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PALAZZO DI VETRO
tratto dal n. 06 - 2004

Risoluzione “vaticana”


L’Assemblea generale ha consolidato e migliorato lo status di cui gode la Santa Sede. In uno spirito democratico e costruttivo



L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato il 1° luglio un’importante Risoluzione che conferma e migliora lo statuto di cui gode la Santa Sede come osservatore permanente (vedi box).
Giovanni Paolo II con Kofi Annan, il 18 febbraio 2003

Giovanni Paolo II con Kofi Annan, il 18 febbraio 2003

Che cosa significa questa Risoluzione? Secondo monsignor Celestino Migliore – che oggi guida la missione vaticana al Palazzo di Vetro – essa è la formalizzazione di uno statuto di cui la missione permanente della Santa Sede godeva già in pratica da quarant’anni. La Santa Sede, infatti, fin dal momento dell’apertura della missione permanente è stata invitata a partecipare ai lavori dell’Assemblea generale e lo ha fatto condividendo con altri Paesi quella che era la procedura, non scritta, riservata agli osservatori. Tale procedura comporta, tuttavia, alcune modalità che non facilitano un’adeguata partecipazione. Tra le altre, la necessità di ottenere luce verde da parte dei gruppi regionali per ogni intervento; l’impossibilità di far circolare documenti propri come documenti di lavoro dell’Assemblea generale; la mancanza di un diritto di risposta a quegli interventi che eventualmente avessero fatto riferimento alla Santa Sede. Con questa Risoluzione vengono appianate tutte queste asperità.
È evidente l’importanza dell’Assemblea generale per la Santa Sede. L’Assemblea generale occupa un posto preminente tra i sei maggiori organi dell’Onu. Infatti, è l’unico ambito nel quale tutti i Paesi membri sono rappresentati e hanno un voto alla pari, indipendentemente dalla loro grandezza geografica o demografica. Essa si occupa di tutte le questioni all’ordine del giorno dell’Organizzazione e le tratta secondo una ripartizione tematica in sei Comitati generali. Inoltre, offre ai governi di tutto il mondo un foro privilegiato per lo scambio di idee e di informazioni e per una concertazione diplomatica, utile soprattutto per quei Paesi che non intrattengono relazioni diplomatiche o che si trovano in conflitto. In poche parole, l’Assemblea generale è paragonabile ad un moderno Areopago nel quale si intrecciano idee, proposte, informazioni (e si matura un consenso), cose che in poco tempo fanno il giro del mondo. La Santa Sede – interessata a seguire e partecipare ai lavori dell’Onu più nel suo aspetto di tribuna mondiale che non in quello di seggio della global governance – nutre ovviamente un grande interesse per l’Assemblea generale ed è naturale che abbia voluto fissare anche per iscritto e con l’assenso e l’appoggio della comunità internazionale quelle che sono le modalità di una partecipazione snella ed efficace ai lavori di questo organo.
Se tale è l’importanza dell’Assemblea generale per la Santa Sede, è significativo notare che non si è cercato lo statuto di membro a pieno titolo. Monsignor Migliore fa notare infatti che la Santa Sede, quale soggetto sovrano di diritto internazionale con una fisionomia propria e specifica, ha certamente interesse a mantenere una presenza attiva ed efficace nell’ambito delle Nazioni Unite, per quanto attiene al diritto di parola riconosciuto agli Stati non membri dell’Onu. Mentre, inevitabilmente, il diritto di voto e pertanto l’appartenenza a pieno titolo, la impegnerebbe in modo diretto in questioni di ordine politico, militare ed economico che esulano dalle sue finalità. La Santa Sede, volendo esplicare la propria attività internazionale in relazione ai suoi obiettivi, che sono precipuamente di carattere religioso e morale, apprezza la possibilità di essere presente e attiva nell’ambito della famiglia delle nazioni, di esprimere il proprio punto di vista sulle varie tematiche all’ordine del giorno e di contribuire così al dibattito internazionale e alla formazione del consenso e della volontà comune degli Stati.
Ci si è chiesti più volte perché questa Risoluzione viene introdotta solo oggi e perché ciò non accadde invece al momento dell’adesione della Santa Sede all’Onu in qualità di osservatore permanente. La risposta è semplicemente che allora sussistevano condizioni differenti da oggi. Agli inizi, il club degli Stati osservatori contava ben sedici membri, e negli ultimi tempi, fino al 2001, la Santa Sede è stata in compagnia della Svizzera. Tutti questi Paesi miravano ad una piena appartenenza e non avevano interesse a consolidare il proprio statuto di osservatori; anzi, la cosa avrebbe anche potuto lanciare segnali sbagliati sia alla comunità nazionale che a quella internazionale, come se essi intendessero adottare per sempre lo statuto di osservatori. Ora, invece, almeno per il momento, la Santa Sede è il solo membro del club degli osservatori con carattere statuale e può agire in questo senso senza creare alcun disagio o la necessità di dare spiegazioni a qualche altro Stato.
Molti si chiedono se dopo questo passo la Santa Sede si precluderà l’adesione a pieno titolo all’Onu. Né lo spirito né la lettera della Risoluzione in oggetto lasciano trasparire questa ipotesi, fa intendere monsignor Migliore. Il senso di questo passo viene, invece, chiaramente espresso nell’ultimo “considerando” del preambolo della Risoluzione nel quale si afferma che, nel contesto della rivitalizzazione dei lavori dell’Assemblea generale, la Santa Sede desidera offrire il proprio contributo con appropriate modalità di partecipazione.
L’acquisizione dello status di membro delle Nazioni Unite, per gli Stati che vi aderiscono dopo l’entrata in vigore dello Statuto, è disciplinato dall’articolo 4 della Carta dell’Onu. Le condizioni vertono sulla soggettività internazionale statale e sul soddisfacimento di alcuni requisiti come l’essere uno Stato amante della pace, accettare gli obblighi derivanti dallo Statuto ed essere capace di adempiere tali obblighi e disposto a farlo. Di conseguenza, a un attento esame, non si vedono preclusioni da parte del diritto internazionale per una piena adesione della Santa Sede all’Onu. Si tratta piuttosto di una valutazione di convenienza che deve tenere conto di tanti aspetti, primo fra tutti la missione precipuamente spirituale e morale della Santa Sede.
Nei mesi scorsi, nei mass media italiani, qualcuno ha espresso preoccupazione per la procedura “riservatissima”, per non dire “segreta”, che ha portato a questa Risoluzione. Si tratta, ovviamente, di disinformazione bella e buona, sostengono in Vaticano. La procedura definita dall’Onu per tali questioni non prevede infatti alcun annuncio pubblicitario, né dibattito pubblico. Piuttosto, richiede la previa informazione e concertazione con i dirigenti e gli uffici legali dell’Organizzazione; la circolazione di un progetto di Risoluzione fra tutti i 191 Stati membri al fine di verificare se la questione può essere introdotta direttamente alla considerazione della plenaria o se necessita di forme previe di dibattito o di negoziazione; infine la registrazione all’ordine del giorno di una seduta plenaria dell’Assemblea generale. Tutte le fasi sopradescritte sono state rispettate, sicché entro il 20 aprile già tutte le missioni permanenti e, pertanto, le rispettive cancellerie, erano a perfetta conoscenza dell’iniziativa e dei suoi termini. Grazie anche alla “facilitazione” – una procedura che all’Onu viene usata per tutte le Risoluzioni – affidata dal presidente dell’Assemblea generale al rappresentante d’Italia, il testo della Risoluzione ha ottenuto l’approvazione e in molti casi un esplicito e compiaciuto appoggio da parte dei Paesi membri.
Monsignor Migliore confessa di aver portato avanti l’iniziativa con grande soddisfazione, perché, nel contatto diretto con i dirigenti dell’Onu e con i rappresentanti dei Paesi membri, ha ricevuto molte attestazioni di apprezzamento e di appoggio per il contributo che il Papa e la Santa Sede stanno dando alla causa della pace e della cura per l’intera umanità. Ovviamente, nel dibattito, si è cercato spesso di illustrare o mettere meglio in chiaro alcuni passaggi della Risoluzione dal punto di vista per lo più procedurale e giuridico. Ma non si sono registrate insormontabili riserve, timori o esitazioni di carattere ideologico.
Nessuno dimentica che nel passato recente ci sono state iniziative e anche raccolte di firme per contrastare la presenza della Santa Sede nell’Onu. A iniziativa di alcuni gruppi, privati o Ong, si è cercato nel passato e si tenta ancora oggi, periodicamente, di contrastare la presenza istituzionalizzata della Santa Sede nell’Onu e negli organismi internazionali in genere. Tale iniziativa viene portata avanti su presupposti per lo più ideologici da gruppi di interesse contrari alle convinzioni e alle posizioni che la Santa Sede mantiene su questioni attinenti alla vita. Ora, lo status di membro o di osservatore all’Onu viene regolato su argomenti di carattere giuridico e non ideologico. Ed è giusto che sia così. Questa è una garanzia democratica che permette la partecipazione al dibattito a tutti i membri della comunità internazionale che possono avere e spesso hanno interessi e posizioni divergenti, ma che si riuniscono a dibattere e negoziare proprio per comporre pacificamente e nell’interesse del bene comune le divergenze e differenze. La Risoluzione è motivata unicamente dal desiderio di consolidare la partecipazione della Santa Sede a questo dibattito in uno spirito democratico e costruttivo, che è inclusivo e non esclusivo.
Se si chiede quale impatto avrà questa Risoluzione nel tipo di presenza e di attività della Santa Sede all’Onu, la risposta è che la Santa Sede continuerà ad offrire il suo contributo al dibattito internazionale con maggiore snellezza di procedure e, sicuramente, anche con un esplicito sostegno dei Paesi membri che le viene dall’essere ora dotata di una precisa carta di diritti di partecipazione.
Infine, come tradurre la natura particolare della Santa Sede in una attività specifica in seno all’Onu? Quando si dice che la natura e la missione della Santa Sede sono precipuamente di ordine spirituale, ne deriva che la sua attività tende a sottolineare una particolare visione della persona e quindi della società umana che non è separata dalla trascendenza: e questa convinzione ha un chiaro impatto su ogni discorso concernente i diritti umani, lo sviluppo, la giustizia sociale e internazionale, la pace e la guerra, la coesistenza tra i popoli, la libertà religiosa. La sua natura universale, che non conosce frontiere nazionali, mantiene la Santa Sede impegnata non solo sui fronti più caldi della scena internazionale, ma su tutte le situazioni critiche, e in particolare su quelle più facilmente dimenticate, perché prive di forti interessi economici, politici o strategici. Infine, la sua natura etica ed umanitaria la porta a mettere al centro delle sue preoccupazioni ed azioni non tanto le istituzioni, i sistemi politici o sociali, gli interessi strategici, ma la persona umana e, in uno snodarsi di cerchi concentrici, le prime comunità, che sono la famiglia, la scuola, il lavoro, gli ambienti di socializzazione, fino alle comunità locali, a quelle nazionali e poi all’ambito internazionale.

(A cura di Giovanni Cubeddu)


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