Pensare, non sognare
Una mostra ha messo a confronto le opere che Van Gogh e Gauguin realizzarono nei 63 giorni di vita comune ad Arles. E ha fatto emergere la differenza che oppone i due maestri dell’arte moderna. La fisicità della pittura di Van Gogh contro la pittura di fantasia di Gauguin
di Giuseppe Frangi
Van Gogh, autoritratto dedicato a Paul Gauguin (Bonzo), 1888, Fogg Art Museum dell‘Università di Harvard
"Il nostro dovere è pensare, non sognare". Eppure era stato proprio Van Gogh a sognare a lungo quel sodalizio, primo nucleo di una comunità di pittori da radunare sotto il sole della Provenza. Era stato lui a tallonare lamico Paul Gauguin, a farlo mettere sotto pressione dal fratello Theo, che di Gauguin era anche il mercante, e quindi teneva i cordoni della sua borsa. Decine di lettere scritte nellestate del 1888 testimoniano lansia, limpazienza, ma anche le enormi aspettative che Van Gogh riponeva su quella venuta. Gauguin, in quei mesi, stava in Bretagna, a Pont-Aven, un po malaticcio, e tergiversava con scuse anche un po patetiche, come la fatica del viaggio in treno per un artista debilitato come lui. Era di poco più anziano, già con un carattere da leader, tantè che aveva un entourage di ammiratori e imitatori.
Van Gogh, Vaso con quattordici girasoli, 1888, Seiji Togo Memorial Yasuda Kasai Museum of Art, Tokyo
Gauguin, al contrario, si muoveva sempre negli spazi dellambiguità, sia che si trattasse di decidere i propri comportamenti sia che si trovasse davanti al cavalletto. Se Van Gogh era monacale nel suo bisogno di cercare regole o presenze alle quali appoggiare la propria vita, Gauguin era insofferente di quelle giornate ritmate solo dal lavoro. Se Van Gogh ostinatamente sattaccava ad ogni appiglio che la realtà gli offriva, Gauguin aveva come orizzonte finale la propria interiorità: lì il mondo iniziava e finiva.
Per questo cè davvero da credere che quando, dopo tanto esitare, si decise a prendere il treno che lo avrebbe portato ad Arles, aveva in realtà in testa solo il modo e i tempi in cui mandare a monte quel sodalizio. La fisicità della pittura di Van Gogh lo infastidiva, non sopportava quella materia grumosa e quasi fangosa, che, non si sa per quale forza, sulla tela saccendeva di una luce a volte abbagliante. Addirittura non sopportava la cucina di Vincent, troppo grassa, troppo contadina, così poco ascetica come tutto nella vita di quello strano olandese che si ostinava a fare il pittore senza essere mai riuscito a vendere un quadro in vita sua.
A partire da quel 23 ottobre 1888, martedì, ore 5 del mattino, quando Gauguin scese dal treno alla stazione di Arles, iniziò così uno strano duello, in cui uno dei due contendenti incassava, senza per nulla soffrire, e laltro imponeva la sua volontà, senza assolutamente riuscire ad essere felice. Gauguin arrivò, come detto, alle 5 del mattino e subito sperimentò lo stile di Van Gogh. Lolandese, felice per larrivo dellamico, aveva infatti parlato di lui a tutti nella cittadina, mostrando lautoritratto che Gauguin stesso gli aveva inviato qualche settimana prima. Così la barista del caffè alla stazione lo riconobbe immediatamente: più che lo stupore cè da immaginare il fastidio che quel primo impatto gli provocò. Lui, abituato a muoversi nellindistinto, doveva convivere con uno che metteva tutto in piazza. Quanto poteva durare?
"Il nostro dovere è pensare, non sognare". Van Gogh, pur nella sua arrendevolezza e semplicità, era caparbiamente attaccato ad alcune evidenze elementari. Prima tra tutte, quella che non si può dipingere senza vedere, senza aver di fronte loggetto. Gauguin, al contrario, appena arrivato, aveva cercato di convincerlo alla pittura di immaginazione. Si mettevano con il cavalletto sullo stesso punto, dipingevano i ritratti alla stessa persona, come due allievi in accademia, ma i risultati erano sempre così lontani. Gauguin trasferiva le immagini in uno spazio mentale, le decontestualizzava dalla realtà, come creature fluttuanti in un nirvana. Sagome ritagliabili, ricollocabili in altri mondi, alleggerite di ogni concretezza e per questo ridotte a due dimensioni, cioè private volutamente di profondità. Ancor prima che arrivasse, Van Gogh aveva colto qualcosa di insano nel suo futuro compagno. "Mi fa leffetto di un prigioniero", scrive al fratello. "Non cè unombra di allegrezza. Non centra nulla con il mondo della carne, ma si può mettere sul conto della sua volontà melanconica. La carne nellombra è lugubramente rabbuiata". E poi ancora: "Gauguin ha laria malata nel suo ritratto torturato".
Ma come, non era Van Gogh il depresso, lo schizofrenico, il perseguitato dal complesso di fallimento? Tra le sale della mostra di Amsterdam le parti si rovesciano con nitidezza. Gauguin, il grande Gauguin, si svela saturo di accidia, quasi ostaggio della sua ambiguità. Illude se stesso e gli altri daver trovato la via di fuga dai problemi formali e intellettuali che la fine dellImpressionismo (lultima rassegna impressionista si era tenuta proprio un anno prima, nel 1887), aveva spalancato. In realtà passo dopo passo si cala in un orizzonte occulto e magico dentro il quale smarrisce anche la sua innata grazia di pittore, come dimostra lultima, quasi disperante, sala della mostra. Sulla parete finale cè infatti quella natura morta con girasoli e manghi, dipinta nel 1901, in cui, nonostante il soggetto, si era persa ogni traccia dello splendore di Van Gogh. Al centro del mazzo compare linquietante occhio di Dio, dentro un girasole. Inquietante deriva mistico-magica di uno che aveva sempre diffidato della realtà.
Dallaltra parte Van Gogh tiene botta. È felice di quel sodalizio, baldanzoso come un bambino. Organizza la vita sin nei minimi dettagli, con una cura ogni tanto sopra le righe. Assegna, senza batter ciglio, il ruolo di superiore a Gauguin, cui assegna, di sua sponte, la camera più bella. "Le nostre giornate passano a lavorare, lavorare sempre. La sera poi siamo sfiniti e andiamo al caffè, per andare a dormire presto! Ecco la vita!", scrive sempre al fratello in novembre. Gli piacciono anche le infinite discussioni in cui si infilano, e che qualche volta sfociano in litigate più o meno furiose. Da allievo accondiscendente accetta di dipingere su quella tela di juta, e non di lino come era sua consuetudine, che Gauguin, appena arrivato, aveva comperato. La juta, a trama larga, si beve il colore, e lascia sui quadri delle apparenze più che delle realtà. Trasforma le figure in fantasmi, toglie ogni appoggio alle cose. Scarnifica, spiritualizza la pittura. Anche la scelta della tela diventa così uno strumento per forzare la natura di Van Gogh. Gauguin aveva annunciato questa intenzione prima di arrivare ad Arles, con una lettera: "Un consiglio, non copi troppo la natura. Larte è unastrazione; la tiri fuori dalla natura sognando davanti a quella, e pensi più allatto creativo che al risultato; è lunico modo di ascendere a Dio...".
Gauguin, Girasoli e manghi, 1901, collezione privata
Laneddoto della tela alla fine dimostra solo come il pensiero sulla realtà, alla fine, sia comunque più attraente di ogni sogno. Una dinamica che a Gauguin sucita solo rancore. Come accadde in quel giorno di dicembre, in cui, per il cattivo tempo i due erano rimasti a lavorare in studio. Quel giorno avevano deciso di farsi il ritratto a vicenda. Gauguin raffigurò Van Gogh davanti alla tela, ma alle prese con un mazzo di girasoli. Pittura di fantasia, evidentemente, perché Van Gogh in realtà stava dipingendo in contemporanea il ritratto di Gauguin; e poi perché i girasoli in dicembre si poteva solo immaginarli. Per lolandese fu un vero oltraggio. Guardò con terrore quel quadro, scrivendo al fratello: "Sono io, ma io diventato pazzo". Seguirono giorni di liti. E il giorno che Gauguin decise di andare a dormire alla locanda e di ripartire per il nord, Van Gogh, vedendo svanire il suo sogno, si tagliò un lobo dellorecchio e lo consegnò incartato a Rachel, una prostituta della vicina casa di tolleranza. Paul Gauguin partì immediatamente, scrivendo a Theo che rompeva il sodalizio e che toccava a lui prendersi cura di quel fratello incontrollabile. Quanto a Van Gogh rimase qualche giorno in ospedale. Intanto la sua casa era stata messa sotto sigilli dalla gendarmeria, incaricata delle indagini dopo quel fatto di sangue nella tranquilla Arles. Solo un visitatore curioso si fece vivo, il 28 marzo 1889, chiedendo che gli venisse aperta la casa. Era Paul Signac, pittore già noto, uno dei maggiori rappresentanti del postimpressionismo. Quando gli aprirono la porta, restò abbagliato. Lasciò anche una testimonianza di quella visita: "Non dimenticherò mai quella stanza coperta di paesaggi sfolgoranti di luce".
Paul Gaugin, autoritratto dedicato a Vincent Van Gogh(I miserabili), 1888,Van GoghMuseum,Amsterdam
Il sodalizio di Arles
Cronologia di quei 63 giorni in cui i due artisti lavorarono assieme. Per amicizia, ma anche per darsi battaglia
1888
20 febbraio: Van Gogh arriva ad Arles, da Parigi. Soggiorna per il primo periodo in una locanda, lHotel Carrel.
Giugno: Van Gogh dipinge la serie del Seminatore.
Primi contatti con Gauguin, per convincerlo a trasferirsi con lui a sud.
Luglio: Gauguin è ancora in Bretagna, a Pont-Aven. Qui dipinge due quadri tra i più famosi, La visione del sermone e Cristo nellOrto degli ulivi. Van Gogh vuole imitarlo ma non ce la fa. Scrive al fratello: "Ho grattato un grande studio dipinto con degli ulivi, con una figura di Cristo blu e arancione e un angelo giallo... lho grattato perché mi sono detto che non bisogna fare delle figure di questo impegno senza modello".
21/26 agosto: Van Gogh dipinge la celebre serie dei Girasoli, per arredare la stanza in cui starà Gauguin.
16 settembre: Scambio di autoritratti tra i due. Quello che Gauguin invia a Van Gogh da Pont-Aven si intitola I miserabili. A Van Gogh il titolo non piace: "Non approvo queste atrocità dellopera. La nostra missione è quella di non farle sopportare a noi stessi né di farle sopportare ad altri".
7 settembre: Van Gogh entra nella casa di Place Lamartine, la celebre casa gialla, affittata in previsione dellarrivo di Gauguin. È alle porte di Arles, "proprio allingresso del "paradiso del Sud""(Van Gogh).
29 settembre: Van Gogh annuncia al fratello di aver dipinto la Notte stellata sul Rodano, forse il suo capolavoro.
23 ottobre: Paul Gauguin arriva ad Arles.
5 novembre: dipingono in studio il ritratto di Madame Ginoux, che Van Gogh intitolerà LArlesiana.
20 novembre: Van Gogh dipinge le due celebri seggiole (La sedia di Vincent e la sua pipa e La sedia di Paul Gauguin).
25 novembre: è la volta del Seminatore, un altro dei quadri più celebri di Van Gogh.
Inizi dicembre: Ritratti reciproci. Quello di Gauguin a Van Gogh scatena una furiosa litigata tra i due.
22 dicembre: dopo un nuovo contrasto, Gauguin annuncia a Van Gogh lintenzione di partire. Nella notte lolandese si taglia un lobo dellorecchio destro. Viene ricoverato allospedale di Arles. Verrà dimesso il 7 gennaio.
23 dicembre: Paul Gauguin riparte alla volta di Parigi.
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Vincent Van Gogh morirà il 29 luglio del 1890 a Auvers-sur-Oise, nel nord della Francia, dove il fratello laveva portato per farlo curare dal dottore degli impressionisti, Paul Gachet.
Paul Gauguin nel 1891 partì per Tahiti. Si stabilì alle isole Marchesi, dove morì nel 1903.
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Ulteriori notizie sulla loro vicenda si possono trovare nel bellissimo catalogo della mostra di Chicago e Amsterdam, pubblicato anche in italiano: Douglas W. Druick e Peter Kort Zegers, Van Gogh e Gauguin, Lo studio del Sud, Electa, Milano 2002 (Euro 65,00).