Degas, la magia dei pastelli
Centosettanta opere dell’artista francese in mostra a Roma nel Complesso del Vittoriano dal 2 ottobre 2004 al 1° febbraio 2005
di Carlo Montarsolo
Tre ballerine nella classe di danza, Edgar Degas, Brisbane, Queensland Art Gallery
Sono da vedere in mostra le 73 sculture provenienti dal Museu de Arte di San Paolo del Brasile. Collocate tutte insieme in vetrina, in una sala con vista sui Fori, testimoniano il multiforme ingegno di Degas.
Inoltre egli sperimentò negli anni della maturità la fotografia, procurandosi un apparecchio a lastre con il quale ritrasse contadini e amici, e arrivò a farsi un autoritratto parodiando l’Apoteosi di Omero di Ingres. Degas era anche, come dissero i suoi contemporanei, un “geniale buontempone” che amava ironizzare su sé stesso.
Raggiunse straordinari livelli di maestria nella tecnica del pastello. Proprio per le continue e ossessive sperimentazioni di metodi per “umidificare” e “fissare” i pastelli su speciali cartoncini che lui stesso preparava con vernici e colle particolari, si può affermare che Degas abbia inventato quella tecnica e che sia stato il più grande pastellista della pittura moderna. Ricordo che all’inizio della mia esperienza in pittura imparai a usare il pastello presso un ricco signore vesuviano il quale consentì che adoperassi la collezione di pastelli che aveva acquistato presso la famosa Ditta Lefranc, a Parigi. Degas fruiva di questi pastelli molto compatti malgrado la materia fragile del gesso colorato.
Provo a specificare che cosa sono i pastelli. Si tratta di piccoli cilindri arrotondati, dei veri e propri gessetti con centinaia di toni e colori diversi: dal bianco al nero, le “terre” bruciate e naturali, i grigi, le ocre, il verde smeraldo e veronese, il blu indaco e oltremare. A differenza dei pastelli a olio confezionati più tardi, Degas dipingeva esclusivamente con quelli a gesso, premendoli con le dita sul cartoncino e sfumandoli con la mano o con una morbida pezzuola. Con questa tecnica otteneva esiti pittorici stupefacenti, specialmente quando ritraeva l’incarnato delle modelle nude (si guardino la Giovane donna nella tinozza o che si asciuga i capelli). Dotato di una sintesi disegnativa impeccabile, rendeva in pittura la morbida e vellutata grazia del sembiante, delle spalle, delle braccia delle figure femminili, superando con i pastelli lo stesso incarnato dipinto ad olio da Renoir. Forse nessun pittore del Rinascimento aveva mai raggiunto una così alta e reale resa pittorica della pelle, quel colore roseo, vivo, della persona giovane e sana.
Esorto gli amici che visiteranno la mostra a soffermarsi sulle opere dipinte a pastello, per fortuna intatte nel tempo malgrado la precaria polverosa materia del gesso. I dipinti sono stati adeguatamente protetti dal fissaggio, e da vetrine e luci particolari.
Nel contrasto con il marmo del Vittoriano e con la pietra levigata dei Fori imperiali, i pastelli di Edgar Degas appaiono magici e si illuminano anch’essi di eterno.