DIPLOMAZIA. Intervista con Anatoliy Torkunov
Il nuovo primato della politica estera
Intervista con il rettore dell’Università di Stato delle Relazioni internazionali di Mosca (Mgimo) e membro del Consiglio direttivo del Ministero degli Affari esteri della Federazione Russa
di Pierluca Azzaro
Anatoliy Torkunov, a destra, stringe la mano al presidente egiziano Hosni Mubarak che riceve il dottorato honoris causa, 29 maggio 2004
Oggi lei ha raccolto unanimi consensi parlando della necessità, per il ventunesimo secolo, di una “nuova diplomazia”.
ANATOLIY TORKUNOV: Immaginare capi della diplomazia contrari al tradizionale principio della difesa degli interessi nazionali, ovvero affermare che lo debbano essere per principio sarebbe errato. E tuttavia gli Stati divengono sempre più consapevoli che, al di là del puro pragmatismo e delle logiche di potere, nella società postmoderna la direttrice di marcia primaria dell’azione diplomatica è la difesa della persona. Questo ormai è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti. La società postmoderna è infatti determinata da due fattori che oggi si incontrano e si influenzano vicendevolmente. Il primo, a livello nazionale, è il grado di maturità raggiunto dalla società civile. Si tratta del compimento di quel processo iniziato già agli inizi del Novecento e che un acuto diplomatico italiano riconobbe allorché, scrivendo al suo ministro degli Esteri, il marchese di San Giuliano, disse che la democrazia stava trasformando l’opinione pubblica in un fondamento indispensabile della politica estera. Il secondo fattore è l’esistenza, a livello internazionale, di problemi che riguardano ormai la comunità mondiale nel suo insieme: il divario crescente tra Paesi ricchi e Paesi poveri, la salvaguardia dell’ambiente, il problema dell’acqua potabile per milioni di persone e la questione della desertificazione delle foreste amazzoniche, la proliferazione delle armi di distruzione di massa e il passaggio di tanti conflitti alla fase armata. Si tratta di questioni che, in sé, attengono alla politica interna ma che, tuttavia, mettono giustamente in allarme la comunità mondiale nel suo insieme. Voglio dire che il concetto di primato della politica estera, rispetto all’epoca di Bismarck, oggi ha assunto caratteristiche profondamente diverse. Lo spazio internazionale è pervaso da rapporti orizzontali e verticali che superano le frontiere esistenti. Questa situazione non può non alterare le caratteristiche di fondo della diplomazia. Oggi la diplomazia non può che essere in certo senso “democratica”, vale a dire sempre più sensibile alle istanze poste dalla società civile e dalle assemblee parlamentari, e “umanitaria”, capace cioè di considerare gli interessi di tutta la comunità mondiale presa nella sua integrità e, in modo particolare, di adoperarsi primariamente per la difesa della pace e della persona umana, salvaguardando quei beni che sono essenziali per ognuno di noi.
È possibile affermare che le linee direttrici da lei enunciate abbiano assunto valore primario nell’azione diplomatica del suo Paese?
TORKUNOV: Sì, ed è quello che oggi ha voluto ribadire il nostro ambasciatore in Italia, Alexej Meshkov. E in quest’ambito vorrei mettere in forte rilievo quanto afferma il presidente Vladimir Putin circa «l’irreversibilità della scelta fatta dalla Russia a favore della libertà» e circa la sua intenzione di consolidare le fondamenta della democrazia e della società civile. È nel quadro di questa diplomazia, che chiamerei umanitaria o della persona, che va letta l’alta considerazione del mio Paese per gli scopi che si è posta l’Onu; è in tale quadro che la Russia e gli Usa sono alleati contro il terrorismo internazionale; in quest’ambito avviene il miglioramento qualitativo dei rapporti tra la Russia e la Nato, in tale contesto si situa la nostra partnership strategica con l’Unione europea, ed in quest’ottica vanno considerati in particolare i rapporti di speciale amicizia che oggi intercorrono tra Italia e Federazione Russa.
All’interno del processo di “democratizzazione” della diplomazia è sembrato che lei auspichi una cooperazione sempre più forte delle organizzazioni non governative.
TORKUNOV: Sta profilandosi la tendenza volta a formare delle comunità di ricerca culturale e scientifica e reti di esperti dei vari ambiti del sapere che cooperano su basi transnazionali. Nella diplomazia va creandosi un insieme complesso di attività interdipendenti che crescono grazie al comune lavoro di attori pubblici e privati. La particolare complessità dell’ordine del giorno nell’ambito del negoziato multilaterale, per esempio rispetto alla salvaguardia dell’ambiente, alla questione dell’ingegneria transgenica ovvero al problema dello sviluppo stabile e sostenibile, richiede l’inserimento nel processo delle trattative dei rappresentanti del mondo della cultura, delle scienze, dell’industria, del business, nonché degli esponenti di autorevoli organizzazioni non governative.
È in quest’ambito che si inserisce il suo appello ad una sempre più stretta cooperazione tra Chiese cristiane e Stati?
TORKUNOV: Anche nelle più recenti questioni di politica internazionale le diplomazie della Chiesa cristiano-ortodossa e della Chiesa cattolica hanno svolto un ruolo straordinario. In Russia, la Chiesa cristiano-ortodossa e la diplomazia governativa hanno un legame forte, e questo legame fa sì che l’azione diplomatica sia pervasa da una maggiore moralità, oltre i pragmatismi e le logiche di potere. È ormai prassi comune che i leader della diplomazia della Federazione Russa frequentino il patriarcato. Questa è anche la chiave di lettura della recente visita del patriarca Alessio II al nostro Ministero degli Affari esteri. Il patriarca ci ha messo in guardia di fronte al pericolo particolarmente insidioso insito nelle illazioni sul presunto scontro globale di civiltà, lo scontro tra mondo musulmano e mondo cristiano.
Si tratta di un conflitto al quale, in realtà, sono interessati unicamente circoli ristretti di radicali da un lato e forze che cercano di specularvi sopra, dall’altro. La Chiesa russo-ortodossa, con la sua esperienza plurisecolare di collaborazione tra cristiani ortodossi e mondo musulmano, vuole dare il suo contributo grande e quanto mai prezioso al fine di scongiurare questo scontro di civiltà, predicando la tolleranza e assumendo l’impegno ad educare le giovani generazioni al rispetto della persona e al valore supremo della vita umana. A questo riguardo vorrei dire una parola sui rapporti tra Chiesa russo-ortodossa e Chiesa cattolica.
Il presidente Vladimir Putin con il patriarca di Mosca Alessio II e il patriarca di Antiochia Ignatius IV
TORKUNOV: Malgrado le divisioni confessionali, sul piano della diplomazia multilaterale umanitaria a livello globale, le possibilità di collaborazione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa russo-ortodossa sono enormi. Oggi può risultare decisiva l’azione comune che le due Chiese sono in grado di svolgere nell’ispirazione e nell’elaborazione di una diplomazia improntata alla difesa della persona, della pace, della solidarietà, della salvaguardia dei diritti, di beni essenziali per tutti, dunque di una diplomazia basata su quegli ideali e su quei principi comuni che costituiscono le origini cristiane dell’intero continente europeo, anche in quegli aspetti che ci potrebbero sembrare secolari ovvero neutrali rispetto alla fede in quanto tale. A questo riguardo vorrei ricordare che il forum “Ad Fontes: Alle Fonti dell’unità d’Europa: Atene, Gerusalemme, Roma, Bisanzio” che per il novembre prossimo stiamo organizzando alla Mgimo insieme alla “Associazione Sofia Idea russa Idea d’Europa”, si basa sulle idee del compianto Sergej Averintsev: cioè sulla riaffermazione dell’idea di persona quale elemento fondante l’unità culturale dei due emisferi d’Europa. È evidente, infatti, quali benefiche ricadute sul piano della concreta organizzazione sociale possa avere un’indagine multidisciplinare che miri alla riscoperta delle fonti che fanno la cultura europea, racchiuse nelle città simbolo di Atene, Gerusalemme, Roma e Bisanzio e che poi giungono alla loro sintesi nel concetto cristiano di persona. Uscire in questo modo dalla crisi d’identità culturale in cui versa l’Europa è insieme un grande contributo per una azione diplomatica che sia sempre più ispirata dalla sapienza rivelata e dalla sapienza umana. La diplomazia è un’arte, come lo è la poesia, la pittura, e così via. Ora, quali valori, quali principi ispirano l’artista nella sua produzione? Se la diplomazia, come l’arte, si lascerà ispirare dai valori più alti dell’umanesimo, questo passo potrà risultare decisivo per risolvere le grandi questioni alle quali accennavo prima.
Un’ultima domanda: cosa risponde a chi vede in questa stretta collaborazione tra Chiese e Stati il riproporsi dell’antico legame fra trono e altare?
TORKUNOV: Rispondo che si tratta esattamente del contrario. L’idea non è quella che la politica faccia religione, o che la religione faccia politica. Si tratta, all’opposto, di adoperarsi insieme affinché nessun conflitto assuma colore religioso e di improntare insieme l’impegno diplomatico quotidiano a una politica basata non primariamente sul puro pragmatismo e sulle logiche di potere, ma sul dialogo e sul rispetto della persona, una politica che risparmi a tutti i popoli sofferenza e povertà.