanno prodotto e la volontà dei terroristi di togliere il senso di sicurezza di un intero popolo». Sono parole dure quelle pronunciate dal cardinale Edmund Casimir Szoka durante la messa di suffragio per le vittime della tragedia che ha sconvolto gli States e il mondo intero. L’ha celebrata nella cappella di Santa Marta al Governatorato della Città del Vaticano il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce.
Szoka, 74 anni compiuti proprio il 14 settembre, statunitense di Grand Rapids, Michigan, ma con un cognome che ne tradisce le origini polacche, dal ’90 svolge la sua attività nella Curia romana. È stato presidente della Prefettura per gli Affari economici della Santa Sede fino al ’97, da quando è presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano. Prima di arrivare a Roma, era stato nominato vescovo di Gaylord nel ’71, promosso arcivescovo di Detroit nell’81, creato cardinale nell’88.
Il porporato statunitense, accettando di rispondere ad alcune domande di 30Giorni, si mostra ancora incredulo per quanto è avvenuto, spera e crede che la reazione statunitense non degeneri in una guerra mondiale. Szoka è comunque preoccupato della crisi economico-finanziaria che potrebbe colpire il mondo intero: «Negli Stati Uniti le compagnie aeree sono già in profonda crisi, anche il turismo ha subito un colpo tremendo. E le ripercussioni potrebbero colpire anche l’Europa».

Eminenza, come è venuto a conoscenza della tragedia?
EDMUND CASIMIR SZOKA: Nel primo pomeriggio dell’11 settembre ero nel mio studio, a lavorare, quando il mio segretario particolare, padre Todd Lajiness, si è precipitato nella mia stanza e mi ha invitato a guardare la tv per vedere quello che la Cnn stava mandando in onda. Sono andato nella sua stanza e ho visto la prima torre gemella del World Trade Center in fiamme. In diretta abbiamo assistito alle terribile scena dell’aereo che si schiantava sulla seconda torre. Erano immagini incredibili. Subito dopo mi sono raccolto in preghiera per tutti coloro che erano morti, per i feriti, per le loro famiglie che hanno sopportato un così grande dolore.
Qualche persona a lei cara è rimasta coinvolta?
SZOKA: Io provengo dal Michigan e non ho svolto mai attività pastorale a New York. Ora come ora non sono informato di miei conoscenti che hanno perso la vita. Ma per essere sicuro di questo dovrò aspettare la pubblicazione completa delle persone scomparse.
Come valuta le reazioni che si sono registrate negli Stati Uniti e nel resto del mondo?
SZOKA: Vivendo qui a Roma posso parlare per esperienza indiretta, per quello che si vede in tv, per quello che si legge sui giornali, per i colloqui telefonici avuti con persone oltreoceano. Per quello che ho capito, forse è necessario distinguere tra coloro che sono di New York e il resto degli Stati Uniti. La popolazione della metropoli dopo lo shock iniziale, dopo la tristezza e il dolore misti a rabbia per coloro che sono morti, sembra che adesso non voglia una azione vendicativa, non voglia generare una spirale di violenza. Nel resto del Paese il risentimento mi sembra più accentuato, si respira il desiderio di una reazione forte...
Quale può essere una reazione giusta a questo attacco?
SZOKA: Il cristiano non deve avere uno spirito vendicativo, non deve auspicare, ad esempio, bombardamenti che colpiscano indiscriminatamente delle popolazioni. È invece doveroso cercare i colpevoli, arrestarli, processarli, e se è il caso, condannarli. Noi statunitensi, di solito, preferiamo la norma della legge, della giustizia, più che una rappresaglia contro obiettivi che, oltretutto, è difficile identificare.
Teme una escalation del conflitto? Il cardinale Carlo Maria Martini in un’intervista al Corriere della Sera ha detto: «La terza guerra mondiale? Non osiamo neppure pronunciarla, quella parola, però il pericolo c’è ed è reale».
SZOKA: È possibile, certo. E per questo motivo gli Stati Uniti devono procedere con grande cautela. Il discorso del presidente George W. Bush al Congresso riunito in seduta congiunta non lascia presagire uno scenario catastrofico come quello di un conflitto mondiale. È stato un discorso molto apprezzato da tutti. Senza differenze di schieramento politico. Lo hanno applaudito parlamentari e senatori sia repubblicani che democratici. Non penso che il popolo americano voglia dei bombardamenti a tappeto contro dei Paesi. Ma certamente desidera che i responsabili vengano trovati per evitare che possano colpire ancora. Chi ha colpito New York e Washington, chi ha colpito il cuore degli Stati Uniti, può colpire anche Mosca, Londra, Parigi, Pechino, Roma, può colpire in tutto il mondo. D’altra parte, se una risposta a questi attacchi di New York e Washington non venisse data in modo corretto e anche giusto ci sarebbe il rischio che si inneschi una reazione che potrebbe condurre ad una grande guerra, anche mondiale. Personalmente, comunque, non credo che assisteremo a questa degenerazione. In passato forse, quando c’era una forte contrapposizione con l’Urss e la Cina, un pericolo del genere era maggiore.
Tutti i Paesi capiscono che questo genere di terroristi sono dappertutto: in Afghanistan, in India, in Pakistan, ma anche in Irlanda e Spagna. Ed è possibile che siano, in qualche modo, collegati tra loro. E tutti sanno che quella che stiamo vivendo non è una sfida solo contro quelli che hanno compiuto l’attentato a New York. È necessario quindi bloccare l’attività di tutti questi gruppi terroristici. E per questo credo che tutti i Paesi del mondo sono pronti a dare il loro contributo per raggiungere tale scopo.
Siamo veramente, come qualcuno ha adombrato anche nel mondo cattolico, di fronte ad un conflitto culturale-religioso che vede contrapposti mondo islamico e Occidente cristiano?
SZOKA: I Paesi e i popoli islamici devono capire che non si tratta di una azione contro di loro. Non c’è in atto una guerra culturale tra Occidente cristiano e mondo musulmano. È significativo ed importante a questo proposito che il presidente Bush abbia visitato personalmente il centro islamico di Washington DC. Lo ha fatto – dopo che negli Stati Uniti c’erano stati dei gesti di violenza nei confronti di cittadini arabo-musulmani – per assicurare che gli Stati Uniti non vogliono condurre nessuna guerra contro l’islam, ma contro i terroristi, che non sono solo musulmani, ma possono essere anche cristiani. Come ho già detto, ci sono terroristi anche in Irlanda e Spagna...
I mass media hanno enfatizzato notizie secondo le quali la Chiesa cattolica, e il Vaticano stesso, sono sotto il pericolo di una minaccia terroristica...
SZOKA: La Chiesa cattolica in quanto tale, diffusa in tutto il mondo, non può subire una tale minaccia. Ma gli edifici ecclesiastici, palazzi o chiese, anche qui a Roma, potrebbero essere in pericolo.
L’Osservatore Romano nella sua cronaca di prima pagina del 12 settembre ha scritto che «menti diaboliche hanno attuato e stanno perseguendo crimini mostruosi che fanno sprofondare l’umanità in un inimmaginabile clima di guerra». Il presidente Bush ha dichiarato di voler «liberare il mondo dal diavolo»...
SZOKA: Se lei pensa che l’istinto naturale fondamentale, primordiale, dell’uomo è quello della propria sopravvivenza, e poi quello di preservare la sua specie; e se lei pensa che questi uomini che hanno compiuto questi atti terroristici si sono suicidati per uccidere altri esseri umani; allora vedrà che c’è qualcosa di non umano, qualcosa di aberrante, in questa storia. È quasi incredibile che possa esistere una mente umana capace di elaborare una strategia così diabolica, come quella messa in atto l’11 settembre. Comunque, anche se è difficile azzardare ipotesi, solo un gruppo molto organizzato e che dispone di grandi finanze poteva immaginare un attacco di questa portata.


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