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FAME NEL MONDO
tratto dal n. 12 - 2005

ANALISI. Il falso problema della sovrappopolazione mondiale

C’è terra per tutti


La potenzialità agricola del pianeta è ancora tutta da sfruttare. E non è vero che la fame nei Paesi poveri non può essere debellata. La prima cosa da fare è dare la terra ai contadini


di Emanuele Paratore


Un gruppo di “senza terra” in Brasile

Un gruppo di “senza terra” in Brasile

Spesso ritorna sulle pagine dei giornali il dibattito sulla fame nel mondo. In queste occasioni, purtroppo, non compaiono mai interventi propositivi di soluzioni adeguate. La fame esiste in atto, non in potenza. La superficie terrestre ha, infatti, una potenzialità agricola spaventosa. Se le aree, non desertiche, né montagnose, fossero coltivate come in Europa, Stati Uniti e Canada, la fame diverrebbe un lontano ricordo, anche per una popolazione doppia dell’attuale.
Per ottenere un tale risultato è, in ogni modo, indispensabile che i governanti dei Paesi poveri, mal sfruttati, abbiano il coraggio di prendere decisioni forti, anche contro gli interessi delle oligarchie desiderose di mantenere lo status quo.
Un esempio su tutti. Il presidente brasiliano Lula, uomo di sinistra, dovrebbe attuare una grande riforma agraria, simile a quelle tante che hanno fatto la ricchezza dell’Europa sin dal Seicento. La prosperità economica del nostro continente ha le sue radici in quei primi provvedimenti illuminati. Le grandi proprietà terriere brasiliane sono, infatti, sfruttate soltanto per allevamenti bradi e ciò non consente una proficua utilizzazione delle risorse agricole. Se tali sconfinate aziende fossero smembrate in proprietà di minori dimensioni e distribuite agli agricoltori, questi le coltiverebbero intensamente, traendo profitto per sé e incrementando il benessere della collettività. Dall’intensificazione della produzione deriverebbe anche un miglioramento dell’allevamento di bestiame da carne, per il fatto che la terra coltivata produrrebbe più foraggio del pascolo naturale.
A miglior conforto delle mie affermazioni, vorrei ricordare che il Sud America ha una straordinaria abbondanza di piogge e di sole per tutta la durata dell’anno, oltre che una fittissima rete di bacini fluviali. Il territorio del continente latinoamericano, idoneamente utilizzato, potrebbe divenire un grande giardino. Non esiste nessun altro subcontinente con potenzialità agricole naturali così pronunciate. Anche la Patagonia potrebbe trasformarsi in una immensa riserva agricola grazie alla costruzione di un acquedotto in grado di sfruttare le enormi risorse idriche delle Ande.
In Africa il problema ha le stesse radici e le stesse possibilità di essere risolto. Tuttavia, il primo ostacolo da superare risiede proprio nella resistenza che i grandi proprietari terrieri oppongono alle riforme agricole. In altri continenti, quali l’Europa o il Nord America, le ostilità dei latifondisti furono, invece, sconfitte dalla lungimiranza dei governanti, i quali ritennero prioritario dare la terra ai contadini, ovviamente supportati, non tanto con finanziamenti a fondo perduto, ma con idonee infrastrutture come gli acquedotti. La California, secondo natura, sarebbe una terra più che arida; ma una fitta serie di acquedotti hanno trasformato un territorio desertico in un grande giardino coltivato intensamente.
Anche per l’Etiopia, uno dei Paesi più poveri al mondo (per Pil pro capite), il discorso è lo stesso: terra ai contadini e costruzione di grandi acquedotti con l’utilizzo delle acque del Nilo Azzurro. I tanti soldi, investiti dai Paesi ricchi per sfamare le popolazioni indigenti, dovrebbero, al contrario, essere destinati esclusivamente alla costruzione di acquedotti, primaria infrastruttura per consentire la coltivazione della terra. Tutta l’Africa a sud del Sahara potrebbe essere rigogliosa come l’Europa. Ciò è possibile: mi vengono in mente le vigne che costeggiano, in Sudafrica, il fiume Orange nel deserto del Kalahari. Terre letteralmente strappate al deserto che producono l’ormai famoso vino sudafricano.
Dare la terra ai contadini significa aumentare la potenzialità agricola di ogni territorio. L’Europa di fine medioevo era divisa tra proprietari feudali (come lo è ai nostri giorni il Brasile) ed era incolta; oggi è totalmente e intensamente coltivata.
Concludendo, il grande problema della povertà può trovare duratura soluzione nella lungimiranza di coraggiosi governanti, liberi da condizionamenti politici ed economici, emuli di quei regnanti che resero ricca l’Europa, smembrando le grandi proprietà feudali.


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