Con occhi semplici
«Lo sguardo fisso al Signore, fonte di amore, di comprensione dei limiti umani, promessa di perdono, sorgente di speranza». Un ricordo di papa Luciani scritto da un vescovo amico
di Maffeo Giovanni Ducoli
Sopra, Albino Luciani amministra la comunione ad alcuni bambini durante la prima messa da vescovo nel suo paese natale; sotto, Giovanni Paolo I con monsignor Maffeo Giovanni Ducoli
Durante gli anni del mio episcopato a Belluno mi sono giunte migliaia di richieste di introdurre il processo di beatificazione di papa Luciani. Trecento vescovi del Brasile chiesero alla Congregazione delle cause dei santi di prendere in considerazione la proposta. Anch’io feci passi in questo senso. Mi venne risposto che conveniva attendere, anche perché erano già in esame i processi riguardanti quattro papi – Pio IX, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI – e che , per giunta, era già stato dichiarato santo Pio X.
Morto Paolo VI ho subito pensato al cardinale Luciani come suo successore e ho espresso questo mio pensiero agli amici, spinto dalla grande stima che avevo per lui e dalla fraterna amicizia che ci legava (testimoniata tra l’altro da una bellissima fotografia, scattata quando mi vide la prima volta dopo la sua elezione a sommo pontefice, in cui mi accarezza con grande affetto, come fossi un figlio).
Albino Luciani ebbe una fanciullezza e una giovinezza difficili: povertà e malattie sostenute però con grande fede testimoniata da mamma Bortola che fu per lui un faro di luce. Di lei, Luciani conservava devotamente una fotografia che fu trovata nel suo portafoglio dopo la morte.
Caratteristiche della spiritualità del cardinale Luciani furono l’umiltà e l’esercizio delle virtù espresso con semplicità e bontà di tratto, pur possedendo egli un carattere volitivo e talvolta forte, che non scendeva a compromessi quando si trattava di problemi di fede o di morale. Il suo sorriso era segno di gioia interiore, non di debolezza di carattere; da buon montanaro, ciò che voleva, lo sosteneva fermamente. «La gioia» disse «non si può nascondere, va espressa. Il cristiano fa apostolato anche quando manifesta gioia». È divenuto il “Papa del sorriso” non perché salì sulla Cattedra di san Pietro alla quale non aveva mai aspirato. «Per me non c’è nessun pericolo», scrisse alla nipote Pia alla vigilia del conclave.
Il suo sguardo era fisso nel Signore col quale intratteneva prolungati colloqui e che riteneva fonte di amore, di comprensione dei limiti umani, promessa di perdono, sorgente di speranza e di fiducia nella divina Provvidenza.
Il cardinale Luciani aveva anche una solida cultura ed è stato un grande catechista. Ricordo che durante il periodo di Sede vacante un cardinale mi chiese: «Tu cosa pensi del cardinale Luciani?». Risposi: «Se lo fate papa, i discorsi alle udienze generali del mercoledì saranno catechesi semplicissima, stupenda». Così è stato nei 33 giorni del suo pontificato.
Già nel 1939 aveva pubblicato un volumetto, Catechetica in briciole, che ebbe molto successo e venne tradotto anche in spagnolo. Fu un catechista che “sbriciolava” – con un linguaggio popolare, facile, chiaro, ricco di ricordi, di spunti storici e letterari, con esempi perfino faceti – le verità della fede cristiana, anche le più impegnative, e così riusciva a “inchiodarle” nella memoria degli uditori, come, ad esempio, questa: «La vita è effimera come un lampo». Era un piacere ascoltarlo per la semplicità e l’arguzia che caratterizzavano ogni suo discorso. Aveva una voce flebile che lo costringeva a parlare lentamente, sillabando bene le parole. Questo permetteva di capire ancor meglio i suoi pensieri che peraltro erano sempre chiari, anche quando affrontava temi difficili.
Don Francesco Taffarel, già suo segretario a Vittorio Veneto, sta raccogliendo, in un volume di prossima pubblicazione, gli aneddoti del “Luciani minore” che lo pongono in cattedra come grande catechista. Ci fu chi, ascoltando le esortazioni e omelie offerte con semplicità sconcertante, lo ritenne di scarsa cultura. Niente di più errato, come appare chiaramente a chi scorre le pagine dei dieci volumi dell’Opera omnia pubblicati dal Messaggero di Padova. Nel seminario di Belluno fu apprezzato docente di teologia, filosofia, storia, diritto canonico, patristica, arte. Aveva una memoria eccezionale; citava passi e pagine intere di letteratura, anche latina, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Tre giorni prima di morire mi invitò a cena. Era presente solo il segretario, don Diego. Durante il colloquio feci cenno al suo volume Illustrissimi (best seller in quell’anno) in cui cita ampiamente dati personali dei personaggi storici ai quali aveva indirizzato le lettere, pubblicate sul Gazzettino di Venezia e poi dal Messaggero di Padova, rivelando una grande cultura, nonché doti di eminente giornalista. Io gli chiesi se aveva un ampio e dettagliato schedario a cui attingere. Mi rispose che quando leggeva un libro, annotava i passi più interessanti e, anche a distanza di tempo, ricordava ciò che aveva letto e dove lo aveva letto. Aggiunse: «Ora la memoria non è più quella di una volta». Ma era ancora tanta da permettergli di predicare senza avere in mano uno scritto.
Il 23 novembre 2003, presso la cattedrale di Belluno, è stato introdotto il processo di beatificazione di Giovanni Paolo I. Il cardinale José Saraiva Martins e monsignor Vincenzo Savio, allora vescovo di Belluno-Feltre, scomparso il 31 marzo 2004, salutano Edoardo, fratello di papa Luciani al termine della cerimonia
Altro episodio. Tre giorni prima della sua improvvisa morte, sono a Roma e chiedo per telefono a don Diego se posso incontrarmi con lui. Risposta: «Attenda un momento». Dopo qualche secondo: «Dice il Papa se questa sera può venire a cena da noi». Immaginate la mia emozione. Fu un incontro caratterizzato da grande affetto: prima un colloquio intimo in cui parlammo anche di alcuni problemi della diocesi di Belluno-Feltre; poi, cena frugalissima, presente soltanto il segretario, con riferimenti e ricordi a fatti passati, bellissimi. Mi congedo dal Papa e don Diego mi accompagna all’ascensore. Mentre stiamo attendendo, mi sento prendere alle spalle, mi volto, è il Papa che mi dice: «Venga con me». Mi accompagna in cucina: «Saluti le suore che hanno preparato la cena». L’ultima parola. Lo rividi dopo qualche giorno nella Sala Clementina disteso sul catafalco. Piansi tanto.
La devozione per papa Luciani, in questi ultimi tempi, va aumentando. La dottoressa Margaret Tierney, irlandese con cui sono in contatto epistolare, e il parroco di San Benedetto in Valdonega (parrocchia della diocesi di Verona), hanno aperto un sito per raccogliere notizie e promuovere la causa di beatificazione.
Negli Stati Uniti le monache carmelitane di Flemington sono molto devote di papa Luciani, e la priora ha pubblicato una bellissima biografia, The smiling Pope, tradotta in italiano e tedesco. Le suore ora stanno curando l’edizione inglese del volume Il Samaritano, corso di esercizi spirituali tenuto dal vescovo Luciani a Vittorio Veneto, e altre opere.
Ancora negli Usa, dieci anni fa, è sorto un gruppo chiamato “The missionary servants of pope John Paul I” che pubblica in inglese una rivista, Humilitas, con testi di Luciani, e opera in suo nome ad Haiti a favore dei poveri.
Molte nuove biografie stanno circolando in questi giorni in Italia. Bellissima l’intervista della giornalista Stefania Falasca alla sorella di papa Luciani, Nina, pubblicata da 30Giorni col titolo Mio fratello Albino.
Ho infine appreso, con grande piacere, che a Venezia, ammiratori del cardinale Luciani, hanno costituito, presso la chiesa di Santa Maria del Giglio, un comitato per la canonizzazione di Giovanni Paolo I; e che a Cadoneghe (Padova), il gruppo “Amici di papa Luciani” sta operando molto bene in contatto col vicepostulatore della causa monsignor Giorgio Lise, presidente del Centro di spiritualità e di cultura “Papa Luciani” a Santa Giustina Bellunese.
Anche recentemente ho ricevuto richieste di immagini e ricordi di Giovanni Paolo I da varie parti d’Italia e dal Canada. Una persona, impegnata in politica ad alto livello, mi ha detto di avere letto tutti i discorsi e le omelie di Albino Luciani contenuti nell’Opera omnia e che è stato edificato dalla sua dottrina e spiritualità; lo ritiene un santo.
Govanni Paolo II, in più occasioni, ha manifestato grande devozione per il predecessore, in particolare quando ha visitato Canale d’Agordo il 26 agosto 1979, anniversario dell’elezione alla Cattedra di Pietro. È stato il primo pellegrinaggio ufficiale del suo pontificato. In quell’occasione ha benedetto la statua di Maria Regina delle Dolomiti, posta a Punta Penia, in Marmolada, in un momento di tempesta di neve. La celebrazione della messa si teneva a Canale, sotto una scrosciante pioggia, e nel pomeriggio nello stadio di Belluno.
La nostra diocesi ha espresso la venerazione a Giovanni Paolo I dedicando a lui le nuove artistiche porte di bronzo della Cattedrale, eretta a Basilica minore “motu proprio” dal Papa; ha istituito il Centro di spiritualità e cultura a lui dedicato in Santa Giustina Bellunese come monumento all’insigne catechista; e ha costruito una Casa per incontri pastorali nella diocesi di Grand Bassan, in Costa d’Avorio.
Mi auguro che questo mio scritto possa servire a far riemergere sempre meglio la santità di vita del “Papa del sorriso”, che prego ogni giorno, domandando la sua intercessione per la Chiesa che ha fedelmente servito e tanto amato.