Sulla guerra all’Iraq
Il testo del discorso pronunciato in Senato il 20 maggio dal senatore Giulio Andreotti, durante il dibattito in aula sulla situazione in Medio Oriente. Il gruppo “Per le autonomie”, di cui fanno parte anche i senatori a vita Andreotti e Francesco Cossiga, ha presentato la mozione, insieme ai senatori a vita Emilio Colombo e Rita Levi Montalcini, che è stata approvata a larga maggioranza
In alto, soldati inglesi impegnati a fronteggiare la guerriglia urbana a Bassora; in basso, un gruppo di iracheni manifesta contro la presenza americana davanti al carcere di Abu Ghraib presso Baghdad
onorevole presidente del Consiglio,
colleghi senatori,
il documento che il nostro piccolo gruppo “Per le autonomie”, insieme a due autorevoli colleghi, Rita Levi Montalcini ed Emilio Colombo, ha presentato per la conclusione del dibattito vuole contribuire alla ricerca di punti di orientamento, in una fase della politica internazionale paurosamente inquietante e confusa, che vede sia nell’Iraq che nella Palestina tragiche condizioni di crisi. Nessuno certamente ha nostalgia del Muro di Berlino, ma alla dissoluzione dell’impero sovietico e alla scomparsa del gruppo dei Paesi non allineati è subentrato un pericoloso squilibrio internazionale; con la singolare tentazione americana di poter dare o revocare brevetti di amicizia o di canaglia. Attenzione. La autorevole signora Condoleezza Rice ha lamentato come ci si sia dimenticati del loro apporto decisivo nella vittoria contro le dittature europee. Non è così. Non abbiamo dimenticato neppure la loro determinante partecipazione alla Prima guerra mondiale. Ma questo non è sufficiente a giustificare la guerra all’Iraq quando, almeno allo stato degli atti, si sono dimostrate infondate le motivazioni addotte e cioè l’esistenza di un arsenale di armi di distruzione di massa.
La sovranità degli Stati non può essere lesa e fu proprio per difendere quella del Kuwait invaso da Saddam, che si ebbe, sotto l’egida dell’Onu, la mobilitazione degli anni Novanta.
I lutti provocati quotidianamente in questo attuale momento, che è difficile considerare un “dopoguerra”, pesano in modo massiccio su tutti indistintamente. Noi siamo affranti per i soldati italiani uccisi in Iraq; ma con eguale sofferenza piangiamo, insieme alle loro famiglie, i 787 militari americani e l’enorme numero di iracheni caduti in questa “inutile strage”.
È indifferibile riconoscere agli iracheni – popolo di antica civiltà – il diritto a decidere i propri ordinamenti e a governarsi senza protettorati e senza confusione tra libertà civili e appartenenze religiose: rischio esistente qui molto più che in altre aree del mondo. Occorre che l’Onu – come è stato a lei, onorevole presidente Berlusconi, assicurato nei giorni passati – assuma dirette responsabilità attraverso forme valide per la transizione del “dopo Saddam” verso un sistema autenticamente rappresentativo. Al di fuori di questo preciso e radicale progetto sarebbe impensabile la legittimità e comunque la opportunità politica e umana della presenza di soldati italiani. Non è nella nostra vocazione e nel nostro ordinamento costituzionale la condivisione di regimi di occupazione.
Un palestinese osserva la costruzione del muro divisorio nella West Bank
Ma è necessario volare alto e dare ovunque ai giovani nuove prospettive di vita.
Va trovato proprio in queste tristissime congiunture qualcosa che elevi gli spiriti. Penso – e lo sottopongo alla riflessione del governo perché se ne faccia promotore – a una grande campagna di educazione alla pace che riprenda tra l’altro gli indirizzi di riduzione degli armamenti, che, sotto l’amministrazione Reagan-Bush padre, e con solidale impegno della Nato, portarono al dimezzamento degli arsenali nucleari.
Siamo orgogliosi noi della cosiddetta Prima Repubblica di aver lavorato per questa politica.
Onorevole presidente del Consiglio, il governo e lei personalmente venite più spesso in Senato (e anche alla Camera dei deputati) a informare e ad ascoltare maggioranza e non maggioranza. Nella storia della democrazia britannica resta memorabile la stagione dei tremendi bombardamenti tedeschi, quando sembrava veramente che tutto fosse perduto. La Camera dei comuni si riuniva quotidianamente e Winston Churchill andava ogni giorno a dare e a ricevere coraggio.
Nessuno dimentichi che l’Italia è una Repubblica parlamentare.