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VIETNAM
tratto dal n. 05 - 2005

Alcune pagine del diario di D’Orlandi sul fallimento dell’“Operazione Marigold”

Bombe su Hanoi per bloccare il dialogo



Alcuni brani tratti dal diario dell'ambasciatore D'Orlandi


27 GIUGNO 1966 (lunedì)
Dei marines proteggono un gruppo di bambini vietnamiti

Dei marines proteggono un gruppo di bambini vietnamiti

Alle 11 è venuto a vedermi Lewandowsky. È di ritorno da Hanoi e mi sa di ritorno da Phnom Penh. Mi dà l’impressione di essere venuto per uno scambio di idee. Incomincio pertanto a parlargli del mio viaggio in Cambogia e del mio lungo colloquio con quel capo dello Stato. Concludo dicendogli che Sihanouk considera inattuale una qualsiasi mossa per portare i belligeranti al tavolo del negoziato. Con mia grande sorpresa Lewandowsky mi dice che non è affatto di questo parere e che il suo viaggio ad Hanoi gli ha permesso di constatare la disponibilità dei nordvietnamiti a una possibile intesa con gli americani. Il tono e la precisione dei termini adoperati non lasciano dubbi. Ho il cuore in gola dall’emozione. Gli chiedo: «Ella è latore di una proposta?». Risponde di sì. A questo punto gli chiedo se posso prendere delle note di quanto mi andrà dicendo. Eccole: «Il governo di Hanoi è pronto a fare sostanziali concessioni per raggiungere un compromesso politico con il governo di Washington in modo da far tornare la pace nel Vietnam. Il presidente Johnson è a conoscenza di questa disponibilità di Hanoi a trattare, ma sinora la sua reazione è stata negativa o controproducente. Infatti il governo Usa ha preso l’iniziativa, tramite l’ambasciatore canadese Ronning recatosi ad Hanoi, di proporre la sospensione dei bombardamenti nel Nord Vietnam sempre che Hanoi cessi le infiltrazioni nel Sud Vietnam, nonché accetti uno scambio di prigionieri. Il governo nordvietnamita ha considerato le proposte di Ronning equivalenti a una richiesta di capitolazione e ovviamente le ha respinte. Hanoi si attendeva di ricevere proposte più ragionevoli e soprattutto di respiro politico per un’eventuale sistemazione globale del conflitto vietnamita. Non quindi discussione sull’invio pacchi a prigionieri o scambio dei medesimi, ma dialogo sulla sistemazione della pace nella zona.
Hanoi esige il più assoluto segreto e non mancherebbe di smentire ogni cosa se queste sue proposte non fossero preliminarmente accolte in linea di massima e avvenisse qualche indiscrezione.
L’accettazione, s’intende da parte del governo americano, in linea di massima segnerebbe l’inizio dei contatti e del negoziato sempre che fossero assicurate le partecipazioni del Fronte di liberazione nazionale alle trattative e la sospensione da parte statunitense dei bombardamenti nel Nord Vietnam. Onde facilitare l’avvio delle discussioni sulla soluzione “globale” del problema vietnamita, il governo di Hanoi non chiederà l’immediata riunificazione del Vietnam; non cercherà di imporre un regime socialista al Sud Vietnam né chiederà un mutamento nelle relazioni estere tra il Sud Vietnam e l’Occidente. Infine, pur richiedendo il ritiro delle truppe Usa dal Sud Vietnam, il governo di Hanoi è pronto a discutere un calendario ragionevole». Ho chiesto, a questo punto, a Lewandowsky se potevo rileggergli le mie note, cosa che ho fatto senza dover apportarvi alcuna modifica. Ha quindi avuto inizio il più appassionante dialogo della mia vita. Prima una domanda: perché queste proposte vengono fatte tramite l’Italia, a sua volta officiata dalla Polonia, quando Hanoi potrebbe farle tramite un solo intermediario, Sainteny, che è un grande esperto in materia? Hanoi ritiene che il governo degli Stati Uniti non voglia trattare tramite i francesi. Perché non ne ha parlato direttamente a Cabot Lodge? Perché ritiene che Johnson prenda le sue decisioni dando poco peso ai consigli del mio amico, per cui il ministro Fanfani dovrà prospettare la proposta direttamente a Washington e al più alto livello possibile. Gli prospetto la necessità per me di parlarne a Cabot Lodge non appena i miei primi telegrammi saranno giunti a Fanfani. È d’accordo. Insistendo sulla necessità della massima segretezza, Lewandowsky si dice pronto a recarsi, non appena utile, ad Hanoi e, per gli incontri preliminari, in qualsiasi città della zona. Passando a esaminare la situazione attuale del conflitto, Lewandowsky mi dice che il piano dei militari americani (in questo momento seguiti dal loro governo) è di far crollare la resistenza vietcong con l’intensificazione dei bombardamenti nel Nord Vietnam. Aggiunge che queste sono pie illusioni e che questa potrebbe essere l’ultima possibilità per Washington di trattare sulla base di proposte così ragionevoli. Il governo polacco è al corrente del passo di Lewandowsky, ma se questo tentativo dovesse fallire Lewandowsky chiederebbe di lasciare Saigon e di essere destinato altrove. Prima di andarsene, Lewandowsky insiste sulla necessità di impostare gli incontri preliminari e le prime trattative in modo generale e globale, e non frammentario come, secondo lui, avrebbero tendenza di fare gli americani. Se possibile, evitare che la montagna partorisca il sorcio dello scambio pacchi o corrispondenza per i prigionieri. Ho vergato dispacci per Roma ed erano le 4 quando ho fatto colazione. Niente siesta oggi: del resto sono ancora così eccitato che stenterò a prendere sonno fra poco.

1° DICEMBRE 1966 (giovedì)
Presto stamane è venuto Lewandowsky, era raggiante. Ci siamo subito chiusi nel mio studio e ho avvertito Cabot Lodge che la riunione avrebbe avuto luogo qui alle 5 questo pomeriggio. Lewandowsky mi ha subito detto che la sua visita al Nord era stata oltremodo fruttuosa. Ha incontrato grosse difficoltà da ogni parte. Per incominciare ha dovuto disarmare la sfiducia del governo polacco e strapparne il consenso di puntare ogni carta sul tentativo tripartito. Poi è stata necessaria una riunione del Presidium nordvietnamita, che dopo una lunga e animata discussione ha consentito a dargli mandato segretissimo di proseguire le trattative tripartite. Questo è un vero trionfo, non mi si potrà più obiettare che si tratta di iniziativa personale nata dalla sbrigliata fantasia di un diplomatico polacco. Né si potrà obiettare che Lewandowsky rappresenti solo il pensiero del primo ministro di Hanoi o di quel ministro degli Esteri. La decisione di proseguire le trattative è collegiale e responsabile. Abbiamo ora la possibilità di conoscere il pensiero di Hanoi e soprattutto risposte impegnative di Hanoi. Lewandowsky ha esposto a quei governanti molto minutamente il tentativo tripartito e mi dice che non solo non sono state opposte obiezioni alla mia partecipazione, ma questa è stata dichiarata gradita.
L’unica condizione imposta da Hanoi è il segreto assoluto su tutta la trattativa. In caso di indiscrezione di qualsiasi natura, sia essa casuale o dolosa, il governo di Hanoi smentirà categoricamente il tutto, e altrettanto farà il governo polacco. Perché il tutto non sia silurato e non fallisca a così buon punto, bisogna che riesaminiamo da capo tutte le misure di segretezza prese sinora e che mascheriamo ancora meglio gli incontri tripartiti. Primo elemento sarà evidentemente la rapidità con la quale sapremo condurre l’operazione. Cabot Lodge ha già dimostrato di essere in grado di avere da Washington risposta alle sue domande anche più impegnative. Lewandowsky si trova in situazione meno favorevole circa la rapidità della sua comunicazione con Varsavia e veramente handicappata per quanto concerne quella con Hanoi, dove deve recarsi di persona di volta in volta. Ma oggi Lewandowsky è latore di ampie proposte, per cui l’onore della risposta è di Cabot Lodge. Il 9 Rusk sarà di passaggio per tre giorni a Saigon e sarà già al corrente e delle proposte di Lewandowsky e delle reazioni di Washington. Entro il 14 poi Rusk incontrerà Fanfani che, ne sono sicuro, spazzerà le ultime perplessità. Prima di andarsene Lewandowsky mi dice che se riusciamo stasera o nelle prossime riunioni a tre a gettare le basi per un negoziato, Hanoi vorrà continuare le trattative direttamente con gli Stati Uniti. Questo mi turba non poco e lo dico subito a Lewandowsky spiegandogli che, a mio parere, molto di più deve essere trattato da noi tre prima di poter correre l’alea di un confronto diretto tra negoziatori statunitensi e nordvietnamiti. Lewandowsky ne conviene, ma dice che in questo momento tale è il desiderio di Hanoi, e forse potrà mutare nei prossimi giorni, visto che la determinazione di Hanoi non è categorica e definitiva. Telegrafo subito al ministro Fanfani preannunciandogli un telegramma decisivo per questa sera dopo l’incontro tripartito, comunicandogli che Lewandowsky è diventato anche agli occhi degli americani un interlocutore valido e dicendogli tutto il bene che penso del diplomatico polacco, che ha dato prova di acume, intelligenza, sensibilità, lealtà e, cosa che non guasta, ... fortuna.
Circolano voci a Saigon di iniziative del Vaticano per la pace; le tre tregue fissate per Natale, dal 24 al 26 dicembre, per Capodanno, dal 31 dicembre al 2 gennaio, e per il Tet, dall’8 al 12 febbraio, portano questa popolazione, veramente assetata di pace, a sognare e parlare di un ponte che andrebbe dal 24 dicembre al 12 febbraio 1967. Il che rende molto nervoso il quartier generale americano, conscio della quasi impossibilità, se questa tregua si realizzasse, di riprendere i bombardamenti contro il Nord Vietnam. Chissà perché gli americani si intestardiscono così pervicacemente a voler continuare i bombardamenti giacché le infiltrazioni del Nord Vietnam, lungi dal diminuire, sono addirittura quadruplicate! [...].

[Dopo che Lewandowsky ha discusso positivamente i dieci punti dell’accordo con Cabot Lodge].
L’ambasciatore Lewandowsky aggiunge che Mosca è stata (ad altissimo livello) minutamente informata e che attende di conoscere gli sviluppi del negoziato. In via confidenziale, a me solo ha aggiunto (dopo la riunione) che Gomulka e Rapacki ritengono che si debba fare in fretta e, pur ritenendo possibile un dialogo diretto Washington-Hanoi, pensano che le riunioni tripartite saranno ancora molto utili. Lewandowsky ha concluso la sua risposta a Lodge dicendo che nella nostra prossima riunione egli chiederà alcuni chiarimenti. Cabot Lodge ha ringraziato molto e ha detto che il governo Usa attribuiva la massima importanza alle nostre riunioni, che avrebbe ottenuto nel più breve tempo possibile la risposta richiesta e che venendo da me venerdì (domani) avrebbe potuto fissare per sabato la riunione tripartita. Cabot Lodge si è dichiarato d’accordo a rafforzare le misure di segretezza. Abbiamo concordato alcuni accorgimenti e, per parte mia, ho detto che le mie comunicazioni giungevano direttamente al ministro Fanfani, decifrate dal mio collega, da lui scelto personalmente quale capo servizio della Cifra.
Quindi entro dopodomani avremo la felice soluzione! Che Iddio ci assista!

Le macerie della città imperiale di Hué, dopo i duri bombardamenti da parte delle forze Usa nel ‘68

Le macerie della città imperiale di Hué, dopo i duri bombardamenti da parte delle forze Usa nel ‘68

16 DICEMBRE 1966 (venerdì)
XX anniversario dell’insurrezione di Hanoi (16/12/1946). Molti attentati. Le notizie di agenzia circa il bombardamento assai pesante di Hanoi di ieri hanno provocato viva emozione in tutti gli ambienti saigonesi. I miei amici vietnamiti che conoscono bene Hanoi hanno cercato in base alle varie notizie di localizzare i quartieri bombardati. Essi sono stati categorici: si tratta dei quartieri centrali. Sarebbe stata anche colpita l’Ambasciata di Cina. Gli americani sono diventati matti!

17 DICEMBRE 1966 (sabato)
Stamane è venuto a vedermi Lewandowsky e mi ha detto che, il 15 dicembre, il primo ministro Pham Van Dong, a seguito del bombardamento di Hanoi da parte americana del 14 dicembre, ha telegrafato al ministro Rapacki che, a seguito della nuova scalata della guerra da parte americana, la situazione doveva considerarsi cambiata. Il telegramma di Pham Van Dong continua sottolineando che dal 2 al 14 dicembre Hanoi era stata assoggettata a tre pesanti bombardamenti e che in particolare quello del 13 dicembre era stato gravissimo; tale azione decisa dagli Stati Uniti, mentre sono in corso conversazioni tripartite a Saigon (mi sembra degno di nota che il messaggio del primo ministro nordvietnamita menzioni noi tre) e proseguono i colloqui tra il ministro Rapacki e l’ambasciatore degli Stati Uniti a Varsavia, è da qualificarsi “cinica” e chiarisce le vere intenzioni degli Stati Uniti. Pertanto, conclude Pham Van Dong, riteniamo che, in queste condizioni, i contatti debbano essere interrotti. Il ministro Rapacki, nel comunicare il contenuto di tale telegramma di Pham Van Dong all’ambasciatore Usa in Varsavia, gli aggiungeva: 1) gli Stati Uniti sapevano bene quanto fossero promettenti le conversazioni a Saigon e a Varsavia; 2) proprio quando tali favorevoli prospettive stavano per concretarsi, gli Usa decidevano un’ulteriore scalata della quale non potevano ignorare le conseguenze; Rapacki ne aveva personalmente avvertito gli Stati Uniti per ben sei volte. Il bombardamento di Hanoi del 13 dicembre costituiva un elemento decisivo sia per Hanoi che per Varsavia; non possono ormai sussistere dubbi circa i veri intenti degli Stati Uniti. Perciò il governo polacco comprende, approva e appoggia la presa di posizione di Pham Van Dong. L’intera responsabilità di aver annullato le prospettive aperte dal negoziato ricade sugli Stati Uniti.
Lewandowsky conclude amaramente dicendomi che, ora che il governo degli Usa è riuscito a far naufragare ogni possibilità di negoziato, non vi saranno più bombardamenti così intensi del Nord Vietnam e specialmente di Hanoi. Lo rivedrò a cena da me martedì.


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