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BATTESIMO
tratto dal n. 03 - 2002

Confiteor unum baptisma in remissionem peccatorum


Oltre che nella Lettera 98, Agostino affrontò la questione del battesimo dei bambini anche nella polemica con i pelagiani, i quali negavano che il sacramento fosse amministrato ai bambini per la remissione dei peccati. Intervista con Nello Cipriani, agostiniano


di Lorenzo Cappelletti


Ottaviano Nelli, affreschi della chiesa di sant'Agostino di Gubbio

Ottaviano Nelli, affreschi della chiesa di sant'Agostino di Gubbio

I sacerdoti continuano ad amministrare con gioia il battesimo ai bambini e sanno che questa pratica è di origine apostolica. Ma a volte oppongono qualche veto, come testimonia la lettera ricevuta dal nostro giornale. Forse si dà fin troppa importanza alla consapevolezza e all’impegno di genitori e padrini e non si comprende che è la Chiesa nella sua interezza che porta al battesimo i bambini.
NELLO CIPRIANI: Nelle Confessioni, quando era ormai vescovo, sant’Agostino non risparmiò forti critiche alla decisione dei genitori, e in particolare della madre Monica, di rinviare il suo battesimo all’età adulta. D’altra parte, già nel 387, l’anno in cui ricevette il battesimo, si diceva convinto dell’utilità di battezzare i bambini. Allora confessava però di non capire come un sacramento della fede potesse giovare a chi non è ancora in grado di fare un atto di fede. Più tardi, come si può ricavare dalla Lettera 98 [vedi articolo precedente], scritta dopo il 408, risolverà questo dubbio.
Contrariamente a quanto si potrebbe credere, i pelagiani affermavano di ritenere legittima la pratica del battesimo ai bambini; negavano però che ciò avvenisse per la remissione dei peccati. Che significa? E come risponde Agostino?
CIPRIANI: I pelagiani non negavano la legittimità del battesimo dei bambini: non potevano mettersi contro la Tradizione di tutta la Chiesa. Ritenevano però che i bambini dovessero essere battezzati non tanto per ottenere la remissione del peccato originale in vista della vita eterna quanto per ottenere altri benefici spirituali necessari per entrare nel Regno dei cieli, come l’adozione a figli di Dio, l’incorporazione a Cristo e alla Chiesa. In realtà, quando nel sinodo di Cartagine dell’anno 411 fu messa in discussione per la prima volta l’ortodossia delle dottrine pelagiane, Celestio, il principale seguace di Pelagio, per evitare la condanna della Chiesa, ammise che i bambini devono essere battezzati anche per essere redenti. Ma non seppe fornire alcuna spiegazione di tale redenzione proprio perché escludeva ogni idea di peccato originale.
C’è una differenza, e se c’è qual è, fra il metodo teologico di Pelagio e dei suoi seguaci e quello di Agostino?
CIPRIANI: I pelagiani respinsero sempre la dottrina del peccato originale come inaccettabile per la ragione. L’idea di peccato originale sembrava loro contraria alla giustizia di Dio e alla stessa idea di peccato che a loro dire dovrebbe essere solo e sempre personale. Sant’Agostino invece vedeva fondata la dottrina del peccato originale innanzitutto nelle parole di san Paolo: «Come tutti muoiono in Adamo, così tutti vivono in Cristo»; e altre di identico contenuto. Inoltre da numerosi passi della Scrittura risulta che Cristo è redentore e salvatore di tutti gli uomini, è riconciliatore e mediatore tra Dio e gli uomini. Ebbene, si chiedeva Agostino, da che cosa devono essere redenti e salvati i bambini se non dal peccato? Che bisogno avrebbero di essere riconciliati con Dio se non fossero separati da lui a causa del peccato? Come si vede, è la fede nella necessità e universalità della salvezza di Cristo il vero fondamento della dottrina del peccato originale. Se non nasciamo tutti sotto il dominio del peccato in che modo Cristo può essere il salvatore di tutti? A queste ragioni bibliche e teologiche, sant’Agostino aggiunse gli argomenti della Tradizione e della liturgia. Da un lato si appellava all’insegnamento di altri Padri e dottori che lo avevano preceduto e alla fede dei fedeli che si affrettavano a far battezzare i loro figli, dall’altro lato faceva notare che il rito dell’esorcismo non avrebbe avuto nessun senso nella liturgia battesimale se i bambini fossero stati del tutto liberi dal peccato. Insomma, che tutti gli uomini nascono sotto il dominio del peccato, per sant’Agostino, lo insegna la Scrittura, lo esige la fede in Cristo unico e universale salvatore degli uomini e lo confessa la fede della Chiesa attraverso l’insegnamento dei suoi pastori e maestri e attraverso la liturgia battesimale.
Scritti e opere su sant’Agostino e di sant’Agostino continuano a essere best seller. Non si finisce di esaltare la grandezza di Agostino come isolato gigante del pensiero. Si continua invece a misconoscerlo come grande e umile testimone della Tradizione.
CIPRIANI: Sì, molti studiosi hanno presentato sant’Agostino come l’inventore della dottrina del peccato originale, che avrebbe elaborato poco a poco. È l’accusa che gli faceva già il suo grande avversario pelagiano Giuliano d’Eclano. In realtà già in un’opera scritta a Roma nel 387, l’anno del suo battesimo, parlava del giusto assoggettamento dell’anima (quando si unisce al corpo) alla morte a causa del peccato, peccato che naturalmente è il peccato di Adamo, il peccato originale. Evidentemente questa era la fede della Chiesa che lo aveva catechizzato prima del battesimo.
Una delle tante idee invalse è l’antinomia fra «ama e fa’ quel che vuoi» agostiniano e il continuo richiamo alla morale da parte di Pelagio. In realtà proprio nella sua opera sul battesimo dei bambini, Agostino si esprime più volte in termini elogiativi nei confronti della rigorosa forma di vita di Pelagio. Questo d’altra parte meritò a Pelagio anche la stima della comunità cristiana di Roma e segnatamente del papa Zosimo e di quello che poi sarebbe diventato papa Sisto III. Agostino non svaluta, come si crede, la vita morale cristiana.
CIPRIANI: Con l’affermazione, tante volte ripetuta, «ama e fa’ quel che vuoi», sant’Agostino intendeva indicare nell’amore vero, ossia nella carità diffusa nel cuore dei fedeli dallo Spirito Santo, la sorgente di ogni opera buona. Dove c’è la carità di Cristo non c’è egoismo né ingiustizia alcuna. Quanto a insistere poi sull’impegno di progredire nella vita cristiana fino alla perfetta carità, sant’Agostino non è secondo a nessuno. Egli ha tracciato un itinerario della vita cristiana indicando gradi e mezzi per progredire. È assurdo accusarlo di svalutare l’impegno morale. Sua è la frase divenuta famosa: «Chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te».
La prima opera antipelagiana fu scritta da Agostino in risposta a una richiesta di quel Marcellino che ebbe anche una parte importante e pagò con la vita la sua azione per risolvere lo scisma donatista. Colpisce che sia stato un laico, un funzionario imperiale cristiano il personaggio più esposto nelle due controversie teologiche centrali dei primi anni del V secolo. Che si sa di lui? Fu martirio la sua morte? E qual è il filo rosso, se c’è, fra la controversia antidonatista e quella antipelagiana?
CIPRIANI: Parlare di Marcellino richiederebbe molto tempo e ci porterebbe lontano dal nostro tema. In effetti fu un grande amico di Agostino e lesse le sue opere. Ebbe anche grande parte nella conferenza di Cartagine del 411, riuscendo a far incontrare vescovi cattolici e donatisti. Al proposito bisogna rilevare che tra le due grandi controversie da te accennate c’è una certa continuità. In ambedue il battesimo è al centro del dibattito, anche se sotto aspetti diversi. Gli scismatici africani infatti, non ritenendo valido il battesimo amministrato dai cattolici, perché soltanto i loro ministri avrebbero posseduto lo Spirito Santo, ribattezzavano quelli che passavano dalla loro parte. Gli eretici pelagiani invece riducevano il valore del battesimo dei bambini, tanto che arrivavano a negare la necessità della grazia di Cristo per la loro salvezza. Venivano messi in questione aspetti diversi, come si vede, ma pur sempre di quell’inizio irripetibile della vita cristiana che è e non può essere altro che il battesimo.


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