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CINA
tratto dal n. 05 - 2004

L’ordinazione del primo vescovo cinese pubblicamente nominato dal Papa dopo la nascita della Repubblica Popolare

Superare le muraglie



Gianni Valente


Un momento della festa davanti alla chiesa di Niupidi  nel villaggio di San Giuseppe, nella provincia sudorientale del Guangdong

Un momento della festa davanti alla chiesa di Niupidi nel villaggio di San Giuseppe, nella provincia sudorientale del Guangdong

L’ordinazione del primo vescovo pubblicamente nominato in Cina dal Papa dai tempi della nascita della Repubblica Popolare si è svolta in un modo molto cinese. Ad Hengshui, nella provincia dell’Hebei, i sacerdoti e i laici della diocesi hanno condotto una lunga e franca trattativa, conclusasi solo poco prima della cerimonia, per concordare con le autorità politiche il modo in cui doveva avvenire la liturgia per ordinare il giovane Pietro Feng Xinmao come vescovo coadiutore della diocesi, affinché durante il rito fossero pubblicamente resi noti sia la nomina ricevuta dal Papa che il gradimento degli organismi governativi. Così, lo scorso 6 gennaio, la liturgia è iniziata nella piccola chiesa della cittadina, dove si sono svolte le fasi iniziali del rito, compresa quella in cui il prete più anziano della diocesi ha reso pubblica la nomina papale del nuovo vescovo. Dopodiché, anche per non deludere i fedeli che non erano riusciti a trovar posto nella chiesa, clero e popolo hanno attraversato la piazza, e la liturgia di consacrazione è stata celebrata nientemeno che nella sala grande della locale Casa del popolo.
La scorsa estate aveva destato interesse la lettera aperta in cui Giuseppe Han Zhi-hai, vescovo di Lanzhou non riconosciuto dal governo, aveva affermato la piena comunione di fede coi vescovi cinesi che sono in comunione con Roma pur muovendosi all’interno delle procedure e degli organismi “patriottici” con cui il potere civile controlla le attività ecclesiali (cfr. 30Giorni, n. 10, 2003, pp. 27-28). Il suo era risuonato come un appello autorevole a superare quella divisione tra comunità ecclesiali “non registrate” e comunità riconosciute dal governo che in Cina ha prodotto addirittura il fenomeno di due organismi episcopali paralleli (nessuno dei quali riconosciuto dal Vaticano).
Nel gioco dei segnali cifrati che Vaticano e dirigenza cinese si inviano in assenza di canali di dialogo ufficiale, proprio la procedura “concordata” dell’ordinazione di Hengshui, replicata lo scorso 29 aprile nella consacrazione di Jinan, potrebbe rappresentare il modello di soluzione provvisoria da sperimentare in vista di un tacito e graduale riassorbimento di tale situazione anomala. Un processo che la Santa Sede accompagna sospendendo di fatto le ordinazioni “clandestine” (le ultime senza alcun riconoscimento da parte degli organismi governativi sono avvenute a metà degli anni Novanta) e cercando fin dove è possibile di dare in via riservata il proprio assenso alla nomina di candidati riconosciuti come vescovi dal governo e non invisi alle comunità cosiddette “sotterranee”.


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