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ONU
tratto dal n. 07/08 - 2005

Note dal Palazzo di Vetro

Ciò che l’Africa chiede




REGISTA. Gheddafi a Sirte per l’Assemblea dell’Unione africana

REGISTA. Gheddafi a Sirte per l’Assemblea dell’Unione africana

I leader africani lo hanno bene in mente e si sono comportati di conseguenza. Passa il treno della riforma delle Nazioni Unite e loro si sono attrezzati per non perderlo, dimostrando consapevolezza che i decenni futuri saranno cruciali per il continente, che già figura in cima alla lista delle priorità del Palazzo di Vetro.
Il gruppo regionale dell’Africa conta all’Onu 53 voti, un pacchetto necessario per formare in pratica qualunque maggioranza nell’Assemblea generale. Ciò detto, il Consiglio esecutivo dell’Unione africana, riunito in Etiopia a marzo, ha espresso una convinta posizione comune sulla ristrutturazione dell’Onu, e lo ha fatto bene, per la prima volta. L’Assemblea dell’Ua lo ha ribadito perentoriamente a Sirte il 4 e 5 luglio, alla presenza di capi di Stato e di governo del continente, mettendo nero su bianco che le riforme all’Onu avranno senso solo se servono all’Africa per rafforzarne «l’unità, la coesione, la capacità di negoziare… l’affermazione della sua strategia di influenza». È chiaro però che tutto ciò sarà messo alla prova dai pesanti negoziati in corso per compiere la più delicata delle riforme, quella del Consiglio di sicurezza. Mentre scriviamo non sappiamo se il cosiddetto “Gruppo dei quattro” (G4: Germania, Giappone, Brasile e India) riuscirà prima della pausa estiva ad avere dall’Assemblea generale i 128 voti necessari per far passare la sua mozione, che prevede 6 nuovi seggi permanenti – di cui 4 ovviamente andrebbero al G4 – e altri 2 seggi a rotazione fra altre 4 nazioni. Una tale proposta allargherebbe un po’ l’olimpo del Consiglio di sicurezza, ma senza prima stabilire criteri oggettivi di assegnazione di seggi permanenti. E ha già suscitato forti e ragionevoli resistenze nei Paesi piccoli, medi e medio-grandi che sostengono invece l’opzione di dotare il Consiglio di nuovi seggi a rotazione, di durata quadriennale (non più solo biennale) e immediatamente rinnovabili, così da permettere una partecipazione migliore e continuativa di tutti i Paesi che dell’Onu sono veri contributori e promotori e che non si sentono garantiti dal fatto che, tra l’altro, a godere del diritto di veto sarebbero in futuro – entro quindici anni, come auspica il G4 – non più 5 ma 11 Paesi, su un totale di 191 membri dell’Onu (oltre alla considerazione del danno ulteriore che tale impostazione reca all’idea di democraticità delle Nazioni Unite, dove già siedono 5 beati possidentes di veto).
La risoluzione proposta dal G4 in realtà alletta gli africani, con l’offerta di due seggi permanenti, che ufficialmente è il loro obiettivo “minimo”. A cui essi aggiungono però il diritto di veto da subito, altri 5 seggi non permanenti e il diritto dell’Unione africana di selezionare, con criteri interni, chi dei suoi membri siederà al Consiglio di sicurezza.
La posizione dell’Africa, che vuole essere unitaria, è ora alla prova della realtà. Anzitutto al suo interno, sui candidati al Consiglio. Nigeria e Sudafrica sono i più quotati, ma sono ambedue Paesi subsahariani che potrebbero non essere votati dai nordafricani, fra i quali spicca l’azione diplomatica a tutto campo dell’Egitto, possibile outsider (che ad esempio potrebbe chiedere i voti degli Stati aderenti alla Conferenza islamica). Ma tra i candidati c’è anche la Libia, che aspira comuque a un ruolo di regista e sa farsi valere anche in questo frangente.
E poi il G4 ha più volte chiesto incontri con gli africani, per ottenerne al più presto il consenso, se non di tutti almeno di quelli utili a raggiungere la soglia dei 128 voti necessari al passaggio della propria risoluzione.
Va ricordato comunque che le alleanze e le variabili in campo sono numerosissime e che le procedure per avere questa come le altre riforme onusiane in agenda sono lunghe, e non basterebbe ora una prima vittoria, pur importante, in Assemblea generale. Inoltre gli Stati Uniti e la Cina, per diverse ragioni, s’oppongono alla risoluzione del G4, e ciò sarà, a norma di statuto, più che sufficiente ad affossarne il tentativo.
Infine, fuori della mischia per l’approvazione delle varie risoluzioni sui seggi permanenti e confidando che i negoziati non diventino contrattazioni all’ombra dei nazionalismi, c’è comunque un messaggio vero che l’Africa oggi rivolge a tutti i Paesi che siedono al Palazzo di Vetro. È in ciò che ha detto a Sirte Alpha Oumar Konaré, stimato presidente della Commissione dell’Ua: «Le riforme dovrebbero democratizzare tutte le istituzioni delle Nazioni Unite… e continuare a promuovere le condizioni favorevoli allo sviluppo, specialmente quello dei Paesi che hanno avuto di meno». Chi voterà per le riforme ci pensi.



G.C.






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