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PALAZZO DI VETRO
tratto dal n. 01/02 - 2005

Il grande compromesso



di Gianni Cardinale


I rappresentanti degli Stati Uniti firmano la Carta delle Nazioni Unite nel 1945

I rappresentanti degli Stati Uniti firmano la Carta delle Nazioni Unite nel 1945

A detta degli autori il rapporto Investing in development: a practical plan to achieve the Millennium development goals (Investire nello sviluppo: un piano pratico per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio) è la più comprensiva strategia mai elaborata per combattere la povertà globale, e certamente non teme confronti. La ricerca, voluta da Kofi Annan, è un testo originariamente di ben 7.200 pagine (poi saggiamente ridotto a “sole” 3.200) cui hanno lavorato 265 esperti internazionali guidati dall’economista della Columbia University Jeffrey Sachs. Il Millennium project, così è stato denominato, può, secondo Sachs, dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015 ed eliminare la povertà “estrema” entro il 2025.
È uno dei documenti che accompagneranno i lavori dell’Onu fino al settembre prossimo, quando è previsto un Millennium summit “cinque anni dopo”, cioè la verifica degli obiettivi di sviluppo mondiale fissati solennemente da capi di Stato e di governo nel 2000, ma a quanto pare ancora ben lontani dall’essere raggiunti. Per questo nuovo summit lo stesso Annan ha dichiarato di voler rendere noto a marzo un proprio studio, probabilmente una sorta d’interpretazione autentica del rapporto che deve intercorrere tra le proposte di Sachs e il già celebre testo base emesso in dicembre su Minacce, sfide e cambiamento (relativo alla riforma dell’Onu e focalizzato maggiormente sul problema della sicurezza globale). Considerando un precedente “rapporto Cardoso”, coordinato dall’ex presidente del Brasile, sul nesso tra società civile e Nazioni Unite, i testi da studiare per settembre saranno dunque quattro e ammontano già, escluso Annan, a 4.000 pagine… L’investimento intellettuale fatto dall’Onu – senza considerare quello economico per stilare tali rapporti – è stato davvero ingente. C’è da sperare che le ricette e i risultati siano stavolta una piacevole novità.

Che cosa propone Sachs? Di innalzare gradualmente ma da subito la spesa dei governi per gli aiuti allo sviluppo, fino a erogare stabilmente dal 2015 una cifra pari a 195 miliardi di dollari l’anno: meno di quanto nel mondo si destina a spese militari. In senso assoluto, il concetto del Millennium project è di tentare un “grande compromesso” tra chi nel mondo si fa paladino della sicurezza (come prima risposta al terrorismo) e chi invece afferma che il vero obiettivo è sanare la povertà mondiale, anche perché quando un popolo ha fame esporta nel mondo la sua instabilità. Insomma, dare il pane è necessario proprio per avere “sicurezza globale”. A tal proposito è importante rifarci a quanto affermava il rapporto su Minacce, sfide e cambiamento a proposito della riforma migliorativa del Consiglio economico e sociale dell’Onu (l’Ecosoc, che dovrebbe diventare una sorta di Consiglio di sicurezza economico). Il rafforzamento di tale organo è stato infatti motivato dai “saggi” estensori del testo con la necessità, sempre più evidente, di legare inestricabilmente le sorti della sicurezza a quelle dello sviluppo.

Perciò, all’interno del dibattito in corso su come riformare le Nazioni Unite, l’interpretazione della nozione di sicurezza merita una speciale attenzione. Da molti è stata vista con favore l’ipotesi avanzata dai suddetti saggi di creare una Commissione per la costruzione della pace (Peacebuilding commission) dedicata a impedire il collasso interno degli Stati e lo scoppio di guerre o ad assistere un Paese nella transizione dalla guerra alla ricostruzione per riacquistare pienamente la sua sovranità. Tutti temi all’ordine del giorno, Iraq docet, emblematici dello sforzo della comunità internazionale di scongiurare nuove guerre preventive e diminuire la fede e lo zelo nell’uso della forza nelle relazioni internazionali. Chi si accinge oggi a migliorare l’Onu non può certo dimenticare l’articolo 2 della Carta, che impegna i membri a risolvere le loro dispute con mezzi pacifici e a non minacciare o usare la forza contro la sovranità altrui. È su questa base che il rapporto su Minacce, sfide e cambiamento ha raccomandato giustamente il rispetto di precisi criteri di legittimazione per l’uso della forza (la serietà della minaccia, un giusto proposito, la forza come ultima risorsa, la proporzionalità dei mezzi adoperati, la ragionevolezza nel pesare le conseguenze dell’uso o non uso della forza); tali criteri sono necessari perché attorno a decisioni vitali si raggiunga il massimo consenso, dentro e fuori il Consiglio di sicurezza.
Ma è con il “grande compromesso” tra sicurezza e sviluppo che il Palazzo di Vetro uscirà da questa transizione con più autorità, credibilità e legittimazione internazionale.


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