Storia di un ragazzo di Calabria
Intervista con il vescovo di Civitavecchia sul suo ultimo libro, un romanzo psicologico sulla questione meridionale, ma anche uno studio dei costumi, dei caratteri e dei sentimenti di una popolazione che, per tanti versi, si è sentita sempre alla deriva
Intervista con Girolamo Grillo di Marco Guidi
Girolamo Grillo con i genitori negli anni Cinquanta
GIROLAMO GRILLO: Non ho mai escluso del tutto fatti del genere, ben conoscendo da molti decenni la mia terra. Il mio libro era già pronto per la presentazione fin dal marzo del 2005; vicende impreviste, come la morte di Giovanni Paolo II e altri avvenimenti, ne hanno procrastinato la distribuzione.
Lei ha scritto molto, nel passato, sulla questione meridionale; in tempi, quindi, non sospetti.
GRILLO: È vero. Forse si riferisce a Cristo non si è fermato a Eboli, Quali speranze per la mia terra!, Le bastonate di Francesco e altri volumi ancora.
Vede, mi ero convinto o, se si vuole, mi ero illuso di poter offrire un piccolo apporto, cioè di operare un tentativo di svegliare le coscienze sopite al fine di spingerle verso la soluzione di un annoso e intricato problema, quello ben noto della cosiddetta “questione meridionale”.
Erano gli anni seguenti alla Seconda guerra mondiale, ed ero spinto forse anche dagli avvenimenti drammatici accaduti in quel periodo: la “Repubblica di Caulonia”, gli allagamenti di intere plaghe del sud della Calabria dovuti a straripamenti di fiumi, lo scempio di Africo, le lotte contadine culminate con i morti di Melissa nel Crotonese, eccetera.
Cosa le era venuto in mente?
GRILLO: A motivo di ciò, avevo abbandonato i miei studi teologici e biblici, verso i quali ero tendenzialmente più portato, scegliendo di frequentare la facoltà di Scienze politiche e sociali appena aperta alla Pontificia Università Gregoriana – in Italia non vi erano ancora facoltà sociologiche –, al fine di poter dare un aiuto concreto alla mia terra specialmente nel campo cooperativistico e delle piccole imprese.
Su consiglio di don Luigi Sturzo e di qualche altro illustre economista dell’Università statale “La Sapienza”, scelsi, per questo, come tesi di laurea e di dottorato, un’indagine sociologica dal titolo: Riforma fondiaria in Sila: leggi economico-sociali e verifiche induttive.
Quali conseguenze ne ha ricavato?
GRILLO: Ecco, quando incominciai a muovermi nell’azione concreta, ho trovato in loco – lo dico con grande amarezza – non poche difficoltà provenienti sempre da vari settori malavitosi e politici di tutte le tendenze. Ho compreso allora i motivi per cui i meridionali, e in particolare i calabresi, hanno sempre preferito evadere da quella terra: povertà e addirittura miseria. Resa incondizionata ai potenti di turno, come all’epoca di Francesco di Paola e dei Borboni.
E, quindi, si è arreso?
GRILLO: In effetti mi sono arreso anche per altri motivi, che non ritengo opportuno esternare in uno scritto, non dimenticando mai, peraltro, che il calabrese “purosangue”, come il sottoscritto, è un eterno Sisifo.
Cosa intende dire?
GRILLO: Sisifo, secondo la mitologia figlio di Eolo – che, se non erro, viveva nel fuoco dello Stromboli, vulcano sito a trenta chilometri dal mio paese natale –, essendo il più astuto degli uomini, e il calabrese non lo è da meno, fu condannato nel Tartaro a spingere eternamente fin sulla cima di un monte un masso che ogni volta precipitava nuovamente a valle. Ebbene, il calabrese, eterno Sisifo, non si arrende mai.
Allora, l’ultimo suo libro, Un’eco che viene dall’anima, non è una biografia?
GRILLO: Il mio scritto non vuole essere una biografia; semmai, un romanzo su un grande tema sociale, la questione meridionale, mediante uno studio dei costumi, dei caratteri e dei sentimenti di una popolazione che, per tanti versi, si è sentita sempre alla deriva. Potrebbe essere definito anche un “romanzo psicologico”, nel senso che esso si sviluppa lungo il percorso intellettuale di un personaggio realmente esistente: la storia di un ragazzo, di un adolescente, di un giovane di Calabria.
Quali, allora, la tesi e la sintesi di questo romanzo?
GRILLO: Lo sfondo del romanzo è tinteggiato di amarezze e di delusioni che vanno lette in filigrana: si nasconde in esso il lungo travaglio di un popolo che, dopo l’epopea della Magna Grecia, ha subito angherie di ogni colore con le più svariate dominazioni succedutesi nel tempo. Il calabrese, però, per sua natura non si arrende mai, eterno Sisifo, ma è intelligente, cioè sa leggere nell’intrigo di tutte le collusioni malavitose e politiche di ogni epoca e, non sperando invano in una facile soluzione sempre promessa, ma mai realizzata, dei suoi problemi, preferisce spostare altrove l’accampamento, nella speranza mai del tutto smarrita che possa finalmente venire il giorno in cui qualcuno saprà districare l’aggrovigliata matassa della sua amara terra.
Ma allora, quali speranze per la sua terra?
GRILLO: L’unica speranza che nutro nell’anima – perciò Un’eco che viene dall’anima – è che i calabresi non dimentichino mai di essere figli di quella terra (pare che ce ne siano quattro milioni disseminati nel mondo), accogliendo anche l’invito del presidente Ciampi, il quale coraggiosamente, proprio in questo drammatico momento, non ha esitato a precipitarsi in Calabria, dimostrando tutto il suo personale attaccamento alla mia regione.
A lui vada, pertanto, la mia vivissima gratitudine.