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ECUMENISMO
tratto dal n. 01/02 - 2005

La loro devozione per le reliquie dei santi

Quella commozione che ci unisce


Intervista con il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Montreal. Quando era segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ebbe modo di accompagnare molti vescovi ortodossi sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Oggi racconta...


di Gianni Cardinale


Il cardinale Marc Ouellet

Il cardinale Marc Ouellet

Quando il 27 novembre dello scorso anno il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I è venuto a Roma per ricevere solennemente dal Papa parte delle reliquie di san Gregorio Nazianzeno e di san Giovanni Crisostomo, ai microfoni di Radio Vaticana ha detto: «Io considero questo fatto come il più importante del mio servizio patriarcale di questi ultimi tredici anni». Una frase per certi versi sorprendente, rivelatrice della grande importanza che ha nell’ortodossia la venerazione delle reliquie dei martiri e dei santi.
Un’affermazione che però non ha sorpreso più di tanto il cardinale canadese Marc Ouellet, 60 anni, sulpiziano, dal novembre 2002 arcivescovo di Québec, che 30Giorni ha potuto incontrare a metà gennaio durante la sua permanenza a Roma per la plenaria della Pontificia Commissione dell’America Latina di cui è membro.

Eminenza, sembrerebbe che nell’ortodossia la venerazione delle reliquie abbia un posto più importante che tra noi cattolici…
MARC OUELLET: In effetti si può avere l’impressione che tra gli ortodossi il culto delle reliquie sia sentito in modo più intenso che nella Chiesa cattolica di oggi. A questo proposito mi vengono in mente alcuni episodi di cui sono stato testimone quando ero segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Era il marzo 2002. Accompagnavo in visita alle Basiliche di San Pietro e di San Paolo una delegazione della Chiesa ortodossa greca in visita a Roma. Si trattava di un gruppo di vescovi guidato dal metropolita di Attica Panteleimon che era venuto nell’Urbe per ricambiare la storica visita che Giovanni Paolo II aveva compiuto ad Atene nel maggio 2001 in occasione del suo pellegrinaggio giubilare sulle orme dell’apostolo Paolo.
Cos’è che la colpì di quella visita alle tombe degli apostoli?
OUELLET: Ci trovavamo nelle Grotte vaticane ed eravamo accompagnati dal delegato della Fabbrica di San Pietro, il vescovo Vittorio Lanzani. Arrivati sotto l’altare della confessione ci siamo trovati davanti all’urna dove sono conservati i pallii di lana. Monsignor Lanzani spiegò ai presuli greci che lì dietro si trova la tomba dell’apostolo Pietro. Il metropolita Panteleimon a quel punto chiese dove si trovassero, precisamente, le reliquie di Pietro. Monsignor Lanzani spiegò che si trovavano in corrispondenza della lastra di marmo verde a destra dell’urna dei pallii. Sul momento non capii il perché della richiesta di Panteleimon. Ma fu un attimo. Ricordo ancora con ammirato stupore che subito i vescovi greci si tolsero i grandi cappelli neri e ad uno ad uno si inginocchiarono posando la propria fronte nuda sulla lastra di marmo verde, dietro la quale si trova la tomba di san Pietro. E pregarono.
E a San Paolo fuori le Mura cosa avvenne?
OUELLET: Arrivati sulla lastra di marmo bianco che copre la tomba dell’Apostolo delle Genti, i vescovi ellenici ci chiesero di essere lasciati soli. Successivamente uno di loro mi disse che, in questo caso, ciascun vescovo si era sdraiato a terra in modo da fare entrare la propria croce pettorale nella fessura che si trova nella lastra di marmo cosicché la croce potesse toccare fisicamente il luogo dell’inumazione di san Paolo. Questi episodi mi colpirono e mi commossero allora come adesso. E quindi non mi stupisce affatto che il patriarca Bartolomeo consideri il ricevere le memorie di Gregorio e Giovanni come il momento più alto del suo mandato di patriarca di Costantinopoli.
Bartolomeo I in preghiera davanti al sepolcro dell’apostolo Pietro nelle Grotte Vaticane, la mattina del 29 giugno 2004

Bartolomeo I in preghiera davanti al sepolcro dell’apostolo Pietro nelle Grotte Vaticane, la mattina del 29 giugno 2004

L’Osservatore Romano del 10-11 gennaio ha pubblicato un articolo di monsignor Walter Brandmüller, presidente del Pontificio Comitato di scienze storiche, in cui si afferma che non ci sono prove che le reliquie di Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo siano state trafugate durante la quarta Crociata.
OUELLET: Non voglio entrare in queste polemiche. È un dato di fatto che comunque queste reliquie prima si trovavano a Costantinopoli e ora si trovano qui a Roma. Ma a questo proposito mi viene in mente un altro episodio legato alla visita dei vescovi greci nel 2002.
Quale?
OUELLET: Ricordo che a un certo punto vennero mostrate alla delegazione delle reliquie che effettivamente vennero trafugate da Costantinopoli e portate a Roma in occasione della famigerata quarta Crociata. Io mi feci piccolo piccolo dalla vergogna. Ma il metropolita Panteleimon mi prese per la tonaca e mi disse: siamo veramente contenti che queste reliquie siano conservate qui; tante reliquie sono andate perdute, queste invece no, ed è un bene, così anche noi possiamo ora venerarle. Quelle parole – in cui forse non mancava un pizzico di sapienza diplomatica – mi sollevarono dall’imbarazzo. E mi furono di conforto.
Eminenza, un’ultima domanda sulle prospettive dell’ecumenismo. A volte si sente dire che i cattolici farebbero troppe concessioni all’ortodossia, la quale invece da parte sua non concederebbe nulla alla Chiesa di Roma.
OUELLET: Capisco queste perplessità. Ma credo che comunque deve essere sempre la Chiesa di Roma, che presiede nella carità, a compiere il primo passo. Deve essere sempre lei la prima a cercare di obbedire umilmente al comando di Gesù che i fratelli siano una cosa sola.


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