Tratto da LITURGIA MEMORIA O...

Liturgia


Memoria o istruzioni per l'uso?


di Lorenzo Bianchi


Alla fine del 1991 il settimanale Il Sabato pubblicava una serie di interventi su una questione all’apparenza formale e del tutto marginale: la modificazione, nelle traduzioni italiane dei testi liturgici, del nome di Gesù Cristo, spesso trasformato, con l’inserimento dell’articolo determinativo, da «Cristo» in «il Cristo». Ma la forma nella lingua rimanda spesso alla sostanza: la determinazione «il» tende a rendere astratto il termine, e ciò che il termine rappresenta: e Cristo da persona reale tende a trasformarsi in principio universale. È il procedimento dell’antica eresia gnostica, resa di nuovo attuale soprattutto attraverso l’idealismo tedesco di Hegel. Dunque, non mero cambiamento formale né forse, si poteva ipotizzare, casuale. A quei primi interventi (che qui si ritrovano nel primo articolo di questa raccolta e nella seconda appendice, che di quel dibattito ripropone un articolo di Lucio Brunelli e un’intervista con Giacomo Contri) ha fatto seguito negli anni una serie di ricerche, che si sono indirizzate da una parte all’analisi delle traduzioni italiane dei testi liturgici e alla verifica della loro corrispondenza con l’originale latino; dall’altra, più a monte, all’analisi delle trasformazioni di cui proprio i testi latini (in particolare quelli del Messale Romano di san Pio V) sono stati oggetto con la riforma liturgica. Da queste ricerche derivano i restanti dieci articoli che compongono la raccolta, apparsi tra il 1992 e il 1999 sul mensile 30Giorni e qui riprodotti mantenendone l’ordine cronologico di pubblicazione, ai quali si aggiunge, per affinità di argomento, la prima appendice, un articolo a carattere storico di Lorenzo Cappelletti che illustra il documento del Concilio di Trento relativo al Canone Romano. Nella serie di questi articoli si troveranno dunque sia confronti tra i testi latini del Messale di san Pio V e quelli corrispondenti del Messale di Paolo VI (in particolare i capitoli VIII, IX, X e XI, ma anche il II e il IV), sia analisi e considerazioni sulle varie traduzioni italiane del Messale Romano (i capitoli I, II, IV e soprattutto VI e VII), sia ancora la disamina delle traduzioni italiane dei testi della liturgia delle ore (capitoli III e V). Rispetto ai testi a suo tempo pubblicati sono soltanto stati corretti alcuni refusi ed errori formali e sono stati aggiunti i necessari indici analitici, mentre si è scelto, anche a costo di alcune inevitabili ripetizioni (che peraltro vengono indicate in nota) nei richiami storici alle vicende della riforma liturgica, di mantenere per ogni intervento l’originaria forma di articolo (titoli compresi), in sé autonomo e conchiuso. Questo anche perché, è bene precisare, si è trattato di analisi fatte non da e per liturgisti e «addetti ai lavori», anche se sistematiche e rigorose, ma con la prospettiva del semplice fedele; e in considerazione di questa prospettiva furono pubblicati i vari articoli, privilegiando le parti del messale o della liturgia delle ore che, nella pratica, più spesso risaltano all’orecchio del cristiano che va a messa la domenica e le altre feste comandate. Ne risulta, nell’insieme, un abbondante quadro di confronti che mettono puntualmente in risalto le trasformazioni sia del lessico che anche, in taluni casi, della struttura testuale; confronti che, facilitati da opportuni accorgimenti grafici che evidenziano i dati significativi, inducono ad una serie di oggettive considerazioni. Ad esempio, mostrano come, nei testi riformati, la dinamica della preghiera sia stata spesso «trasformata da domanda a didascalia, come se essa non nascesse né dalla reale e concreta condizione umana, né dall’esperienza della grazia che purifica dai peccati e ricrea la vita dell’uomo, ma nascesse invece a tavolino, da come una certa cultura ecclesiastica si immagina ottimisticamente l’uomo e il mondo d’oggi» (cfr. La grazia soprammobile, ottavo articolo di questa raccolta). Un atteggiamento culturale, questo, che si manifesta evidente se si ripercorre (come in alcuni degli articoli proposti) la storia della riforma del Messale di san Pio V e delle scelte dei riformatori, compiute quanto meno senza percepire che cosa fosse realmente l’inimmaginabile scristianizzazione moderna, favorendo l’illusione, poi rivelatasi distruttiva, che bastasse cambiare parole e riti per attirare gli uomini di oggi al cristianesimo.


Español English Français Deutsch Português