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TERESA DI LISIEUX
tratto dal n. 01 - 2004

Miracolo a Milano


Con il riconoscimento da parte del cardinale Dionigi Tettamanzi di un miracolo attribuito ai genitori di Teresa di Gesù Bambino, si chiude la fase diocesana del processo che avvia i coniugi Martin a una probabile beatificazione


di Giovanni Ricciardi


Santa Teresa di Lisieux;

Santa Teresa di Lisieux;

Il 10 giugno scorso, il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, ha riconosciuto il primo miracolo attribuito ai venerabili Luigi e Zelia Martin, i genitori di santa Teresa di Gesù Bambino. Come è accaduto di recente anche per un altro francese, Charles de Foucauld, il miracolo è avvenuto in terra ambrosiana, e la competenza canonica per le loro cause appartiene alla diocesi milanese. Con questo atto si chiude la fase diocesana del processo che avvia i coniugi Martin a una probabile beatificazione. Sarebbe il secondo caso, nella storia della Chiesa, dopo Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, beatificati nel 2000, di una coppia che viene elevata insieme all’onore degli altari. Per l’occasione è stata portata a Milano l’urna con le reliquie di Teresa di Lisieux. Alla cerimonia assisteva una piccola folla commossa. E c’era soprattutto la famiglia Schilirò al completo, Valter e Adele con i loro cinque figli, e soprattutto il piccolo Pietro, l’ultimo nato, che per intercessione dei coniugi Martin ha ricevuto una guarigione miracolosa da una forma congenita di insufficienza polmonare.
Il bimbo ha oggi un anno e mezzo. Era nato, con gravi problemi di respirazione, il 25 maggio 2002, trascorrendo quaranta giorni tra la vita e la morte all’ospedale vecchio San Gerardo di Monza. La situazione era apparsa compromessa fin dall’inizio. Il 3 giugno i coniugi Schilirò decidevano di far battezzare il bambino, giudicato in pericolo di morte imminente. Padre Antonio Sangalli, sacerdote carmelitano, amico e padre spirituale della coppia, era accorso all’ospedale portando con sé un’immaginetta dei genitori di Teresa.
«Conoscevamo santa Teresina, avevamo letto i suoi scritti, ma sapevamo poco dei suoi genitori» ci racconta Adele, che rammenta con commozione quei giorni concitati: «Padre Antonio ci spiegò che i genitori di Teresa avevano perso quattro figli in tenera età: pregarli ci avrebbe aiutato a capire il senso di quello che stava accadendo. Abbiamo accolto con fiducia il suo invito: in fondo, conoscendo la figlia, chiedere l’intercessione dei genitori ci sembrava una cosa naturale».
Gli Schilirò iniziano così a recitare una novena ai coniugi Martin e a far pregare amici, conoscenti, le famiglie incontrate all’uscita delle scuole dei figli, la gente della parrocchia, persone appartenenti a tutti i movimenti ecclesiali, distribuendo la novena con l’immaginetta dei genitori di Teresa. Che arriva fino in Cambogia, dove si trova un missionario amico della coppia. Ma il risultato della biopsia, il 5 giugno, conferma per Pietro una prognosi infausta: «Malformazione congenita caratterizzata da grave sovvertimento della struttura polmonare». In poche parole, non ci sono, alla lunga, speranze di sopravvivenza, anche con l’ausilio dei macchinari.
Adele Schilirò con il piccolo Pietro davanti all’urna delle reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino, Milano 18 maggio 2003

Adele Schilirò con il piccolo Pietro davanti all’urna delle reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino, Milano 18 maggio 2003

«Tanta gente pregava con noi e per noi» racconta la mamma di Pietro: «ma all’inizio ero come rassegnata, pensavo già al funerale, alle cose che sarebbero accadute dopo. Avevo quasi dimenticato che Dio è un Padre buono, ma grazie alle parole di alcuni amici, ho capito che potevo osare nel chiedere la guarigione di Pietro. Allora ho avuto la netta percezione che se il Signore avesse voluto, avrebbe potuto salvarlo».
E così, il 13 giugno, alla presenza di tanti amici, dopo aver recitato il rosario, gli Schilirò iniziano una seconda novena, affidando all’intercessione dei coniugi Martin la richiesta di «comprendere la volontà di Dio e la guarigione di Pietro, se essa è nei Suoi piani».
Pietro restava attaccato a un respiratore. In quei giorni, il papà e la mamma hanno trascorso ore accanto al bambino. Vicino al lettino, l’immagine dei Martin. Per fargli compagnia, hanno cantato a lungo i canti del movimento di Comunione e liberazione, a cui Valter e Adele appartengono. Anche Luigi Martin cantava, accanto al fuoco, nelle sere d’inverno, per rallegrare la piccola Teresa.
«Come è bella la vocazione del bambino!» scriveva santa Teresa di Lisieux: «Non è solo una missione, che deve evangelizzare, ma tutte le missioni. Come?… Amando, dormendo, gettando fiori a Gesù quando sonnecchia. Allora Gesù prenderà questi fiori, e comunicando loro un valore inestimabile, li spargerà a sua volta, li farà volare verso tutte le rive e salverà le anime, con i fiori, con l’amore del piccolo bambino, che non vedrà nulla, ma sorriderà sempre, anche attraverso le lacrime!» (Lettera 194, 8 settembre 1896)».
«Questa lettera di Teresa ha dato significato alla condizione che Pietro stava vivendo» spiega Adele «per tutto il tempo della malattia». Anche molti medici e infermieri hanno partecipato alla preghiera dei coniugi Schilirò. Ed è stata proprio un’infermiera, la mattina del 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, a comunicare l’improvviso miglioramento del neonato: «Per me stamattina è già successo un miracolo!». Pietro non aveva più bisogno di essere ossigenato al cento per cento. Nel giro di pochi giorni ha potuto respirare con i propri polmoni, e il 27 luglio è stato dimesso, in perfetta salute: «Vista la complessità del caso e l’andamento clinico» si legge al termine del referto medico «riteniamo che la sua guarigione sia un fatto sorprendente».
«Ma altrettanto sorprendente» ricorda ancora Adele «è stato, nei mesi successivi, incontrare tanta gente che mi fermava e mi raccontava di aver ritrovato speranza, fede, gusto per la preghiera, in seguito a questi fatti. “Questa cosa mi ha salvato l’anima” mi hanno detto in tanti, proprio come diceva la lettera di Teresa che leggevo e rileggevo in quei giorni». Anche Teresa dunque, che, del resto, come Pietro, quinto figlio della famiglia Schilirò, è la quinta figlia dei coniugi Martin, ha fatto la sua parte. La famiglia Schilirò ha avuto la gioia di accogliere in casa, il 18 maggio scorso, l’urna delle sue reliquie. E in poco tempo, si sono radunate intorno ad esse spontaneamente più di trecento persone.
«In questo clima di gioia» ha detto il cardinale Tettamanzi il 10 giugno «sto pensando anche alla gioia del piccolo Pietro: non so se se ne rende conto, ma non so se è necessario che lui se ne renda conto. La gioia è una realtà oggettiva, e io penso che il Signore gliela dona e lo renderà cosciente di questa gioia forse un poco più avanti, perché a sua insaputa, io penso, spero, che sia stato davvero uno strumento di Dio per dire a tutto il mondo che anche i bambini, i bambini piccoli, hanno una grande vocazione, una grande missione nella Chiesa. Penso che sia un messaggio particolarmente urgente per noi adulti, che tante volte ci affidiamo alla organizzazione, alle strutture, alle iniziative. È un affidarsi anche doveroso, per la verità, ma con il rischio di dimenticare che la santità è un dono e che la crescita in santità nella Chiesa è opera dello Spirito Santo, il quale spesso ama servirsi di strumenti semplici, umili, che non si impongono all’attenzione del mondo ma che costituiscono il compiacimento agli occhi di Dio».


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