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CONVEGNI
tratto dal n. 12 - 2004

L’islam tra eternità e storia


Una giornata di studio organizzata dall’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente dedicata alle origini del fondamentalismo islamico. Il parere di due dei relatori, Alberto Ventura e Khaled Fouad Allam


di Tommaso Marrone


Pellegrini a La Mecca, Arabia Saudita

Pellegrini a La Mecca, Arabia Saudita

Comprendere le radici del fenomeno fondamentalista e radicale alla luce della crisi contemporanea del mondo islamico, sempre più in difficoltà di fronte ai processi di modernizzazione politica e culturale; estirpare un odio che sembra essere anche frutto di un’insofferenza verso la pressione esercitata dall’Occidente sulle zone del Terzo mondo a maggioranza musulmana. Di questo e di molto altro si è parlato lo scorso 14 dicembre durante la Giornata di studio sul fondamentalismo islamico organizzata dall’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. Un’occasione di confronto e dibattito tra alcuni dei maggiori esperti di materie islamiche presenti nel nostro panorama culturale.
Sulle radici storiche del fenomeno, particolarmente incisivo l’intervento del professor Alberto Ventura dell’Università di Napoli: «Pur rilevando che negli ultimi anni la conoscenza dell’islam in Italia si è decisamente approfondita, le nostre analisi e proposte restano lacunose. È importante oggi capire come una parte dell’islam abbia perso quella capacità di riflettere su sé stessa e sui testi sacri, a volte anche in maniera critica, che proprio per questo rendeva l’islam più capace di altri di vivere la storia». Spiega Ventura: «Il pensiero islamico in passato ha dato vita a molti studi sulle scritture sacre. I grandi manuali di scienze coraniche sono pieni di valutazioni critiche sul testo. Si dovevano capire le cause della rivelazione senza atteggiamenti puritani. Allora studiare e interpretare non era allontanarsi dalla volontà di Dio. Oggi si è infiltrato nell’islam una sorta di purismo, di rigorismo distorto che si sbarazza di secoli di scienze ermeneutiche e legge le scritture decontestualizzandole totalmente». Per Ventura, «di fronte all’allarme terroristico di matrice islamica, si è sempre più portati a immaginare che esista una contrapposizione tra due anime dell’islam, tra due antitetiche visioni religiose: una moderata e una radicale. Ma in realtà l’unica differenza tra loro è l’intensità. Entrambe, comunque, non accettano più la loro storia».
Alberto Ventura: «È importante oggi capire come una parte dell’islam abbia perso quella capacità di riflettere su sé stessa e sui testi sacri, a volte anche in maniera critica, che proprio per questo rendeva l’islam più capace di altri di vivere la storia»
Sul futuro, il professor Ventura appare quantomeno possibilista, auspicando una riscoperta delle tradizioni, della storia antica, che allo stato attuale delle cose sembra quanto mai necessaria. «Un luogo ideale dove questa speranza sembra sopravvivere è rappresentato dalle “confraternite”. Lì è ancora presente l’islam tradizionale antico, rigoroso ma non rigorista. Può essere questo l’antidoto. Per altro, nel passato, si mirava a tenere ben distinte la religione e la politica, cosa che oggi in molti casi non avviene».
Ma perché sono iniziate a cambiare le cose? «Occorre fare un salto nel passato», precisa Ventura, «e risalire alla fine dell’Impero ottomano, forse l’ultimo grande antidoto al fondamentalismo. L’origine potrebbe essere ricercata nei primi gruppi fondamentalisti, pronti a infrangere quella tendenza dell’ortodossia islamica che giudicava quasi impossibile la scomunica tra musulmani. In passato, infatti, poteva essere rilevato un errore dogmatico, o un errore di interpretazione dottrinale. Ma non si poteva pretendere di interpretare la fede interiore di una persona dal suo comportamento. I primi a infrangere le “tradizioni” sono stati i wahhabiti, appartenenti al movimento dell’islam fondato nel XVIII secolo da Mohammad ben Abd al-Wahhab, in Arabia Saudita, che si proponeva di riportare l’islam alla purezza originaria».
Come non parlare, poi, del fenomeno dei kamikaze divenuto tragicamente attuale negli ultimi decenni? «Proprio il tema della violenza suicida ha definitivamente spaccato l’ideologia interna dell’islam. Gli ultimi due decenni del XX secolo sono stati contraddistinti dalla lotta tra moderati e radicali e da un neofondamentalismo senza più motivazioni precise, neanche politiche. Esso persegue solo una sorta di reislamizzazione del tutto distorta».
Un combattente nel deserto del Darfur, Sudan

Un combattente nel deserto del Darfur, Sudan

Per il professor Khaled Fouad Allam, dell’Università di Trieste, la questione nasce da una carenza di basi culturali che ha accompagnato la nascita degli Stati moderni nel mondo islamico.
«Sarebbe importante analizzare l’origine dello Stato attraverso gli occhi e le usanze di queste comunità poste al di fuori dei processi storici mondiali per un lungo periodo. Il fenomeno fondamentalista, in forte contrapposizione anche con l’idea di Stato islamico moderato, ci offre l’occasione di analizzare l’islam da un altro punto di vista. Noi spesso commettiamo l’errore di privilegiare nelle nostre analisi sull’islam il corpo dei suoi testi. Così si riduce la complessità di un’intera società a ciò che dicono o non dicono i suoi testi sacri. Ma la rivelazione si incarna in una società umana, in un immaginario collettivo. Spesso si dimentica chi sono oggi i musulmani, le loro gioie, le loro paure, il loro difficile rapporto col mondo».
Fouad Allam aggiunge che è indispensabile renderci conto di come tra gli islamici, a motivo della forte difficoltà nel trovare un punto di incontro equilibrato tra logica storica e logica religiosa, sia attualmente molto complicato giungere a una definizione del concetto di Stato.
Khaled Fouad Allam: «Il problema centrale dell’islam contemporaneo è comprendere che cosa sia lo Stato. [...] Negli ultimi decenni il radicalismo islamico è arrivato a sostituire la logica marxista e terzomondista attraverso il fondamentalismo»
«Il problema centrale dell’islam contemporaneo è comprendere che cosa sia lo Stato. Soprattutto per quanto riguarda l’islam sunnita. Perché lo Stato fa paura? Perché può far morire la religione. La logica d’eternità si trova accerchiata da una logica storica». Spiega Fouad Allam: «Lo Stato è un dato di fatto, esiste. Allora occorre analizzarne la nascita, avvenuta attraverso il contatto con l’esterno, con culture diverse, che hanno portato a una specie di sradicamento della tradizione originale e a una forte acculturazione. L’idea di Stato islamico si è formata attingendo un po’ di qua e un po’di là, senza una legittimità intellettuale. Il Novecento per il mondo islamico è stato solo un lungo processo di acculturazione. E negli ultimi decenni le nuove culture urbane hanno messo fine al mondo tradizionale, schiacciato anche dalle influenze occidentali. La crisi vera e propria, quindi, riguarda il rapporto tra la cultura dell’islam tradizionale e la cultura moderna».
«Dunque, possiamo ragionevolmente concludere» dice Fouad Allam «che il dramma dell’islam contemporaneo è un dramma politico e culturale. Nasce dall’assenza di un modello culturale per interpretare ciò che è nato anche politicamente».
Adesso questa crisi sta sfociando in fenomeni sempre più incontrollabili. «Negli ultimi decenni il radicalismo islamico è arrivato a sostituire la logica marxista e terzomondista attraverso il fondamentalismo».


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