Rubriche
tratto dal n.03 - 2004

Lettere dalle missioni




Uganda
Appello dopo la morte di padre Fulvi
«La tragica uccisione di padre Luciano Fulvi [...] è l’ennesimo episodio della violenza in cui versano le regioni settentrionali dell’Uganda dove operano le nostre consorelle e i nostri confratelli», lo afferma una nota congiunta del 1° aprile a firma di madre Adele Brambilla, superiora generale delle comboniane e di padre Teresino Serra, superiore generale dei comboniani. «Anzitutto», dice il testo, «ci rivolgiamo alle autorità di Kampala affinché facciano luce su questo doloroso episodio auspicando un maggiore impegno governativo nel garantire l’incolumità di tutti coloro, laici e religiosi, che vivono nei distretti settentrionali del Paese. Imploriamo il governo di Khartoum di impedire i rifornimenti di armi e munizioni destinati ai ribelli nordugandesi del sedicente Esercito di resistenza del Signore (Lra), assicurando alla giustizia internazionale coloro che hanno commesso crimini contro l’umanità, primo fra tutti il leader dello Lra, Joseph Kony, responsabile del sequestro di oltre 25mila bambini, reclutati forzatamente nel suo movimento, e di un inaudito bagno di sangue che è costato la vita ad oltre 100mila persone. Chiediamo inoltre al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, all’Unione africana (Ua) e alla Commissione dell’Unione europea (Ue) di inserire nelle loro rispettive agende questo “conflitto dimenticato” […] Siamo certi che il sacrificio di padre Fulvi e di altri 14 missionari appartenenti ai nostri Istituti, consumatosi in terra ugandese nell’arco di questi ultimi trent’anni, rappresenti uno straordinario segno di fratellanza universale. San Daniele Comboni protegga l’Uganda!». Padre Fulvi, 76 anni, originario di Pescia (Pistoia), è stato trovato morto il 31 marzo nella sua stanza nella missione di Layibi (Gulu), nel nord Uganda, accoltellato da ignoti.

Brasile
Audizione dei missionari della Consolata sugli indios
L’ostacolo maggiore al rispetto dei diritti degli indigeni dello Stato amazzonico di Roraima è rappresentato dal governo locale e dalle multinazionali, impegnate nello sfruttamento delle risorse. Lo ha affermato padre Giordano Rigamonti, missionario della Consolata, ascoltato, insieme al confratello Giorgio Dal Ben, il 18 marzo dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato italiano sulla situazione dei popoli nativi nel Brasile del Nord. I missionari, hanno spiegato i due relatori, desiderano restituire la foresta amazzonica agli indios, che sono in grado di valorizzarla appieno, e che, grazie anche ai missionari, sono riusciti ad acquisire maggiore indipendenza economica attraverso la coltivazione e l’allevamento. Questi progressi hanno comportato minacce e aggressioni contro le missioni cattoliche. Al momento esiste però un gruppo di parlamentari brasiliani, favorevoli alle rivendicazioni degli indios, che si auspica sosterranno il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ad accoglierle. Il senatore Enrico Pianetta, presidente della Commissione, ha assicurato che l’organismo darà tutto l’appoggio possibile. Il senatore Francesco Martone ha chiesto che la Commissione s’impegni per la ratifica della Convenzione Oil n.169 sui diritti dei popoli indigeni e tribali.

Iraq
Il patriarca dei caldei: «Ciò che accade a un mio fratello musulmano accade anche a me»
«Siamo amareggiati e dispiaciuti per quello che è successo ieri ai nostri fratelli musulmani: è stato un atto davvero inumano, perché non può essere un gesto umano massacrare così tante persone che stavano compiendo il loro dovere religioso». Lo ha dichiarato alla Misna monsignor Emmanuel-Karim Delly, patriarca di Babilonia dei caldei, che risiede a Baghdad, in relazione agli attacchi che il 2 marzo hanno provocato oltre 170 vittime e centinaia di feriti nella capitale irachena e a Karbala. «Come responsabili della Chiesa caldea, insieme a ogni cristiano, siamo addolorati perché viviamo tutti nella stessa famiglia irachena: ciò che accade a un mio fratello musulmano accade anche a me». In questa tragica situazione, «non facciamo alcuna differenza con i musulmani: per questo chiediamo al Signore di accogliere queste anime nel cielo per il loro sacrificio e di dare consolazione ai loro parenti e a tutti gli iracheni».
Secondo il patriarca dei caldei, la Carta costituzionale ad interim «non poteva essere migliore: siamo in pieno accordo sui suoi contenuti e abbiamo collaborato alla sua stesura con i nostri fratelli musulmani; dobbiamo essere consci che loro costituiscono il 96 per cento della popolazione del nostro Paese».

Colombia
Lettera a Zapatero
I combattenti dell’Eln (Esercito di liberazione nazionale), gruppo guerrigliero della Colombia, hanno scritto una lettera aperta al neoeletto premier spagnolo Zapatero, esor­tan­dolo «a guidare le nuove espressioni di speranza alle quali il mondo aspira». Nel testo, reso pubblico il 29 marzo, si afferma che durante il governo Aznar, la Spagna, prima «amica del processo di pace in Colombia, si è allineata con il partito della guerra guidato da Álvaro Uribe Vélez [il presidente colombiano, ndr] sostenendolo con armi e munizioni. Dio voglia che il suo nuovo governo sia un valido appoggio per il processo di pace necessario alla nostra patria e che contribuisca inoltre a frenare le iniziative che intendono espandere il conflitto in tutta l’area andina». Due giorni dopo le elezioni Miguel Ángel Moratinos, responsabile della campagna elettorale del Psoe di Zapatero ha affermato che il nuovo governo spagnolo ha deciso di sospendere la vendita di tank da guerra e altro materiale bellico alla Colombia.


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