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I GIORNI DEL PAPA AL GEMELLI
tratto dal n. 01/02 - 2005

«Alzai verso il Papa gli occhi pieni di lacrime…»


Così Teresa di Lisieux, a quindici anni, davanti a Leone XIII il 20 novembre 1887



Teresa di Lisieux

Teresa di Lisieux

Dopo la messa di ringraziamento che fece seguito a quella di Sua Santità, ebbe inizio l’udienza. Leone XIII era assiso sopra una grande poltrona, vestito semplicemente con una tonaca bianca, una mantellina dello stesso colore, e aveva sulla testa uno zucchetto. Intorno a lui stavano i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi, ma io non li vidi se non in gruppo, occupata com’ero unicamente del Santo Padre; passammo dinanzi a lui in processione, ciascun pellegrino s’inginocchiava a turno, baciava mano e piede di Leone XIII, riceveva la benedizione, e due guardie nobili gli facevano cenno, secondo l’etichetta, per avvertirlo che era tempo di alzarsi (intendo dire che avvertivano il pellegrino, mi spiego così male che si potrebbe pensare che avvertissero il Papa). Prima di penetrare nell’appartamento pontificio ero ben decisa a parlare, ma mi sentii mancare il coraggio quando vidi a destra del Santo Padre «Monsignor Révérony!». Quasi nel medesimo istante ci fu detto da parte sua che era proibito parlare a Leone XIII, l’udienza si sarebbe prolungata troppo. Mi voltai verso Celina cara, per sapere il suo parere: «Parla!» mi disse. Un minuto dopo ero ai piedi del Santo Padre; baciai la pantofola, egli mi porse la mano, ma io, invece di baciarla, giunsi le mani mie e alzai verso lui gli occhi pieni di lacrime: «Santo Padre» dissi «ho da chiedervi una grazia grande». Allora il Sommo Pontefice abbassò la testa verso me, in modo che il mio volto quasi toccava il suo, e vidi i suoi occhi neri e profondi fissarsi su di me, parve che penetrasse in fondo all’anima. «Santo Padre» dissi «in onore del vostro giubileo, permettetemi di entrare nel Carmelo a quindici anni!…». L’emozione certo mi fece tremare la voce, cosicché il Santo Padre, volgendosi a monsignor Révérony, il quale mi guardava meravigliato e scontento, disse: «Non capisco molto bene». Se il buon Dio l’avesse permesso, sarebbe stato facile che monsignor Révérony mi ottenesse ciò che desideravo, ma invece volle darmi la croce e non già la consolazione. «Beatissimo Padre» rispose il vicario generale, «è una bambina che desidera entrare nel Carmelo a quindici anni, ma i superiori stanno esaminando la questione».
Il buon Papa è così vecchio da potersi dire morto, non l’avrei mai immaginato così, non può dire quasi nulla, e allora è mansignor Révérony che parla.
«Ebbene, figlia» rispose il Santo Padre guardandomi con bontà, «ate ciò che vi diranno i superiori». Allora, appoggiando le mani sulle sue ginocchia, tentai un ultimo sforzo e dissi con voce supplice: «Oh! beatissimo Padre, se voi diceste “sì”, tutti sarebbero d’accordo!…». Mi guardò fissamente e pronunciò queste parole appoggiando su ciascuna sillaba: «Bene… bene… Entrerete se Dio lo vorrà!…». (La sua espressione era così penetrante e convinta, che mi pare d’intenderlo ancora). Poiché la bontà del Santo Padre mi dava animo, volli parlare ancora, ma le due guardie nobili mi toccarono gentilmente per farmi alzare; e vedendo che ciò non bastava, mi presero per le braccia, e monsignor Révérony le aiutò a sollevarmi, perché io restavo ancora con le mani giunte appoggiate alle ginocchia di Leone XIII, e mi strapparono di peso dai suoi piedi… Nel momento in cui mi trasportarono via così, il Santo Padre posò la sua mano sulle mie labbra, poi l’alzò per benedirmi, allora gli occhi mi si empirono di lacrime, e monsignor Révérony poté contemplare per lo meno altrettanti diamanti quanti ne aveva visti a Bayeux.
Tratto da Storia di un’anima, paragrafi 173-174
(versione originale)


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