Vent’anni dopo l’Accordo di revisione del Concordato
Indipendenti ma collaborativi
Alcune riflessioni del vescovo emerito della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro su come si arrivò alla storica firma del febbraio 1984. E sui frutti concreti di quell’accordo
di Giovanni D’Ascenzi
Il cardinale Agostino Casaroli e Bettino Craxi si scambiano le penne dopo aver firmato la revisione del Concordato fra Italia e Santa Sede, Città del Vaticano,18 febbraio 1984
Una sintesi felice di questi documenti è stata espressa da Paolo VI il 20 gennaio 1970: «Non crediate che, venendo la Chiesa a confronto con la società civile, da questa si separi o a questa si opponga, o in questa infonda la sua animazione per dominarla, o, accordandosi con essa, le voglia ancor oggi concedere, o chiedere privilegi, e non piuttosto, priva ormai di temporale potenza, né ambiziosa di ricuperare il peso e il vantaggio, che ella altro desideri se non che effettivamente le sia assicurato il libero esercizio della sua spirituale e morale missione, mediante eque, leali e stabili delimitazione delle rispettive competenze».
Da notare che il ricorso al Concordato è uno strumento che la Chiesa cattolica non ha mai giudicato superato. Il nuovo Codice di Diritto canonico, ad esempio, lo prevede anche nella figura giuridica del legato del romano pontefice, quando «esercita contemporaneamente una legazione presso gli Stati, secondo le norme del diritto internazionale» e precisamente quando deve «affrontare le questioni che riguardano i rapporti tra Chiesa e Stato» e «trattare in modo particolare la stipulazione e l’attuazione dei concordati e delle altre convenzioni similari» (can. 365 § 2).
Dal canto suo, la Costituzione della Repubblica del 1947, che non poteva ignorare il Concordato stipulato l’11 febbraio 1929 dalla Santa Sede e dallo Stato italiano, e allo stesso tempo non poteva accettarlo senza riserve in quanto il governo italiano dell’epoca non poteva essere riconosciuto come espressione libera e democratica del popolo italiano, nell’articolo 7 della Costituzione recepisce i Patti lateranensi, ma allo stesso tempo prevede le modificazioni degli stessi. Il che è avvenuto proprio il 18 febbraio 1984 nell’Accordo di revisione del Concordato, nel quale lo Stato e la Chiesa si riconoscono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, ma al tempo stesso si impegnano a collaborare per la promozione dell’uomo e per il bene del Paese. A venti anni di distanza è ancora utile ricordare l’ampia maggioranza che in Parlamento si manifestò favorevole. Alla Camera dei deputati ci furono 338 voti favorevoli, 67 voti contrari e 30 astenuti.
La cerimonia della firma della revisione del Concordato a Villa Madama
Eppure un anno dopo, nel convegno intitolato “Concordato 1984: premesse e prospettive”, il professor Gennaro Acquaviva, allora consigliere politico del presidente del Consiglio Bettino Craxi, lamentò lo scarsissimo rilievo che l’Accordo di revisione del Concordato aveva avuto nell’opinione pubblica cattolica e non cattolica, e si domandò perché fosse accaduto ciò. Eppure era stata una svolta significativa nei rapporti tra Stato e Chiesa nel nostro Paese. Acquaviva citò le parole pronunciate, nell’atto della firma, dall’onorevole Craxi: «Il nuovo Concordato parla il linguaggio della Costituzione, sanando antiche contraddizioni»; e quelle del cardinale segretario di Stato, Agostino Casaroli: «Il nuovo Concordato è strumento di concordia e non di privilegio, in cui confluiscono tutte le tensioni ideali, avviate con il Concilio ecumenico Vaticano II nel dialogo tra i valori propri dei credenti e della laicità».
In verità l’importanza dell’Accordo di revisione del Concordato per la Chiesa cattolica non si esauriva nelle parole dell’articolo 1 già citato. Particolare rilievo, infatti, è da dare all’articolo 2, in cui il nuovo Concordato riconosce alla Chiesa cattolica «la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione». Qui viene assicurata la reciproca libertà di comunicazione fra la Santa Sede, la Conferenza episcopale italiana e le Conferenze episcopali regionali. Segue anche il riconoscimento delle iniziative e delle attività dei cattolici organizzati in associazioni. All’intesa raggiunta nell’Accordo di revisione del Concordato, quindi, si deve il mantenimento dell’insegnamento della religione nella scuola pubblica e la possibilità, da parte dei cittadini, di devolvere alla Chiesa cattolica l’otto per mille del gettito Irpef.
La Costituzione italiana e il Concilio Vaticano II sono i due eventi storici che hanno reso possibile il nuovo rapporto tra Chiesa e Stato sancito nell’84, scrive D’Ascenzi. Sopra, l’Assemblea costituente; sotto, Paolo VI al Concilio Vaticano II
Possiamo concludere che l’intesa tra l’Italia e la Santa Sede, sottoscritta il 18 febbraio 1984, non è stata sterile, anzi ha favorito una feconda, concreta e crescente collaborazione in diversi settori. La diffidenza del mondo laico verso la Chiesa cattolica si è attenuata. Un segno positivo si è potuto leggere nel comportamento dei parlamentari in sede di votazioni.
Ancor più significativa è stata la crescente adesione del popolo italiano nel destinare a favore della Chiesa cattolica l’otto per mille nella denuncia dei redditi. Questo comportamento può essere interpretato come segno di fiducia verso la Chiesa cattolica italiana, che destina una consistente parte di questi fondi a sostegno dello sviluppo dei popoli del Terzo mondo.