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DOCUMENTO
tratto dal n. 05 - 2003

Robert Schuman, 1886-1963

Un’anima per l’Europa


La conferenza che il presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura ha tenuto a Notre-Dame de Paris il 9 marzo 2003, prima domenica di Quaresima. Questo colloquio sullo statista francese fa parte di un ciclo di conferenze del cardinale Poupard dal titolo: “La santità che sfida la storia. Ritratto di sei testimoni per il terzo millennio”


del cardinale Paul Poupard


Robert Schuman

Robert Schuman

Robert Schuman: dare un’anima all’Europa
In questa galleria di sei ritratti di cattolici, fonte di ispirazione per la nostra vita cristiana, ho scelto deliberatamente un politico, padre dell’Europa, per aprire la strada.
Stiamo parlando dell’Europa. Ora ne soppesiamo i presunti vantaggi, le speranze incerte, i cambiamenti sconvolgenti. Un uomo, un cristiano, un lorenese, eletto deputato della Mosella ridiventata francese nel 1919, e rieletto continuamente tra le due guerre, sottosegretario di Stato con il generale De Gaulle alla presidenza del Consiglio dei ministri nel maggio 1940, dimissionario in luglio a Vichy, primo parlamentare francese incarcerato dalla Gestapo nazista a Metz nel settembre 1940, poi con l’obbligo di residenza nel Palatinato, da dove fugge coraggiosamente due anni dopo per passare tre anni in clandestinità fino alla liberazione della Francia, ministro delle Finanze, presidente del Consiglio dei ministri nel ’47 e nel ’48, e, ininterrottamente, ministro degli Affari esteri nei governi che si succedono a ritmo frenetico sotto la IV Repubblica, dal ’48 al ’53, un uomo così ha l’audacia di aprire all’Europa un avvenire di pace, all’indomani di una guerra assassina. Era il 9 maggio 1950. In una dichiarazione storica ispirata da Jean Monnet e subito concordata con i suoi pari Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi, il ministro vara il piano Schuman, che mette in comune il carbone e l’acciaio, matrice della Comunità europea, per riunire i fratelli nemici che si sono lacerati per tutto il secolo nella guerra, per costruire un’Europa unita nella pace, nella libertà e nella prosperità.
Lui, lorenese, era nato in Lussemburgo, e mi ricordo di una visita, un giorno, alla sua casa natale piena di pace, in una cittadina allora provinciale, al centro dell’Europa. Suo padre, lorenese, sempre affezionato alla Francia, era emigrato dopo la guerra del 1870 nel paese di sua moglie, lussemburghese. Francese nell’intimo fin dall’infanzia, la scuola lussemburghese bilingue lo inizia e lo forma alla ricchezza incomparabile di una doppia cultura, francese e tedesca. Da una guerra all’altra, misura la follia degli scontri criminali, la spirale senza fine della violenza cieca e della vendetta inespiabile. Ora che tragicamente l’Europa è divenuta un triste campo di macerie coperto di morti, lui, cristiano spossato dalle difficoltà, accusato di indegnità per aver fatto parte del governo Pétain in cui peraltro non aveva mai presenziato, tolto dalla condizione di ineleggibilità per intervento personale del generale De Gaulle, rieletto deputato, ministro, poi primo ministro, firma il piano Marshall nel ’48 e, in qualità di ministro degli Affari esteri, trasforma carbone e acciaio, finora mezzi di morte, protagonisti dei dissidi franco-tedeschi, in pacifici strumenti di riconciliazione. È la famosa dichiarazione del Quai d’Orsay: "La pace mondiale non può essere salvaguardata senza sforzi creativi grandi quanto i pericoli che la minacciano […], l’insieme delle nazioni europee esige che la secolare opposizione franco-tedesca venga eliminata". Un’utopia senza senso per alcuni, folle per altri: oggi è un fatto assodato, beneficio senza pari per le generazioni future. Lo dobbiamo a questo eccezionale uomo politico, grande statista e grande cristiano.

La testimonianza di André Philip
Ascoltiamo cosa dice André Philip, protestante, che fu deputato socialista e ministro delle Finanze e dell’Economia: "Sono quindici anni che conosco Robert Schuman, in Parlamento, poi al governo, poi nel Movimento europeo. Quello che fin da subito mi ha colpito di lui era l’irradiarsi della sua vita interiore. Si era davanti ad un uomo consacrato, senza desideri personali, senza ambizione, di una totale sincerità ed umiltà intellettuale, che cercava solo di servire dove e quando si sentiva chiamato. Era conservatore per tradizione, ostile alle novità; pacifico, timido ed esitante per temperamento. Spesso ha temporeggiato, ritardato le decisioni, sperato di barare nei confronti della chiamata che si faceva sentire in fondo alla sua coscienza; poi, quando non c’era più niente da fare, quando era sicuro di ciò che la sua voce interiore esigeva da lui, prendeva bruscamente le decisioni più ardite e le portava avanti fino alla fine, insensibile alle critiche, agli attacchi, alle minacce.
Nell’atmosfera febbrile dei dibattiti parlamentari era un conforto incontrare un uomo sempre pronto al dialogo, che cercava di convincere, tenendo conto delle obiezioni, sempre con la stessa calma e con una cortesia sempre intatta. Per raggiungere il suo scopo, anche il più importante, non ha mai usato mezzi volgari, esagerato il peso di un argomento, né alzato la voce… Ma soprattutto resterà nella memoria di coloro che l’hanno conosciuto come il prototipo del vero democratico, fantasioso e creativo, combattivo nella sua dolcezza, sempre rispettoso dell’uomo, fedele ad una vocazione intima che dava senso alla vita".
René Lejeune, suo vicino collaboratore, pubblicando questa testimonianza la accompagna con il commento: "La testimonianza di André Philip è credibile. Lo sguardo che ha su di lui va al di là delle apparenze, sa cogliere l’essenziale. Scopre un "uomo consacrato", guidato da una "voce interiore". E che cerca solo di "servire". Tre parole chiave della vita e dell’azione di quel modello di politico. Sui passi di Robert Schuman, infatti, si manifesta la santità della politica, non solo per l’abilità e la competenza, ma anche nella consacrazione di un essere tutto abbandonato a Dio, di cui sa di essere lo strumento"2.

La politica, cammino di santità
Il cammino percorso dopo questa iniziativa storica, in questo mezzo secolo, per la prima volta, per iniziativa decisiva di Robert Schuman, vede i fratelli nemici riconciliati, Francia e Germania, diventare il nucleo di un insieme di popoli in pace decisi a costruire insieme il loro avvenire comune. Robert Schuman, in piena instabilità politica, riesce nell’impresa di prendere una decisione storica che cambia decisamente e irresistibilmente il corso della storia, supera i secolari antagonismi e costruisce un avvenire comune di prosperità e di pace. Lui, cristiano entrato in politica, ha seguito il cammino dell’impegno politico, che per il cristiano costituisce un terreno privilegiato dove esercitare in modo serio ed appassionato la carità dei discepoli di Cristo, al servizio del bene comune, nel cuore della città degli uomini. Quel cammino fu per Robert Schuman il cammino della santità.
Jean Monnet mostra il primo lingotto di acciaio “europeo”, Parigi 1952

Jean Monnet mostra il primo lingotto di acciaio “europeo”, Parigi 1952

Un grande papa dell’epoca di Robert Schuman, papa Pio XI, non aveva paura di affermare, nell’ora tragica dell’avvento della peste rossa e della peste nera in Europa: "Il terreno della politica, che riguarda gli interessi della società intera, è il campo più vasto della carità, la carità politica, e si può dire che non ce ne siano di più grandi, tranne quello della religione"3. Collocata nel punto di incontro tra il presente e il possibile, in quel punto di passaggio difficile in cui il progetto per il domani può diventare realizzabile, la caratteristica e la grandezza dell’azione politica è rendere oggi possibile ciò che è necessario per il futuro pacifico dei popoli entro la grande comunità degli uomini. Ispirato dalla sua fede cristiana e forte dell’esperienza di una longevità parlamentare eccezionale, Robert Schuman ha saputo incarnare, in mezzo alle contingenze politiche, il suo ideale evangelico al servizio degli uomini. Come quell’impresa, si chiedeva la Settimana degli intellettuali cattolici a Parigi, "raggiunga, a partire da una base economica e giuridica, le forme della politica e della morale, penetri la cultura, nessuno può dirlo. La cosa di cui non bisogna dubitare è che l’anima dell’Europa aspettava quel corpo ingrandito che sono le Comunità" (François Fontaine).

Un’anima per l’Europa
Il volume di Recherches et Débats finisce con una presa di posizione importante del presidente Robert Schuman, che ho ricordato quando mi fu consegnato il Premio Schuman per l’Europa, a Strasburgo, il 23 novembre 1988. A mezzo secolo di distanza, permettetemi di ricordarla alle nostre deboli memorie: "Parlo", diceva il presidente Schuman, "da credente a dei credenti… Le nostre democrazie contemporanee sviluppano in noi il senso di responsabilità personale. È la felice conseguenza e la contropartita di ogni regime basato sulla libertà. Ma il coraggio civico, individuale o collettivo entro un’assemblea non è sempre all’altezza di questa responsabilità… Bisogna che ci rendiamo conto che l’Europa non può limitarsi, alla lunga, ad una struttura meramente economica. Occorre che essa diventi anche una salvaguardia per tutto ciò che rende grande la nostra civiltà cristiana: dignità della persona umana, libertà e responsabilità dell’iniziativa individuale e collettiva, dispiegamento di tutte le energie morali dei nostri popoli. Una missione culturale così sarà il necessario complemento e il compimento di un’Europa che finora ha avuto come fondamento la cooperazione economica. Essa le darà un’anima, una nobilitazione spirituale e un’autentica coscienza comune. Non dobbiamo avere una concezione limitata della futura Europa, confinandola in preoccupazioni materiali, se vogliamo che resista all’assalto delle coalizioni razziste e ai fanatismi di ogni genere. L’Europa, dopo il discredito che è stato gettato su di essa, in gran parte del mondo, dovrà riprendere di nuovo il suo ruolo di educatrice disinteressata, soprattutto nei confronti dei popoli che sono appena nati alla libertà.
L’aiuto ai Paesi sottosviluppati sarà allora il grande compito al quale si dovranno unire tutti coloro che hanno il privilegio di essere avanti rispetto agli altri. L’umanità di domani sarà quello che avremo saputo farne. Se noi ci limitassimo a rifornirli economicamente e militarmente, senza fornire loro al contempo l’armatura morale, senza dare l’esempio di un comportamento basato su principi spirituali, avremmo fatto un’opera pericolosa, e non solo inutile. Li avremmo allontanati dalle loro tradizioni, senza dare loro un ideale nuovo, complemento e contrappeso del progresso tecnico… Nei loro confronti, abbiamo un autentico dovere morale. Non assolveremmo affatto il nostro compito, limitando la nostra azione a costruire strade e fabbriche, scuole e dispensari, se dessimo loro l’autonomia o anche l’indipendenza senza aver loro insegnato l’uso che occorre farne, senza averli messi in guardia contro gli abusi che possono derivarne. Occorre che l’emancipazione sia accompagnata da un’educazione sia morale che tecnica, senza la quale si rischia di veder realizzarsi brutte cadute nell’anarchia e nella barbarie… Ed è un altro compito specificamente europeo…"4.
Ecco il messaggio che ci lascia il cristiano Robert Schuman: bisogna costruire l’Europa, non come un isolotto di prosperità egoista ripiegato su di sé in mezzo ad un oceano di miseria, ma come una comunità generosa di uomini e donne liberi, fraterni e responsabili anche per gli altri popoli meno dotati, bisogna darle un’anima. "Questo insieme" diceva "non potrà e non dovrà restare un’impresa economica e tecnica: le serve un’anima, l’Europa non vivrà e non si salverà se non quando avrà coscienza di se stessa e delle sue responsabilità, tornando ai principi cristiani di solidarietà e fraternità".

Un cristiano impegnato in politica
L’uomo che parla è un politico esperto che attinge dalla sua educazione cristiana un grande ideale di servizio, pieno di convinzioni profonde, confortato dalla preghiera e dall’adorazione eucaristica. Sono stati decisivi gli anni della gioventù, caratterizzati da un padre severo, un uomo giusto e retto nel senso biblico del termine, e, soprattutto, una madre straordinaria, che vive la sua fede cristiana come si respira, in modo naturale, in pensieri, parole e azioni, e la trasmette come per osmosi a suo figlio. Fino alla tragica morte di Eugénie Schuman a 47 anni, in un drammatico incidente stradale in cui si spezza la colonna vertebrale, il bimbo, l’adolescente, il giovane si forma a suo esempio, in un’intimità di pace, animata da una fede profonda. Con sua madre va la mattina alla messa quotidiana a prendere luce e forza ricevendo Cristo eucaristico. Con lei celebra il mese di Maria, nella dolcezza primaverile di maggio in Lussemburgo. L’accompagna in pellegrinaggio a Lourdes, nella città mariana, a Roma, nella città segnata per sempre dal martirio dei santi Apostoli Pietro e Paolo, sede del ministero del papa, che egli con gratitudine ed emozione vede beatificare Giovanna d’Arco, simbolo della patria perduta e lungi dall’essere ritrovata.
Essendo suo padre lorenese, Robert Schuman è di nascita cittadino tedesco, in virtù del Trattato di Francoforte che aveva annesso l’Alsazia e la Lorena mosellana dopo la rovinosa guerra del 1870. Ma è nato in Lussemburgo, Paese indipendente, in una famiglia impregnata di patriottismo francese. Nell’Ateneo del Lussemburgo, pur in una circoscrizione germanofona, gli studi sono in francese, imbevuti di umanesimo classico e di valori cristiani. Appassionato di matematica, Robert adolescente si prepara a sua insaputa ad assimilare più tardi, in qualità di ministro, le complicate finanze di uno Stato moderno. Gli piace anche la storia, che gli permette di decodificare il susseguirsi rovinoso delle invasioni, degli smembramenti e delle annessioni tra Paesi vicini e nemici, di misurarne la tragica portata, di augurarsene ardentemente la fine. Studente modello, non smetterà mai di studiare, per tutta la vita, la Summa di san Tommaso d’Aquino in latino, e di attingerne profondità di pensiero e chiarezza di espressione. Alla frequentazione dei classici francesi si aggiungerà ben presto la padronanza del diritto tedesco, appreso alle Università di Bonn, Monaco, Berlino e Strasburgo, e la scoperta del romanticismo della nazione di Goethe e di Schiller, con il gusto della lettura e della musica, ereditato dalla mamma.
È sempre lei che gli trasmette, contemporaneamente, con fede solida e limpida, una coscienza morale inalterabile, mai contaminata dalle esigenze della politica, pur attraverso i tortuosi meandri delle strade politiche. Come la sua contemporanea, la piccola normanna Teresa di Lisieux, che detestava "la finzione", per Robert Schuman la menzogna è un orrore, e il suo cammino è diritto fin dalla più tenera età. Ad un compagno che copia durante un esame dice con coraggio: "Non posso impedirtelo, ma sappi che è un peccato". Una volta parlamentare e ministro, gli restano completamente estranee le macchinazioni misteriose, così come le combinazioni interessate. Ad un giovane collaboratore che ingenuamente se ne stupisce, risponde con fermezza: "Essere onesti è la maniera migliore di essere abili". E lo sa Dio se Robert Schuman non ha mai smesso di essere abile. Potremmo applicare a lui il bel proverbio portoghese secondo cui "Dio scrive diritto seguendo righe curve". Come nota il suo biografo, per realizzare il suo progetto cardine in un contesto politico incapace di accettarlo è stato costretto a giocare d’astuzia e a dissimularne l’importanza al Consiglio dei ministri. Senza questa astuzia, non ci sarebbe stata la dichiarazione capitale che ha fatto nascere l’Europa comunitaria. Robert Schuman ha usato una strategia fatta di cunicoli e di svolte senza mai servirsi della menzogna. "Non bisogna mai mentire, nemmeno in politica", diceva spesso. Ecco il cammino difficile e fecondo che egli ci apre.
Robert Schuman in qualità di ministro degli Esteri  firma l’adesione della Francia al Patto atlantico, Washington, 4 aprile 1949

Robert Schuman in qualità di ministro degli Esteri firma l’adesione della Francia al Patto atlantico, Washington, 4 aprile 1949

Essere onesto: in tutta la sua vita di avvocato e di parlamentare, di ministro e di capo di governo Robert Schuman resterà fedele a questo ideale di uomo e di cristiano. La sua opera di legislatore è stata molto importante durante la reintegrazione legislativa delle province recuperate dopo la Prima guerra mondiale, con la preoccupazione continua di assicurare il loro straordinario patrimonio culturale, e di preservare la loro anima cristiana. Alla fine del Secondo conflitto mondiale, che lo ha segnato, vicino ai sessant’anni, Robert Schuman può legittimamente lasciare che i giovani gli succedano e andare in pensione, dedicandosi ai suoi passatempi preferiti nella pace silenziosa di Scy-Chazelles, a contemplare la sua placida Mosella: lo studio, la lettura, la meditazione. Ma il suo altissimo senso del dovere scarta subito la tentazione del ripiegamento egoistico nelle cose facili. "La vita senza responsabilità politiche è sicuramente più semplice, soprattutto nella confusione di oggi. Ma nessuno, meno che mai, ha il diritto di sottrarsi" scrive nel luglio del ’45, "Per questo mi rimetto alla Provvidenza". E sarà la Provvidenza a portarlo, attraverso le imprevedibili traversie della vita politica, ad assumersi responsabilità sempre più gravi, senza mai scostarsi dal suo forte senso del dovere in qualità di cristiano.
Questo straordinario ministro delle Finanze — i parigini lo distinguevano facilmente, grazie al suo cranio lucido, totalmente calvo — usciva con calma di prima mattina dal Palais du Louvre, con il messale sotto il braccio, per assistere da buon cristiano alla messa quotidiana nella chiesa di Saint-Germain l’Auxerrois, e immergersi nella preghiera nella cappella della Vergine: "Ave, o santa Madre, partorendo hai dato alla luce il Re che governa il cielo e la terra, nei secoli dei secoli". A dire il vero, il ministro-monaco, come veniva spesso chiamato per scherzo, attingeva di lì sia la capacità di distaccarsi dagli intrighi politici sia la placida serenità di compiere il suo difficile dovere, quello di amministrare come un buon padre di famiglia le finanze della nazione, senza mai preoccuparsi della popolarità, che i nostri ossessivi sondaggi non misuravano ancora.
Robert Schuman, la discrezione al potere, titolava un quotidiano parigino! "Nelle nostre cinque Repubbliche, nessun ministro ha stupito di meno i suoi elettori, né seguito di meno i conformismi. Nessuno prima aveva disprezzato di più la demagogia o sfidato l’impopolarità. Ha saputo "tenersi saldo tra due follie: quella di credere di potere tutto, e quella di credere di non potere nulla"… Militante di fede cristiana, ha avuto le qualità più rare. Discrezione, autorevolezza, pudore. Ha dedicato la sua esistenza al servizio dello Stato, e non al servizio di una dottrina o di un partito. In una parola, il contrario di un demagogo. Non è forse lui che, durante i momenti più brutti degli scioperi rivoluzionari del novembre del ’47, ha saputo neutralizzare il debole disfattismo dei suoi ministri e raddrizzare una situazione insurrezionale? E non è stato affatto per la Francia, per la Francia sola, che Schuman ha voluto costruire l’Europa. È per l’Europa, e per il mondo…"5.

Un paradosso evangelico
Il giovane avvocato lorenese deve ad un vescovo-monaco il fatto d’essere diventato quel ministro-monaco di cui abbiamo appena parlato. Nel 1901, in un momento politico particolarmente teso, l’anziano priore dell’Abbazia di Beuron, diventato poi abate di Maria-Laach, la celebre abbazia benedettina renana, fonte del rinnovamento liturgico, viene scelto come vescovo di Metz e decide di divenire lorenese tra i lorenesi per amore di Cristo. Robert Schuman, poco dopo il suo arrivo a Metz, lo incontra nel 1912. E il vescovo monaco incontra l’anima del giovane avvocato, scopre in lui un’anima da apostolo e lo orienta verso l’apostolato, che risponde in modo meraviglioso al suo desiderio di compiere il programma che sua madre ripeteva incessantemente: "Bisogna passare la vita a fare del bene agli altri". Monsignor Willibrod Beuzler decide di affidare la presidenza della Federazione diocesana dei gruppi di giovani a Robert Schuman, con il compito di "diffondere tra i giovani un autentico spirito cristiano": Egli, giovane studente a Bonn, nel 1904 aveva già aderito alla corporazione di studenti cattolici, l’Unitas, che ritrova a Monaco e avrebbe fondato a Berlino. A Metz unisce la sua vita professionale con l’impegno cristiano nell’Unione popolare cattolica lorenese del canonico Collin, che lo prepara ad entrare nell’Unione repubblicana lorenese dopo la guerra, deputato suo malgrado. Confida senza mezzi termini ad un cugino: "Quanto avrei preferito consacrarmi al mio lavoro, alle opere religiose e sociali, alla mia famiglia". Ma non si sottrarrà mai a quello che gli sembra un dovere, cioè servire come cittadino e come cristiano il suo Paese e il suo popolo. In un discorso a Metz il 13 luglio 1924, quando il settario governo parigino vuole abrogare lo statuto dell’Alsazia-Lorena, non teme di parlare chiaro ai suoi compatrioti: "Si cerca di imporre a tappe, poco a poco, ciò che l’anima del popolo lorenese rifiuta. Si vuole soffocare la vita religiosa nel Paese e nel popolo… Non possiamo tradire l’anima del nostro popolo".
Il popolo, nel 1924, è il popolo lorenese. Trent’anni dopo sarà il popolo francese, quando Robert Schuman sarà chiamato alle più alte responsabilità di governo. E poi, nel 1950, grazie alla sua iniziativa storica, sarà l’Europa. Come la patria non è la negazione della sua provincia natale, così "l’Europa non è la negazione della patria", dirà il padre dell’Europa. Eletto all’unanimità e per acclamazione presidente del primo Parlamento europeo il 19 marzo 1958, e diventato pellegrino dell’Europa in gestazione, non smetterà di ripetere la sua convinzione profonda: "Non si tratta di fondere gli Stati associati, di creare un super Stato. I nostri Stati europei sono una realtà storica. Sarebbe psicologicamente impossibile farli sparire. La loro diversità poi è una fortuna, e non vogliamo né livellarli né renderli uguali. La politica europea per noi non è assolutamente in contraddizione con l’ideale patriottico di ciascuno di noi. Tutti i Paesi europei sono stati impregnati dalla civiltà cristiana. È questa l’anima dell’Europa che occorre far rivivere. Che questa idea di un’Europa riconciliata, unita e forte, sia ormai la parola d’ordine per le giovani generazioni che desiderano servire un’umanità finalmente libera dall’odio e dalla paura e che impari di nuovo, dopo troppe lacerazioni, la fraternità cristiana. L’Europa ha dato all’umanità il suo pieno compimento. È lei che deve mostrare una via nuova, invece della schiavitù. Accettando una pluralità di civiltà in cui ciascuna sia rispettosa delle altre. Non siamo, non saremo mai negatori della patria, dimentichi dei doveri che abbiamo nei suoi confronti. Ma al di sopra di ogni patria riusciamo a distinguere sempre più nettamente che esiste un bene comune, superiore all’interesse nazionale, quel bene comune nel quale gli interessi individuali dei nostri Paesi si fondono e confondono. In un’epoca in cui tutto è in fermento, bisogna saper osare. È meglio provare che rassegnarsi, la ricerca della perfezione è una scusa meschina per non agire".
Robert Schuman fu un cristiano impegnato in politica, lorenese, francese, europeo, che realizzò pienamente e ante litteram l’ambizioso programma che papa Giovanni Paolo II traccia nella sua esortazione apostolica Christifideles laici del 30 dicembre 1988 sulla vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo: "I fedeli laici non possono assolutamente rinunciare a partecipare alla politica, cioè all’azione molteplice, economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, che ha per scopo la promozione del bene comune, organicamente e tramite le istituzioni"6. Perché se tutto è politica, la politica non è la totalità dell’uomo, e il cristiano impegnato in politica è chiamato a darle un’anima. La Comunità europea che ci lascia in eredità è per Robert Schuman un’opera di pace che rende impossibile la guerra tra Paesi che si sono lacerati per secoli, e prefigura, secondo le sue stesse parole, la solidarietà universale del futuro, aperta agli altri popoli.
Angelo Roncalli, nunzio apostolico a Parigi, con Schuman davanti a Notre-Dame

Angelo Roncalli, nunzio apostolico a Parigi, con Schuman davanti a Notre-Dame

In una battaglia politica in cui i colpi, anche quelli più bassi, non gli sono stati risparmiati, Robert Schuman è rimasto fedele alla sua fede cristiana. Da giovane avvocato si è dedicato ai bambini abbandonati e ai giovani delinquenti, collaborando come volontario al Bureau de Bienfaisance Messine ed esercitando il suo apostolato con gli studenti. Eletto deputato, lavora a tutto spiano al servizio della sua piccola patria lorenese per reintegrarla, senza perdere l’anima, nella grande patria francese. Una volta ministro, apre la Francia all’Europa per unirla alla Germania in un’unione pacifica. "Dobbiamo a lei" scriverà il cancelliere Konrad Adenauer "l’amicizia che unisce i nostri due Paesi".
Ora, mezzo secolo dopo, questa eredità fondatrice ci apre un futuro creativo. Bisogna conoscersi, rispettarsi e amarsi per iniziare un’opera comune, costruire insieme beni economici e politici, sociali e culturali. Un corpo cresciuto richiede un’anima grande. L’anima dell’Europa è la convinzione ereditata da Pericle, che la fonte della libertà è il coraggio. Ed è anche lo spirito delle beatitudini e del Vangelo, incarnato da san Benedetto da Norcia, e dai fratelli slavi Cirillo e Metodio, Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein, che Giovanni Paolo II ci ha dato come patroni d’Europa. Gli uni e gli altri furono europei, anzi, universali, perché, come Robert Schuman, la loro fede cattolica era fonte di una cultura ispirata al Vangelo e radicata nell’ambiente. Al genio dell’impresa si unisce la pazienza del perseverare, e al colpo di genio del creatore la tenacia del lavoratore, tanto è vero che l’influenza spirituale va di pari passo con il radicamento carnale. L’anima dell’Europa non riunisce partiti, ma raduna spiriti e unisce uomini in una cultura caratterizzata dal rispetto dell’uomo, di tutto l’uomo e di ogni uomo, il mio prossimo, mio fratello, il cui volto, finestra dell’anima aperta sull’infinito, attesta una presenza e testimonia una trascendenza in cui il cristiano riconosce l’immagine e somiglianza di Dio. "L’uomo supera infinitamente l’uomo", secondo le parole così perspicue di Pascal, citate da Paolo VI nella sua enciclica Populorum progressio sullo sviluppo dei popoli: "Bisogna promuovere un umanesimo totale. Cos’è, se non lo sviluppo integrale dell’uomo e di ogni uomo? … Lungi dall’essere la norma ultima dei valori, l’uomo si realizza solo trascendendosi"7. "Rispettate l’uomo, ci ripete continuamente Giovanni Paolo II, l’uomo di Cracovia diventato romano, rispettate l’uomo, è immagine e somiglianza di Dio".
Papa Giovanni Paolo II non ha mai smesso di ricordare la nostra responsabilità in proposito. Ricevendo un anno fa le lettere credenziali del nuovo ambasciatore presso la Santa Sede, Pierre Morel, il Papa ricordava il ruolo essenziale della Francia nell’avventura europea e la sua parte primaria nell’eredità umanistica, la cui caratteristica è anche attingere le sue radici nella sua lunga storia cristiana: "Come non menzionare l’apporto decisivo dei valori di cui il cristianesimo è portatore, che ha contribuito e contribuisce ancora a plasmare la cultura e l’umanesimo di cui l’Europa è legittimamente fiera, senza i quali non si può capire la sua identità più profonda… Lungi dall’essere una minaccia per la vita sociale, le forze religiose sono una fortuna per la vita comune"8. L’esempio di Robert Schuman fa vedere ciò in modo eloquente, lui che ha saputo incarnare i valori evangelici nella sua vita politica e attingerne l’ispirazione del suo impegno pubblico. Ha potuto farlo grazie ad un’autentica educazione cristiana, nutrita dalla parola di Dio, luce e vita, e dai sacramenti della fede ricevuti nella Chiesa.
La nostra splendida cultura si insabbia nell’infinita possibilità delle opzioni, in assenza di ogni riferimento oggettivo. In risposta al bisogno di assoluto dell’uomo fa appello a testimoni che attestino che la Verità non è facoltativa né la Moralità anacronistica. È il cammino della santità, e Giovanni Paolo II ci ricorda che le strade sono molteplici e adeguate alla vocazione di ciascuno, come mostra l’esempio di Robert Schuman. Se i santi non rappresentano la totalità della nostra storia, ne furono però la parte migliore. I valori religiosi, morali, culturali e sociali che costituiscono il patrimonio europeo sono giunti a noi grazie ai santi che fecero l’Europa. "È tempo di riproporre a tutti, con forza, questa misura alta della vita cristiana ordinaria"9. I santi della nostra storia sono la prova della vitalità della Chiesa e della forza stupefacente del Vangelo. La cultura europea è diventata una parte considerevole della civiltà mondiale. Il futuro dell’Europa e del mondo dipende dalla spiritualità che i cristiani sapranno offrire all’uomo di oggi, per rispondere alle sue aspirazioni e ai suoi bisogni, identificare le cause dei suoi errori e porvi rimedio, impegno tra i più urgenti, all’alba del terzo millennio.
Il nostro compito oggi è affermare con semplicità e coraggio la sua identità, e presentare in tutta la sua freschezza e la sua novità il senso cristiano della verità e della realtà contro ogni scetticismo e relativismo, entrambi riduttivi. Di fronte alla perdita dei valori comuni, la cancellazione dei punti di riferimento collettivi, l’avvento dello scetticismo in politica, la crisi dell’educazione, ascoltiamo il grido dei giovani europei, l’appello del macedone all’apostolo Paolo: "BoÄyhson ämîn", "Soccorrici!"10. Gli animi più malleabili e ricettivi dei giovani sono più esposti alle minacce della secolarizzazione e del postcomunismo, entro cui la realizzazione a qualsiasi prezzo dell’individuo, preso come valore supremo, coincide con la felicità cercata in modo spasmodico. L’educatore che trasmette la verità come parte fondamentale della propria identità è capace di destare le giovani libertà all’impegno personale di una coscienza responsabile. E preparare quindi coloro che, come Robert Schuman, saranno capaci di prendere posizione sui problemi degli uomini per illuminarli con i valori evangelici. L’Europa intera manca di speranza: è la conseguenza della sparizione delle false grandi cause, la sorgente del proliferare di sette, soprattutto quelle che hanno accentuato carattere escatologico. Non può esserci cultura cristiana autentica che lo cancelli. Viviamo in questo mondo ma non siamo di questo mondo, chiamati come siamo a diventare in pienezza i cittadini di un mondo nuovo. L’annuncio delle Beatitudini apre un cammino di speranza, offerto alla libertà e alla responsabilità, in una cultura menzognera che promuove una libertà totale, senza limiti e irresponsabile. Solo l’educazione alla libertà responsabile può preparare i giovani a diventare pienamente uomini.
È l’appello che Giovanni Paolo II non smette di trasmetterci, fin dall’inizio del suo pontificato. La storia della formazione delle nazioni europee va di pari passo con la loro evangelizzazione. E l’identità europea è incomprensibile senza il cristianesimo. È qui che si trovano le radici comuni della sua cultura, e ancora oggi della sua anima, valori allo stesso modo cristiani e umani: la dignità della persona, il sentimento profondo di giustizia e di libertà, la dedizione al lavoro, lo spirito di iniziativa, l’amore della famiglia, il rispetto della vita, la tolleranza e il desiderio di pace.
Schuman, in qualità di ministro degli Esteri francese, sottoscrive con i suoi colleghi della Repubblica Federale Tedesca, Italia e Benelux il trattato per la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, Parigi, 18 aprile 1951

Schuman, in qualità di ministro degli Esteri francese, sottoscrive con i suoi colleghi della Repubblica Federale Tedesca, Italia e Benelux il trattato per la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, Parigi, 18 aprile 1951

Al padre dell’Europa, Robert Schuman, sarebbero piaciute queste parole, che lui ha onorato per tutta la sua vita di cristiano impegnato in politica: "Occorre ricordare ai cristiani di oggi la loro comune responsabilità nei confronti dell’Europa ed infondere in loro un coraggio nuovo per un impegno di sacrificio per la pace e per la giustizia, i diritti umani e la solidarietà tra i popoli… Abbiate coraggio e forza, che vengono dalla nostra responsabilità cristiana, per impegnarvi anche in politica e nella vita pubblica, per il bene dell’uomo e della società nel vostro Paese e al di là delle sue frontiere. Nella Croce c’è la speranza di un rinnovamento cristiano dell’Europa, ma a condizione che i cristiani stessi prendano sul serio il messaggio della Croce. Croce vuol dire: non ci sono naufragi senza speranza, buio senza stelle, nessuna tempesta è senza un porto sicuro. Croce vuol dire: l’amore non conosce limiti. Comincia dal tuo prossimo, ma non dimenticare che è lontano. Croce vuol dire: Dio è più grande di noi uomini, Egli è la salvezza, anche nello scacco più grande. La vita è sempre più forte della morte"11.
La Conferenza dei ministri europei degli Affari culturali, presso la quale rappresentai la Santa Sede, a Berlino, il 23 maggio 1984, nella sua Dichiarazione europea sugli obiettivi culturali riserva giustamente ai valori spirituali e religiosi nel dinamismo culturale dell’Europa tutto il peso che meritano. Non dimentichiamolo, ora che si sta preparando una Carta per l’Europa. Cattolico per convinzione più ancora che per tradizione, Robert Schuman, a cui il Vangelo ha illuminato la vita e reso chiara l’azione politica al servizio della Francia e dell’Europa, ce lo ripete con la ferma convinzione che suscita la nostra adesione: "La democrazia deve la sua esistenza al cristianesimo. È nata il giorno in cui l’uomo è stato chiamato a realizzare nella sua vita temporale la dignità della persona umana nella sua libertà individuale, nel rispetto dei diritti di ognuno e nella pratica dell’amore fraterno verso tutti. Mai prima di Cristo idee simili erano state formulate. L’Europa deve darsi un’anima".
Ecco il nostro compito, sull’esempio di Robert Schuman, all’alba del terzo millennio.


Note

1 Questa conferenza trae il suo titolo e la sua sostanza dal bel libro che René Lejeune mi regalò, con dedica, a casa di Robert Schuman a Scy-Chazelles il 1� maggio 1993: Robert Schuman, un’anima per l’Europa, ed. Saint-Paul, 1986. Gli voglio esprimere tutta la mia gratitudine, e così anche per la sua nuova opera: Robert Schuman, padre dell’Europa, 1886-1963. La politica, cammino di santità, Fayard, 2000. I testi di Robert Schuman sono attinti dalla raccolta dei suoi Scritti politici. Per l’Europa, 3� edizione, prefazione di Jacques Delors, ed. Nagel, Ginevra 2000.
2 Robert Schuman, padre dell’Europa, op. cit., pp. 9-10.
3 Pio XI, Discorso del 18 dicembre 1927 presso la Federazione universitaria cattolica italiana.
4 Robert Schuman, È troppo tardi per fare l’Europa?, in Quale Europa? Ricerche e dibattiti, n. 22, Fayard, Parigi 1958, pp. 227 e 230-31, citato in Paul Poupard, L’eredità cristiana della cultura europea nella coscienza dei contemporanei, Fondazione Jean Monnet per l’Europa, Centro di ricerche europee, Losanna 1986, pp. 14-16.
5 Georges Elogzy, Robert Schuman, la discrezione al potere, in Le Figaro, 12 gennaio 1987.
6 Giovanni Paolo II, esortazione apostolica postsinodale Christifideles laici, sulla vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, 30 dicembre 1988, n. 42.
7 Paolo VI, enciclica Populorum progressio, sullo sviluppo dei popoli, 26 marzo 1967, n. 42, con citazione di Pascal, Pensieri, ed. Brunschvieg, n. 434.
8 Giovanni Paolo II, discorso a Pierre Morel, ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, il 27 giugno 2002, in Documentazione cattolica, tomo XCIX, n. 2274, pp. 656-657.
9 Novo millennio ineunte n. 31.
10 At 16, 9.
11 Giovanni Paolo II a Vienna, il 10 settembre 1983, citato da Paul Poupard in L’eredità cristiana della cultura europea nella coscienza dei contemporanei, op. cit. , p. 10.




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