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CASI
tratto dal n. 07/08 - 2005

Gli ecclesiastici arruolati dai servizi dell’Est

Da un Paese lontano per spiare da vicino


L’Istituto polacco della memoria nazionale, che sta esaminando gli archivi della polizia segreta dell’ex regime comunista, afferma che per controllare la Chiesa, in Polonia e non solo, erano stati arruolati come informatori migliaia di religiosi e sacerdoti. Intervista con Jan Zaryn, storico


Intervista con Jan Zaryn di Giovanni Cubeddu


Qui sopra, il religioso polacco Konrad Stanislaw Hejmo guarda i titoli dei giornali sullo stato di salute di papa Wojtyla, nell’edicola fuori del colonnato di piazza San Pietro; sotto, i cardinali polacchi  Stefan Wyszynski e Karol Wojtyla al loro arrivo a Roma in occasione del funerale di papa Paolo VI, agosto 1978

Qui sopra, il religioso polacco Konrad Stanislaw Hejmo guarda i titoli dei giornali sullo stato di salute di papa Wojtyla, nell’edicola fuori del colonnato di piazza San Pietro; sotto, i cardinali polacchi Stefan Wyszynski e Karol Wojtyla al loro arrivo a Roma in occasione del funerale di papa Paolo VI, agosto 1978

Alla fine di aprile forte clamore ha destato la notizia, giunta dalla Polonia, che uno degli uomini più vicini al Papa polacco – il padre domenicano Konrad Stanislaw Hejmo, responsabile dei pellegrinaggi dei polacchi a Roma – sarebbe stato sin dai tempi del regime comunista in Polonia un informatore dei servizi segreti di Varsavia, e purtroppo non il solo nel clero locale dell’epoca. La fonte di tale rivelazione era Leon Kieres, presidente dell’Istituto polacco della memoria nazionale (Ipn), un ente pubblico indipendente, il cui statuto fu approvato nel dicembre 1998 dal Parlamento democratico di Varsavia, con il fine di ristabilire la verità storica sull’oppressione nazista e comunista della Polonia dal 1939 al 1989, anche esaminando gli archivi segreti della polizia segreta polacca. L’Ipn promuove anche inchieste che possono sfociare in procedimenti giudiziari.
Abbiamo chiesto perciò all’Ipn di metterci a parte delle ricerche in corso e di dare ragione del clamore suscitato. A nome dell’Istituto ci ha risposto Jan Zaryn, docente universitario e storico che vanta tredici libri e oltre cento articoli scientifici, quasi tutti dedicati alla storia della Chiesa di Polonia.

Su quali documenti si basa il lavoro del vostro Istituto a proposito dell’attività dei servizi segreti dell’Est contro la Chiesa cattolica e il Vaticano?
JAN ZARYN: La fila dei documenti conservati in Polonia a proposito dell’«attività della polizia segreta» è lunga circa 90 chilometri. Essi sono stati redatti dal 1944 al 1990 dai funzionari della polizia segreta polacca, l’“Sb”, come veniva chiamata a partire dal 1956 (dal 1944 al 1956 il suo nome era invece “Ub”). Come è noto, dal ’44 all’89 in Polonia più del novanta per cento della popolazione era cattolica, e dal ’47 al ’90 la polizia segreta ha cercato informazioni sulla Chiesa cattolica e sui vescovi polacchi. Ecco perché la documentazione oggi presente all’Ipn a proposito della politica del regime comunista polacco contro la Chiesa cattolica è vastissima, enorme.
Di quali documenti si tratta?
ZARYN: Atti amministrativi, istruzioni, ordini dei dirigenti del Ministero, documenti dei funzionari della polizia segreta che erano in contatto con gli informatori e quelli preparati dagli stessi informatori. Ma anche i documenti personali redatti dall’ufficio passaporti, altri di provenienza dagli stessi enti sotto osservazione, eccetera.
Ad esempio, l’informatore con lo pseudonimo Zigmunt (cioè Sigismondo) è stato un sacerdote della Chiesa cattolica, che ha condotto l’attività di informatore dal 1949 fino alla metà degli anni Sessanta. Zigmunt è stato membro di commissioni episcopali polacche molto importanti e ha fatto per i servizi segreti il resoconto di quelle riunioni. Abbiamo anche dossier sulle diocesi e sulle parrocchie, su tutti i monasteri maschili e femminili, sui seminari, sulla Kul, l’Università cattolica di Lublino (che in Polonia era definita come “l’unica università cattolica tra Berlino e Vladivostok”…). La polizia segreta ha investigato su tutti i monasteri polacchi, domenicani, gesuiti, francescani, ma soprattutto su quelli domenicani e gesuiti, perché erano i più attivi nel lavorare con i giovani.
Dal ’62, i funzionari della polizia segreta appartenenti al IV dipartimento del Ministero dell’Interno hanno “personalizzato” le loro informazioni. Tutti i sacerdoti – ma anche gli allievi del seminario – sono stati fino al ’90 singolarmente oggetto di un fascicolo di informazioni dettagliate (denominato Teok; per i vescovi il codice era Teob, per le parrocchie Teop). In quella documentazione, inoltre, ci sono sui sacerdoti molte informazioni provenienti dagli altri dipartimenti, come il III, che si occupava di dissidenza politica.
Quali sono stati i mezzi più usati dai servizi dell’Est per avere in Polonia informazioni sulla Chiesa cattolica o su Solidarnosc?
ZARYN: Il primo sistema è stato quello degli informatori. Dal 13 luglio ’49 fino agli anni Settanta, ad esempio, sono state redatte al Ministero dell’Interno molte “istruzioni” per formare i funzionari, insegnando loro a lavorare con gli informatori. La formazione dei futuri informatori è stata dal ’62 al ’90 il primo obiettivo del IV dipartimento. Il suo secondo obiettivo era avere il maggior numero possibile di informatori nelle alte istituzioni della Chiesa, per esempio nella Curia episcopale. Era auspicabile che un funzionario fosse in contatto con un giovane sacerdote, perché entro cinque o dieci anni questi sarebbe sicuramente diventato vescovo, ossia un informatore di prima qualità.
Il secondo modo di ottenere informazioni?
ZARYN: Infiltrarsi con intercettazioni telefoniche e fotografie fatte in segreto, oppure guardando la corrispondenza. Anche la corrispondenza che veniva spedita dal Segretariato episcopale polacco al Vaticano veniva letta dal dipartimento dei servizi segreti, dalla sezione “W”, mentre la sezione “T” si occupava delle intercettazioni telefoniche. La sezione “W” leggeva quelle lettere, le fotocopiava o le stenografava, e le rimetteva accuratamente nelle buste per poi rispedirle al destinatario che figurava sulla busta.
Secondo la stampa internazionale l’Ipn possiede centinaia di pagine di rapporti sul caso di padre Hejmo.
ZARYN: La documentazione trovata ed esistente in Istituto su padre Konrad Hejmo consiste in circa settecento pagine. Il nostro rapporto, redatto da tre storici (Andrzej Grajewski, Pawel Machcewicz e io), è di circa settanta pagine. Il dossier consta di tre parti. La prima è relativa sostanzialmente ai colloqui tra il funzionario della polizia segreta Waclaw Glowacki e il padre Hejmo, che in quel periodo, dal 1975, si occupava del mensile domenicano W drodze, “In marcia”. A Roma poi padre Hejmo incontrava talvolta un funzionario (il segretario, “Pietro”) dell’ambasciata della Polonia comunista, che era anche funzionario nel I dipartimento della Sb, e “Lacar”, agente della Sb ma anche della Bnd, i servizi segreti federali tedeschi (e non si conosce il suo ruolo autentico senza conoscere i documenti tedeschi). Leggere quella documentazione è estremamente interessante. Hejmo ha parlato molto, anzi troppo.
Ha destato incredulità la notizia, sempre fatta filtrare dal vostro Istituto, che la “collaborazione” con i servizi segreti, a un certo punto, riguardasse 2.600 sacerdoti, ossia il 15 per cento del clero polacco. Come è stato possibile?
ZARYN: Occorre precisare che la cifra di 2.600 sacerdoti, pari a circa il 15 per cento del clero polacco, deriva da una statistica basata su dati del 1977. In un mio libro sull’argomento ho provato a contare quanti sacerdoti abbiano collaborato con l’Sb, e ho preso il ’77 come esempio, perché avevo ottime possibilità di comparare le cifre dell’ufficio statistiche della polizia segreta (ufficio “C”) con le cifre della Chiesa polacca. Inoltre è importante, secondo me, ricordare come quel ’77 sia stato anche l’inizio della grande opposizione democratica.
Che significa?
ZARYN: I gruppi dell’opposizione dal ’77 sono aumentati di numero. Nell’80 e nell’81, quando Solidarnosc è diventata legale, si sono mobilitate circa dieci milioni di persone. Quindi la polizia segreta ha avuto bisogno di molti più informatori, e lo stato di guerra dichiarato nel Paese dal 13 dicembre 1981 le ha dato la possibilità di reclutarne di nuovi: nell’84 ce n’erano più di 84mila. Da allora i sacerdoti sono stati di più e quindi l’Sb aveva una possibilità molto maggiore di ottenere informazioni anche tra i cattolici. Quindi, il 15 per cento del clero è stato denominato “informatore” dall’Sb anche negli anni Ottanta. Secondo me si tratta di una cifra importante. Ma dovremmo per contro verificare l’identità e l’efficacia di ciascun informatore.
Fino a che punto i servizi segreti sono riusciti a penetrare nella gerarchia cattolica? E la Chiesa cattolica non sospettava che esistessero sacerdoti collaboratori?
ZARYN: È una domanda molto seria. Posso dire che non conosco nessun vescovo o membro dell’episcopato polacco che sia stato un informatore. Finora non ho mai trovato vescovi polacchi che abbiano collaborato con i comunisti. Finora. Sa, sono più di 90 chilometri di atti.
Ho presente tanti documenti riguardo al primate polacco Stefan Wyszynski, e un documento datato 1970 che è stato preparato dai funzionari del IV dipartimento grazie a informatori molto vicini al primate, che lavoravano nella sua stessa segreteria. Ma è difficile dare una risposta precisa: poteva essere il segretario personale del primate, qualcuno a lui molto vicino, oppure un operaio o un ingegnere che avesse avuto numerosi contatti con il Segretariato, visto che l’edificio era stato ristrutturato… In ogni caso, sono situazioni davvero delicate. E io conosco solo il criptonimo di quegli informatori, non i loro nomi. So che lo pseudonimo Sibismunt era l’incaricato dell’editoria dell’episcopato polacco, e un sacerdote conventuale ha fornito il riassunto degli incontri di quella commissione dell’episcopato polacco. Credo che ce ne fossero degli altri. Per esempio, uno storico polacco di Rzeszow, nel sud della Polonia, ha ricevuto documenti riguardanti la Curia della diocesi di Przemysl, proprio dove lavorava il vescovo Tokarczuk, un eroe polacco, un nemico del comunismo. Lo storico ha verificato che negli anni Settanta c’erano otto informatori dentro la sua Curia. Allo stesso modo, uno storico di Cracovia ha trovato documenti a proposito di informatori molto vicini alla Curia di Cracovia. Per esempio, Tadeusz Novak, che ha lavorato a Cracovia sia nella redazione di Tygodnik Powszechny sia come economo nella Curia metropolitana di Cracovia. Ma credo che ci siano stati altri informatori, ben piazzati nelle alte sfere clericali polacche.
L’attentato a Giovanni Paolo II in piazza San Pietro, il 13 maggio 1981

L’attentato a Giovanni Paolo II in piazza San Pietro, il 13 maggio 1981

La Chiesa cattolica immaginava l’esistenza di collaboratori.
ZARYN: Sì, il primate Wyszynski e gli altri vescovi avevano saputo che i funzionari dell’Sb li spiavano, leggevano le loro lettere, eccetera. Anche quando il primate era prigioniero, le due persone a lui più vicine hanno dato informazioni all’XI dipartimento. Ma il primate non aveva nulla da nascondere. Ha detto sul potere le stesse cose, sia ufficialmente che in segreto.
E il governo sapeva pure che nella Chiesa alcuni sacerdoti informatori venivano smascherati…
ZARYN: I vescovi avevano esperienza dei contatti con la polizia segreta, sia l’Ub che l’Sb. C’erano precise istruzioni dell’episcopato polacco in cui i vescovi proibivano ai sacerdoti di incontrare funzionari dell’Sb. Si può tuttavia avanzare l’ipotesi che ci fossero dei preti, complici di funzionari dell’Sb, che poi facevano rapporto ai loro vescovi: erano cioè agenti doppi. So di qualche esempio, solo per gli anni Quaranta e Cinquanta. Un sacerdote, che si chiamava Emmanuel Grim, della parrocchia di Izdebna, nella Polonia meridionale, era informatore dell’Ub (poi Sb), ma ciò era per lui un tormento. Informò il suo vescovo, Stanislaw Adamski, di essere stato costretto a dare delle informazioni contro la Chiesa. Qualche mese dopo morì. Forse la sua morte è dipesa dalla situazione critica nella quale si trovava…
Un’altra storia?
ZARYN: Risale agli anni Cinquanta, quella del sacerdote Joseph Bak, informatore con lo pseudonimo Prosty, cioè il “Semplice”. Era un membro del grande ente cattolico Caritas, e il 23 gennaio 1950 aiutò il potere comunista a infiltrarsi nelle istituzioni cattoliche. Poi il vescovo Adamski gli parlò chiaramente, e si sentì rispondere che «il potere comunista mi ha chiesto di farlo per loro, e ho pensato che fosse un bene per la Chiesa…». Il vescovo gli diede l’assoluzione.
E lei che cosa ne ha dedotto?
ZARYN: Sono degli esempi. Forse tanti sacerdoti pensavano che i loro contatti con i funzionari dell’Sb non fossero segreti, cattivi per la Chiesa. E i funzionari dell’Sb non sapevano se i preti informatori dopo gli incontri parlassero o no con i loro vescovi. La risposta alla domanda se il tale sacerdote fosse davvero un informatore dell’Sb polacco, che la Chiesa si poneva spesso all’epoca, era molto difficile. Ecco perché ho voluto prima precisare che quel 15 per cento di informatori del ’77 consiste in una stima dell’Sb e non della Chiesa.
Investigando sull’attentato a Giovanni Paolo II, i magistrati italiani hanno ipotizzato l’esistenza di complici anche nella stessa Città del Vaticano. Che cosa dice la vostra documentazione a proposito delle fonti segrete dei comunisti interne al Vaticano?
ZARYN: Purtroppo non conosco la risposta. Come lei sa, abbiamo la documentazione del sacerdote Hejmo, in cui si possono trovare un certo numero d’informazioni sul Vaticano negli anni Ottanta. Sono soprattutto informazioni che parlano dei rapporti tra Giovanni Paolo II e l’episcopato polacco.
Gli informatori che stavano in Vaticano hanno segnalato che il Vaticano dava alla questione politica in Polonia una grande importanza.
Abbiamo anche informazioni su altri agenti che spiavano il Vaticano, ma per ora non posso rivelare i loro nomi.
Quanto durava la collaborazione con i servizi segreti?
ZARYN: Dipende. Padre Hejmo ha cominciato a incontrare agenti dell’Sb nel ’75, fino all’88, e dall’81 era a Roma. Fino all’81 è stato protetto da un funzionario del IV dipartimento del Ministero dell’Interno e dopo se ne è incaricato il I dipartimento. Posso anche raccontarle la storia di un prete di un convento che ha cominciato il suo lavoro contro la Chiesa nel ’49 e ha smesso nel ’68, quando è morto. E qualche anno dopo la sua morte i funzionari dell’Sb hanno fatto sparire tutti i documenti e il materiale che stava nel suo “dossier di lavoro”. Fortunatamente i rapporti fatti da quel prete sono stati poi trovati, all’interno di altri fascicoli.
Ricorda qualche altra collaborazione prolungata?
ZARYN: Padre Wladyslaw Kulczycki, che ha lavorato a Cracovia dal ’48 fino alla sua morte, nel ’67. Ha collaborato sotto gli pseudonimi Torano e Zagielowski, dando molte informazioni all’Sb soprattutto sul vescovo Karol Wojtyla e sul suo ambiente, i giovani cattolici con i quali s’incontrava a Cracovia durante gli anni Sessanta.
Per contro, tanti preti sono stati informatori per pochissimo tempo; due o tre incontri con il funzionario dell’Sb, e poi chiedevano il passaporto per mettersi al riparo, fuori dalla Polonia.
Ancora sull’attentato al Papa. Sulla base della sua esperienza, lei che giudizio si è fatto della cosiddetta “pista bulgara”?
ZARYN: Credo che non si possano fornire argomenti autentici e solidi per provare la responsabilità dell’Sb nel tentativo di assassinare il Papa il 13 maggio 1981. Purtroppo, o per fortuna, veda lei, non ho trovato documenti che diano una informazione di questo tipo.
Sappiamo che i funzionari del IV dipartimento hanno partecipato a una riunione a Mosca con i funzionari del Kgb a proposito di un progetto sulla Chiesa, ma i risultati di quell’incontro sono ignoti. E sappiamo anche che esisteva di sicuro un rapporto tra i servizi segreti polacchi e quelli sovietici, nel 1981. Ma non esistono documenti a proposito.
Sono d’accordo con quel giornalista tedesco che ha trovato un documento della Stasi datato ’81 da cui si evince che essa ha provato a disinformare l’opinione pubblica e gli occidentali, dicendo che i bulgari non c’entravano nulla con l’attentato a papa Giovanni Paolo II, e che solo i procuratori italiani hanno dato questa informazione. Sappiamo anche che Ali Agca ha spesso cambiato versione e che avrebbe voluto parlare prima. Ma dopo un po’ Ali Agca ha cambiato versione, sicuramente vittima di pressioni e minacce da parte della Stasi, dicendo: «Ero io solo a voler uccidere il Papa». Sono “briciole” di informazioni.
Ciò non toglie che in Polonia e per i polacchi, posso dirlo da storico così come da polacco che era a Varsavia il 13 maggio ’81, il colpevole si chiamava Mosca.
Ha condiviso i risultati delle sue ricerche con la Conferenza episcopale polacca? Tra voi è nata una collaborazione positiva?
ZARYN: Ho alcuni contatti con i vescovi e col primate, che mi hanno autorizzato ad accedere agli archivi segreti del primate di Polonia dal ’44 all’89. Sono documenti estremamente importanti per la storia. Non so esattamente quando finirò, ma sto preparando la pubblicazione dei documenti in polacco che ho raccolto al Consiglio dell’episcopato (Rada Glowna). Collaboro spesso con i vescovi e ho rapporti molto cordiali. Ho anche pubblicato alcuni libri sulle relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica dopo la Seconda guerra mondiale. Libri che, insieme con gli altri prodotti dai miei colleghi, vengono letti da vescovi e sacerdoti, e anche da seminaristi, come lettura obbligatoria. Anche se, per esempio, tante volte ho scritto sul padre Hejmo degli interventi che non sono molto ben visti dagli uomini di Chiesa... Ma non sono lo storico di corte dei vescovi. Come si dice in Polonia: durante il periodo comunista c’erano gli storici di corte… Come sotto Luigi XIV…
Ha mai trovato tracce di conflitti in Polonia tra i servizi segreti dell’Est e i servizi segreti occidentali?
ZARYN: L’argomento è molto vasto, ma posso dire qualcosa. Personalmente conosco meglio i documenti del III dipartimento tra gli anni Quaranta e Cinquanta. Allora c’erano molti polacchi emigrati politici, legati alla Cia o all’MI6 britannico e ai servizi segreti tedeschi [cioè all’organizzazione del generale nazista Gahlen, arresosi agli Stati Uniti nel 1945, che per anni, con la sua rete composta di migliaia di ex nazisti, ha continuato a spiare contro l’Unione Sovietica, ndr]. Molti polacchi legati al governo in esilio hanno lavorato contro i comunisti in Polonia. Spiavano la Polonia sovietica, non i polacchi. Erano guidati dal governo in esilio o dal generale Wladyslaw Anders, anche lui in esilio. E i comunisti hanno imbastito grandi operazioni contro quei polacchi spie, come l’operazione Cèsar [’48-52, ndr].
In realtà era un gioco, un grande gioco! Ma si può scoprire l’esistenza di tutta un’altra storia…
In alto, Karol Wojtyla al lavoro nel suo studio a Cracovia; qui sopra, la polizia polacca controlla una manifestazione di Solidarnosc durante la visita del Papa a Varsavia nel 1987

In alto, Karol Wojtyla al lavoro nel suo studio a Cracovia; qui sopra, la polizia polacca controlla una manifestazione di Solidarnosc durante la visita del Papa a Varsavia nel 1987

Infine, che cosa le è restato in animo dopo aver studiato così approfonditamente gli archivi del periodo della battaglia ideologica contro la Chiesa cattolica e contro la religione in generale in Polonia?
ZARYN: Posso dire che la polizia segreta ha portato avanti la battaglia contro la Chiesa cattolica, cioè contro le istituzioni e le singole persone, per tutto il tempo. L’Sb ha avuto molti strumenti a disposizione – l’omicidio, l’arresto, l’infamia – e li ha usati contro il suo nemico. Solo tra il ’44 e il ’56 i comunisti hanno arrestato quasi mille sacerdoti, hanno isolato alcuni vescovi – non solo il cardinale Wyszynski –, hanno smantellato la Chiesa greco-cattolica, hanno deportato in Siberia molti preti che vivevano in territorio polacco, ad est della linea Ribbentrop-Molotov. La polizia segreta è stata creata dall’Nkwd sovietico [il Commissariato del popolo per gli affari interni, poi divenuto Kgb, ndr] e ha continuato il suo lavoro sulle terre conquistate dopo la Seconda guerra mondiale.
Ma bisogna anche dire che la polizia segreta non era un’istituzione sovrana, era diretta dal Partito comunista al potere. I comunisti hanno favorito la battaglia contro la Chiesa, si sono assunti la responsabilità degli effetti della loro politica. E hanno poi portato avanti la battaglia contro la Chiesa usando anche altri strumenti: politici, come la propaganda ateistica e il marxismo quale ideologia obbligatoria, anche a scuola; economici, come l’acquisizione delle proprietà della Chiesa, per esempio nell’ex Urss e in Ungheria; giuridici, come le norme che proibivano lo sviluppo della cultura cattolica, delle associazioni cattoliche, la presenza del cattolicesimo nella vita pubblica, e così via.
Occore ricordare che in Polonia, nel 1945, il popolo era al novanta per cento cattolico, come lo era nell’89. Bisogna anche dire che dal 1978 la Chiesa cattolica è stata diretta dal Papa della Polonia.
Anche questi sono i risultati della politica religiosa stabilita dal potere: Felix culpa.


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