6 agosto 1978 • Muore a Castel Gandolfo Paolo VI
Lettere di misericordia
Il carteggio, iniziato nel 1928, tra Giovanni Battista Montini, allora giovane officiale della Segreteria di Stato, e don Orione, sull’aiuto da dare ad alcuni sacerdoti in difficoltà
di Flavio Peloso

Giovanni Battista Montini negli anni in cui era nella Segreteria di Stato. Sullo sfondo, una delle sue lettere indirizzate a don Orione per l’aiuto ai sacerdoti “lapsi”
Tra le congregazioni fondate da don Orione, don Calabria e padre Venturini si stabilì poi, negli anni Cinquanta, quasi un patto di solidarietà per meglio aiutare questi sacerdoti in difficoltà. "Senza dubbio questo genere di lavoro è tanto necessario ed è bene che il Signore ispiri molti ad occuparsene", scrive padre Venturini. "Fino dai primi anni del mio sacerdozio" scrive invece don Calabria "ho cercato di venire incontro a questi poveri nostri confratelli, aiutandoli a tornare al cuore dolcissimo di Gesù. Lopera senza dubbio è tanto cara a Gesù, ma insieme è altrettanto delicata e complessa".
Nelle carte dellArchivio generale "Don Orione" vi è un copioso e commovente carteggio tenuto dal beato Orione sulla questione e "gestione" di questi delicati casi sacerdotali (cfr. Messaggi di don Orione 3/2001). E vi è anche un inedito e prolungato scambio di lettere tra don Orione e monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI.
Il noto fondatore e il giovane monsignore
Il giovane e promettente don Giovanni Battista Montini entrò negli uffici della Segreteria di Stato nel 1923. Dopo una breve esperienza nella nunziatura di Varsavia, nel 1925, fu nominato assistente ecclesiastico nazionale della Fuci. Risale a questepoca un carteggio autografo di monsignor Montini, venuto alla luce nellArchivio "Don Orione" di Roma. Si tratta di una dozzina di lettere indirizzate al beato don Luigi Orione (1872-1940), a partire dallanno 1928. Quasi tutte hanno per argomento laiuto a sacerdoti "lapsi" da sovvenire e da indirizzare al bene. Don Orione, in quegli anni, era già noto per essere stato in molti casi "buon samaritano" glielo diede Buonaiuti questo epiteto di molti sacerdoti in crisi di pensiero durante gli anni del modernismo o di fedeltà sacerdotale o con altri problemi di vita.

Don Luigi Orione
Monsignor Montini aveva già incontrato don Orione ad una riunione degli Amici del Piccolo Cottolengo genovese, il 18 marzo 1927. Ne restò affascinato. "Parlò con un candore così semplice", raccontò poi, "così disadorno, ma così sincero, così affettuoso, così spirituale che toccò anche il mio cuore, e rimasi meravigliato di quella trasparenza spirituale che emanava questuomo così semplice e umile". Proprio a questo incontro allude monsignor Montini nellindirizzarsi a don Orione in nuova veste: "Non so se ella mi ricorda: io la conobbi a Genova, quando lei or son quasi due anni tenne una riunione per la sua opera: io stavo con Franco Costa [poi vescovo, assistente generale dellAzione cattolica]. Ma certo io ricordo la sua bontà, ed è questa che mi lascia sperare di non esser ricorso indarno ad un amico dei poveri come lei".
Oltre a questo motivo di confidenza, la sua iniziativa è mossa semplicemente dalla carità sacerdotale: "Non ne ho alcun incarico, né alcuna autorità, salvo quella di chi prega per un confratello, incontrato casualmente. Questi è ancora abbastanza giovane, ha buone doti di attività, e sembra disposto a tutto pur di togliersi dalla penosa situazione in cui da alcuni giorni si trova: era presso un istituto che, stanco di averlo a carico, nonostante le preghiere di monsignor Canali e del vicariato, lo ha messo con i carabinieri alla porta. Ora sta in albergo tentato dalla miseria e dallabbandono con disperati pensieri".
Don Orione comunicò subito, il 29 dicembre, a monsignor Montini la propria disponibilità a soddisfare la sua richiesta, solo chiese ulteriori informazioni e garanzie sul conto del sacerdote da aiutare.
"Veneratissimo don Orione, monsignor Canali la ringrazia della carità che ella dimostra per il sig. ***", scrive nuovamente monsignor Montini il 4 gennaio 1929. "Mi pare di poterla assicurare con tranquilla coscienza circa le clausole poste da lei per laccettazione; e cioè del contegno corretto del sig. ***, della sua volontà di rimettersi a lavorare bene per la causa del Signore, e della sua disposizione a tenere il segreto circa la sua condizione di sacerdote finché non sia (se potrà essere) riabilitato. Non mi risulta che sia stato mai nelle Marche: egli accetta di andarvi sebbene preferisse restare a Roma per poter spingere in avanti la sua causa presso il SantUffizio: ma fiducioso che lei, occorrendo, gli sarà anche in questo buon avvocato, partirà volentieri appena ella gli darà disposizioni precise. Non le dico quanto bene abbia fatto anche a me la lettera sua: lesasperazione di questo poverino e limpossibilità di poterlo trarre dimpaccio mi faceva assai pena. Speriamo che la sua opera sia la prima a risentire buoni vantaggi da questa opera di carità. [ ] È uno che ha bisogno dessere trattato con forza e con amore e messo a lavorare molto, così egli desidera".

Montini in una borgata di Roma negli anni Trenta
Fu una vicenda a lieto fine che veniva a compensare tante amarezze e sacrifici di don Orione in questopera che lo occupava sempre più "poiché si è sparsa fra i vescovi la voce che io prendo a raddrizzare le gambe di quelli" (Scritti 7, 304). E confidò: "Le dirò che ne ho un po da per tutto, riabilitati e non ancora riabilitati, già in abito talare e chi ancora in borghese: ne ho che fanno da sacrista, da portinaio, da tipografo, da infermiere, da professore; ne ho che lavorano e altri che non ne vogliono sapere, e solo pensano alla mensa e a sfuggirsela in bicicletta, chi studia e prega e chi non parla che di politica e di sport; chi ha olio nella lampada e chi ne ha molto poco, forse alcuni non ne hanno mai avuto, e penso mancassero di vera vocazione" (Scritti 84, 9).
Una continuata collaborazione
Tra il giovane Montini, minutante della Segreteria di Stato, e don Orione si instaurò una continua collaborazione di soccorso ai sacerdoti in difficoltà. Quando monsignor Montini veniva a sapere di questi casi, sapeva di poter ricorrere a don Orione: "Voglia nella sua bontà dare unocchiata anche a questa miseria e mi dica se la Madonna non gli ha suggerito il modo per recarvi qualche soccorso". Dal seguito della lettera, si capisce che monsignor Montini non "scaricava il problema" su don Orione, come fosse una qualunque pratica di ufficio, ma gli offriva il proprio coinvolgimento personale: "Se ella crede che si possa e si debba fare qualche cosa in proposito da parte mia (veramente non saprei a che sia capace la mia pochezza, specialmente in questo campo) me ne faccia cortesemente avvertito".
Don Orione dovette apprezzare molto limpegno del giovane monsignore, perché in altra occasione si sfoga dicendo: "Avrei potuto fare di più, e, col divino aiuto, farei ben di più per questi e per altri, ma, lo dico con dolore, non sono aiutato! Tolto il Santo Padre e, per alcuni, il SantOfficio in genere, gli altri, dopo che se ne sono liberati e me li hanno buttati sulle braccia, non se ne ricordano più: rimanga a lei!" (Scritti 84, 9).
Altro indizio della continuità dellimpegno di monsignor Montini in questo nascosto campo di carità sacerdotale si ha in una sua lettera del 2 agosto 1929, nella quale confida a don Orione: "Monsignor Canali ha di nuovo mandato a me simili casi con la preghiera di trovare qualche rimedio o almeno di dare qualche conforto".
Dopo qualche tempo, per la conoscenza acquisita e per la franchezza della carità, monsignor Montini si fa audace e propone al fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza: "Ho fatto una discreta esperienza sulla necessità che sorga unopera di assistenza per questi infelici, a cui più nessuno vuol porgere la mano Oh, se il Signore le ispirasse di fondare anche questa opera, don Orione, come anchio ne lo benedirei!". Di fatto, proprio negli anni Trenta, don Orione destinò per laiuto a questi sacerdoti un ambiente riservato e capace di favorire la loro ripresa umana e spirituale. "Per raccogliere i preti caduti durante la guerra, e che mano mano ritornano pentiti" scrisse a un ecclesiastico che gli chiedeva aiuto in favore di un sacerdote "la Divina Provvidenza mi fece acquistare una casa adatta a Varallo Sesia, e anche là circa L. 200.000, e ho fatto un passo che ora sento fu troppo lungo" (lettera del 25 novembre 1932).

Paolo VI visita due opere degli Orionini a Roma; qui è con un ragazzo disabile del centro “Don Orione” di Monte Mario
Linteressamento verso i sacerdoti in difficoltà, per quanto generoso e sapiente, non sempre otteneva i buoni esiti sperati. Come nel caso di don Raffaele ***. Monsignor Montini scrive a don Orione nel novembre 1929. "Veneratissimo don Orione, mesi fa mi permisi segnalarle il caso pietoso di un sacerdote apostata da salvare, e nella lettera mettevo un promemoria con i dati precisi. [ ] Magari ella potesse, Deo adiuvante, stender la mano al poveretto!". Poi, però, monsignor Montini deve concludere: "Se non è possibile far qualcosa per lui, gradirei riavere le note di promemoria, che accompagnavano la lettera. Ho passato, nel settembre, qualche giorno con Franco Costa, ed insieme abbiamo parlato di lei: ci vuole ricordare entrambi nella sua caritatevole preghiera?".
_a corrispondenza autografa di monsignor Montini conservata nellArchivio "Don Orione" si dirada durante la permanenza di don Orione in America Latina (1934-1937) e cessa per la sua morte (1940). Lultimo documento dellanimo sensibile e amico di monsignor Montini nei confronti di don Orione è datato 26 ottobre 1939. Sapeva che il "padre dei poveri" trepidava per i suoi figli di Polonia dei quali non aveva notizie dopo la devastante invasione delle truppe di Hitler cominciata il 1 settembre. Lo rassicura: "Mi affretto a renderle noto che, secondo recentissime notizie pervenutemi, tutte le persone ospitate negli istituti della congregazione dei Figli della Divina Provvidenza in Polonia sono salve. Mi è stata anche recapitata una lettera indirizzatale da un suo figlio; dandomi premura di rimettergliela qui acclusa, la prego di non far pubblicare, nemmeno sui bollettini riservati alla Congregazione, notizie contenute nella medesima lettera".
Davvero unamicizia singolare legava i due "buoni samaritani" dei sacerdoti in difficoltà. Ricordando questo periodo, a quarantanni di distanza, Paolo VI ne rivivrà ancora lincanto (udienza del 31 maggio 1972): "Lo vidi più di una volta quando venne a trovarmi in Segreteria di Stato, e non avrei mai finito di discorrere con lui perché sentivo proprio in lui unanima speciale, uno spirito singolare, un santo e speriamo un giorno di poterlo proclamare tale da questa basilica".