Paolo VI in visita all’Assemblea generale dell’Onu il 4 ottobre 1965
La Santa Sede è divenuta osservatore permanente alle
Nazioni Unite il 6 aprile 1964 e da allora è stata sempre invitata a
partecipare a tutte le sessioni dell’Assemblea generale dell’Onu. Essa è parte
di molte tra le più importanti convenzioni internazionali, è membro di molti
enti sussidiari, agenzie ed enti intergovernativi dell’Onu, e partecipa
attivamente come osservatore a numerose agenzie specializzate (Fao, Oil, Omt,
Unesco, Omc, Osce, ecc)e alle
organizzazioni intergovernative regionali come, ad esempio, l’Organizzazione
degli Stati americani e l’Unione africana. Il Consiglio economico e sociale
dell’Onu (Ecosoc) già nel 1997 ha raccomandato la partecipazione della Santa
Sede ai lavori delle commissioni regionali (peraltro la Santa Sede contribuisce
finanziariamente all’amministrazione generale del Palazzo di Vetro). D’altronde
è anche nell’interesse delle Nazioni Unite favorire la maggiore partecipazione
degli Stati ai suoi lavori e dunque anche la collaborazione della Santa Sede,
secondo precisi diritti e doveri. Quanto detto sinora relativamente alla
partecipazione della Santa Sede ai lavori dell’Onu è riportato dalla
Risoluzione (dal titolo “Partecipazione della Santa Sede ai lavori dell’Onu”)
che l’Assemblea generale ha adottato il 1° luglio e che dà finalmente maggiore
solidità formale alla presenza e all’azione vaticana nello scenario
multilaterale. La conferma dello statuto di osservatore permanente ad opera dei
191 Paesi membri delle Nazioni Unite e l’attribuzione di una nuova lista di
diritti e facoltà propri dei Paesi membri sono certamente migliorative rispetto
allo statuto precedente della Santa Sede e non presentano neppure i rischi e le
inopportunità di una membership piena: s’immagini ad esempio la Santa Sede membro a rotazione del Consiglio
di sicurezza… o, senza arrivare a tanto, pensiamo a che cosa potrebbe accadere
se la Santa Sede dovesse votare come ogni membro dell’Onu su temi come la Terra
Santa, l’Iraq, o su allocazioni finanziarie per il fu nzionamento di qualche
missione di peacekeeping
in aree di crisi con forti connotazioni religiose. (Un particolare: lo statuto
di osservatore non prevede il diritto al voto, e, pertanto, alla Santa Sede non
verrà accordato il diritto di votare o proporre dei candidati in Assemblea
generale). Se il voto positivo dell’Assemblea rafforza la presenza della Santa
Sede nelle Nazioni Unite – conferendole il consenso e rinnovandole il
riconoscimento dei 191 Paesi membri dell’Onu –, esso prima di tutto faciliterà
il proficuo esercizio della sua solerzia e della carità su temi che riguardano
i diritti umani, la povertà e lo sviluppo, la giustizia e la libertà non solo
religiosa e, nel mondo di oggi, soprattutto la pace e la guerra. G.C.