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RUSSIA
tratto dal n. 02 - 2002

RICOSTRUZIONI. I rapporti tra Roma e Mosca dall’inizio dell’anno

«Un atto non amichevole»


Così un portavoce del Patriarcato ha definito la decisione della Santa Sede di creare quattro nuove diocesi in Russia. «Una sfida lanciata all’ortodossia». Eppure il 2002 era iniziato sotto il segno del dialogo...


di Gianni Cardinale


Il saluto del metropolita Pitirim durante 
la Giornata di preghiera per la pace svoltasi ad Assisi lo scorso 24 gennaio

Il saluto del metropolita Pitirim durante la Giornata di preghiera per la pace svoltasi ad Assisi lo scorso 24 gennaio

La decisione vaticana di trasformare in vere e proprie diocesi le quattro amministrazioni apostoliche con cui era governata la Chiesa cattolica nei territori della Federazione Russa ha raggelato il dialogo ecumenico con il Patriarcato di Mosca. E anche l’ipotesi di un viaggio pontificio nella Terza Roma appare ormai sempre più improbabile, nonostante venga auspicato dallo stesso presidente Vladimir Putin (a patto però che ci sia l’ok ortodosso). Eppure il 2002 era cominciato sotto i migliori auspici per il dialogo Roma-Mosca.

Un inizio d’anno promettente
La celebrazione liturgica del 1° gennaio nella basilica vaticana viene allietata dal coro russo ortodosso Iubilaeum di Mosca, venuto a Roma appositamente per la circostanza con la benedizione di Alessio II, patriarca di Mosca e di tutte le Russie. La gentilezza è particolarmente gradita da Giovanni Paolo II, che riceve i cantori ortodossi in una udienza speciale cui L’Osservatore Romano dedica una intera pagina di cronaca. La stampa vi vede subito un segnale di buon auspicio per una possibile visita del Papa in Russia. Di colpo sembra cicatrizzarsi la ferita nelle relazioni ecumeniche aperta dalla visita effettuata da papa Wojtyla in Ucraina nel giugno dello scorso anno, nonostante il parere contrario della Chiesa ortodossa locale di obbedienza moscovita.
Un altro segnale positivo si registra in occasione della Giornata di preghiera di Assisi del 24 gennaio. Alla cerimonia interreligiosa partecipa una delegazione ortodossa russa di un certo livello, guidata dal metropolita Pitirim. Avvenire saluta questo fatto come «un nuovo passo verso il disgelo». E il giorno dopo il Papa, ricevendo i patriarchi non cattolici presenti alla giornata di preghiera, con un gesto di cortesia allarga l’invito anche al capo della delegazione russa che pure patriarca non è. Tornato in patria Pitirim comunque rivela che il Papa durante l’udienza gli ha chiesto di potersi recare a Mosca. Secca la risposta dei vertici ortodossi: qualsiasi ipotesi del genere è da scartare finché Roma continua il suo proselitismo nei territori “canonici” dell’ortodossia e finché appoggia in Ucraina l’esistenza di una Chiesa cattolica di rito orientale. È il primo campanello di allarme.

Il gelo delle nomine
Il 6 febbraio il nunzio pontificio a Mosca, l’arcivescovo tedesco Giorgio Zur, si reca dall’arcivescovo Clemente, “vice-ministro degli Esteri” del Patriarcato, annunciando l’intenzione vaticana di creare quattro diocesi stabili con sede a Mosca, Saratov, Irkutsk e Novosibirsk (affidate a quattro vescovi titolari di etnia polacca e tedesca). La risposta è glaciale. Il patriarcato rilascia una dichiarazione in cui si minacciano gravi conseguenze per il gesto che si sta compiendo. L’annuncio dell’11 febbraio fa poi precipitare la situazione. La Santa Sede spiega la creazione delle nuove diocesi con una nota non firmata, pubblicata con ampio risalto in prima pagina dell’Osservatore Romano, e con una dichiarazione del portavoce Joaquín Navarro-Valls (in cui si afferma che la decisione vaticana è frutto anche di «insistenti richieste» in tal senso da parte dei cattolici di Russia).
Per cercare di non urtare la sensibilità ortodossa, alle nuove diocesi non viene dato il titolo della città in cui risiedono i vescovi ma quello delle rispettive cattedrali. Così Tadeusz Kondrusiewicz non viene nominato arcivescovo di Mosca, ma arcivescovo a Mosca, con il titolo formale di metropolita dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca. Ma l’escamotage non contribuisce ad attenuare i toni della reazione ortodossa. Alessio, interrompendo un periodo di riposo, torna a Mosca e riunisce il Santo Sinodo che diffonde una dichiarazione in cui si afferma che i provvedimenti presi dal Vaticano sono «una sfida lanciata all’ortodossia». Un portavoce del Patriarcato, Igor Vyzhanov, definisce la decisione della Santa Sede un «atto non amichevole». Mosca chiede formalmente l’annullamento del viaggio a Mosca del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, programmato per il 21-22 febbraio. Il porporato tedesco, che pure era stato a pranzo dal Papa l’8 febbraio, non può che rinunciare alla sua prima missione nella capitale. E la decisione vaticana di creare le quattro nuove diocesi non sfugge alle critiche anche delle autorità civili russe. Il ministro degli Affari Esteri esprime il proprio «rammarico» che la decisione vaticana sia stata presa senza avere il previo consenso ortodosso. La Duma minaccia di votare una raccomandazione «a non concedere il visto di entrata ai rappresentanti del Vaticano». Lo stesso presidente Putin approfitta della festa di sant’Alessio per elogiare il Patriarca per «la decisa difesa degli interessi dell’ortodossia».

Messaggi di auguri
e “viaggi virtuali”
Proprio l’occasione dell’onomastico di Alessio II viene colta dal Papa per cercare di riannodare i fili del dialogo con Mosca. Il biglietto di auguri viene reso noto dalla Radio Vaticana del 28 febbraio. Nel messaggio, in francese, si legge: «Di tutto cuore mi rivolgo a voi, Santità, per porgervi i miei auguri più fraterni, in occasione della festa di sant’Alessio. Chiedo al Signore di guidarci, al di là delle difficoltà che stiamo attraversando, nel perseguire il dialogo in vista di un cammino di più grande collaborazione, per giungere a quell’unità cui tutti aspiriamo».
Ma, due giorni dopo aver inviato questo affettuoso messaggio, Giovanni Paolo II compie, agli occhi del Patriarcato, un altro gesto ostile. Attraverso un ponte televisivo la sua immagine “entra” nella cattedrale dell’Immacolata dove sono raccolti i cattolici moscoviti, che recitano con lui una decina del rosario. «L’invasione virtuale dell’“etere canonico” russo», come è stata definita dall’agenzia di stampa Fides (collegata a Propaganda Fide), provoca l’ennesima reazione da parte ortodossa. Lo stesso 2 marzo Alessio II rievoca la figura di un suo predecessore, Ermogene, ucciso nel 1612 dai polacchi e considerato dalla Chiesa di Mosca un martire dell’espansionsimo cattolico-polacco. Nell’occasione il Patriarca commenta il viaggio virtuale del Papa: «Sono d’accordo con coloro che parlano di questo avvenimento con ironia».
Giovanni Paolo II con il coro russo ortodosso Iubilaeum nella cappella Redemptoris Mater, la sera del 1° gennaio scorso. Il coro cantò anche nel corso della liturgia di Capodanno nella basilica vaticana

Giovanni Paolo II con il coro russo ortodosso Iubilaeum nella cappella Redemptoris Mater, la sera del 1° gennaio scorso. Il coro cantò anche nel corso della liturgia di Capodanno nella basilica vaticana


Prospettive ottimistiche?
Le reazioni ortodosse alla creazione di nuove diocesi non sembrano comunque preoccupare più di tanto i vertici vaticani. Navarro-Valls liquida la questione come un semplice problema di rispetto e tutela dei «diritti di libertà di coscienza e di libertà di religione che sono alla base di ogni forma di convivenza civile e pluralistica». L’agenzia Fides fa notare che, in fondo, la riorganizzazione gerarchica cattolica in Russia è stata minimalista, visto che in cantiere c’era la creazione di altre cinque diocesi con sede a San Pietroburgo, Kaliningrad, Krasnodar, Celjabinsk e Vladivostok. Per il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, poi, «non è giusto che i nostri fratelli ortodossi russi dicano di essere sorpresi; da tempo si era parlato loro di questa riorganizzazione disposta dal Papa per offrire una migliore assistenza religiosa ai cattolici in questo immenso Paese». «Noi credevamo» continua Sodano «che i nostri fratelli ortodossi sarebbero stati lieti della migliore assistenza religiosa, così come la Santa Sede è lieta che il Patriarcato abbia da tempo creato strutture ecclesiastiche per i suoi fedeli in Europa e in America. E, ad esempio, abbia anche avviato la costruzione di una grande chiesa a Roma, sul Gianicolo, proprio di fronte a San Pietro [...] [mentre i cattolici] attendono ancora la restituzione di alcune loro chiese come la cattedrale dei Santi Giovanni e Paolo proprio al centro di Mosca». Il nuovo metropolita Kondrusiewicz ammette che «sembra di essere tornati alla situazione di dieci anni fa. Quando il Papa creò le amministrazioni apostoliche ed arrivammo a Mosca, c’era lo stesso clima di gelo e diffidenza», ma poi aggiunge che, forse, basteranno «tre o quattro mesi» per tornare alla normalità. Sarà davvero così?


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