Lettere al direttore
LETTERE DAI MONASTERI

Berg, Germania
Dio ve ne renda merito
Berg, 18 luglio 2005
Egregio signor direttore Andreotti,
abbiamo già ricevuto tre volte il mensile 30Giorni in abbonamento omaggio e non mi è stato prima d’ora possibile ringraziare, a nome della nostra priora, suor M. Hedwig, con un sentito “Dio ve ne renda merito”. A causa di un problema alla vista e di una successiva operazione agli occhi, non ho potuto scrivere prima.
Ci fa molto piacere il suo dono. A noi carmelitane interessa tutto ciò che riguardi il Papa, la Chiesa di Roma e il mondo intero. Con piacere acconsentiamo alla sua richiesta di sostegno nella preghiera. Lei ha trovato qui allegato l’opuscolo pubblicato in occasione dei cento anni di fondazione del nostro monastero qui a Starnberger. Sulla cartolina lei può vedere il muro della clausura, alto circa due metri, il quale delimita e protegge lo spazio della nostra vita ritirata e di ciò a cui aspiriamo. Seguiamo le disposizioni del Papa e la clausura per una vita contemplativa, nello spirito di santa Teresa d’Avila. Nell’augurare a lei e ai suoi collaboratori divine benedizioni, porgo un saluto colmo di gratitudine. Sua,
suor Maria Alberta de Spiritu Sancto.
Con gratitudine, suor Maria Hedwig Theresia
CARMELITANE SCALZE del monastero di matino
Matino, Lecce
Questi piccoli e umili cenacoli di silenzio e di pace
Matino, venerdì 30 settembre 2005
Gesù!
Carissimo fratello in Gesù, signor Giulio Andreotti,
abbiamo ricevuto con piacere la sua rivista 30Giorni, che non conoscevamo, ma che ora leggiamo con molto interesse. Le siamo grate di essersi ricordato di noi e, soprattutto, la ringraziamo per la stima che ci riserva.
Se il mondo sapesse con quanto amore è portato nel cuore dagli uomini e dalle donne che Dio ha chiamato a una vita di donazione totale nella contemplazione, per essere i “Mosè” che combattono con la preghiera sul Monte per lui, un’attenzione diversa avvolgerebbe questi piccoli e umili cenacoli di silenzio e di pace.
Noi siamo felici e allo stesso tempo trepidanti nel vivere il nostro ruolo nel mistero dell’economia del Corpo Mistico di Cristo, perché sentiamo che non ci basta la vita per comprendere tutta la grandezza e la bellezza. La sua preghiera e quella dei suoi amici ci aiuti a raggiungerne la pienezza, perché si compia il progetto di Dio sul mondo di oggi.
Per quanto riguarda la sua richiesta di collaborazione per la conoscenza del nostro carisma specifico, siamo a sua disposizione e, poiché siamo certe che da molte parti questa sua iniziativa sarà accolta, attendiamo che sia lei a determinare il come e il quando del nostro intervento. Intanto ci permettiamo di inviarle il libro contenente, in breve, la storia del nostro monastero, che, come vedrà se avrà pazienza di leggerlo, ha un’origine abbastanza recente e modesta. Nasce e si sviluppa dalla fede antica di un popolo umile e sobrio, ma fortemente consapevole delle sue radici cristiane. Una fede e una consapevolezza che continuano ad accompagnare con amore questo piccolo e modesto monastero carmelitano del basso Salento, cercando in esso risposte che il mondo evade, ma che il cuore dell’uomo, fatto per orizzonti eterni, continua a cercare affannosamente.
Forse anche per questo, sacerdoti e laici ci hanno sollecitato a mettere su carta qualcosa della nostra esperienza e della nostra spiritualità e così, anche se molto timidamente, stiamo tirando su un foglietto mensile in formato A4, con mezzi tecnici assolutamente inadeguati e con l’aiuto di alcuni amici che credono alla bontà dell’iniziativa, i quali ci fanno le fotocopie. Siamo già a mille copie.
Ringraziandola nuovamente per la sua preziosa attenzione, porgiamo deferenti ossequi a lei e ai suoi collaboratori, riservando per tutti loro un posto particolare della nostra preghiera di intercessione.
Devotissime nel Signore,
suor Maria Giuseppina Impiombato Andreani e consorelle carmelitane scalze
VISITANDINE DEL MONASTERO SANTA MARIA
Padova
La nostra riconoscenza per il bene
che opera nella Chiesa e nel mondo
Padova, giovedì 13 ottobre 2005
Pregiatissimo senatore,
le giunga, anche attraverso i fiori del nostro giardino, il profumo della nostra riconoscenza per il molto bene che opera nella Chiesa e nel mondo intero.
Abbiamo sempre seguito con interesse e costante preghiera la sua vita resasi pia: una testimonianza cristiana nella prova da lei accettata con serenità. Che poi rifulse luminoso esempio di autentica fede. Grazie di cuore di volgere il suo pensiero anche alle monache claustrali.
Grazie pure del gradito mensile 30Giorni che ci invia, e del bel libretto Chi prega si salva, uniti alla sua mirabile lettera di presentazione. Com’è servita per unire ancor più strettamente le nostre anime nella lode di Dio!
Illustrissimo senatore, Gesù e Maria le dicano ciò che il nostro animo non sa esprimere a parole.
Con devoto ossequio,
madre e sorelle Dio sia benedetto!
P.S.: ci permettiamo di offrirle due immagini dipinte dalle nostre care sorelle. Gesù con l’angelo, dipinto da una sorella visitandina, e Gesù misericordioso con il papa Giovanni Paolo II, da una sorella clarissa.
CAMALDOLESI DEL MONASTERO SAN MaGLORIO
Faenza, Ravenna
Il suo gesto ci ha commosso
Faenza, venerdì 14 ottobre 2005
Pregiatissimo senatore Giulio Andreotti,
il suo gesto gentile e generoso di inviarci 30Giorni – tanto gradito – ci ha commosso, e più ancora il suo apprezzamento per la nostra vita di silenzio e di preghiera, valori oggi misconosciuti.
Le siamo veramente grate, e il suo dono sarà per noi un impegno più sentito e più vivo di preghiera per il mondo intero e i nostri benefattori. Le inviamo deferenti ossequi e cordiali saluti.
Devotissima,
suor Maria Zama O.S.B.C. e consorelle
BENEDETTINE DELL’ABBAZIA MATER ECCLESIAE
Isola San Giulio, Novara
Grazie per l’editoriale di giugno
Europa, avanti a piccoli passi
Isola San Giulio, martedì 18 ottobre 2005
Illustrissimo e caro senatore,
torno a dirle “grazie”, a nome di tutta la mia comunità monastica, per l’omaggio della rivista 30Giorni, strumento sicuro di informazione e formazione umana e cristiana. In particolare la ringraziamo per il suo editoriale del mese di giugno: Europa, avanti a piccoli passi.
Noi preghiamo tanto perché questi “piccoli passi” siano costanti e possano portare alla desiderata meta. Quanto siamo lontani dall’ideale dei tre padri fondatori dell’Europa unita! Essi ci guardino dal Cielo e intercedano presso Dio insieme con i patroni dell’Europa: Benedetto, Cirillo, Metodio, Caterina, Brigida, Edith.
Tutti questi santi e altri ancora… ci infondono grande fiducia, perché ci assicurano che Cristo è con noi, sempre!
In Lui affezionate,
madre Anna Maria Canopi O.S.B. e comunità
CLARISSE DEL MONASTERO SANTA CHIARA
Fermo, Ascoli Piceno
Il monastero delle clarisse di Fermo
compie cinquecento anni
Fermo, sabato 22 ottobre 2005
Illustrissimo senatore,
da un po’ di tempo abbiamo ricevuto la sua gradita lettera con la quale ci comunicava l’invio omaggio in abbonamento della rivista 30Giorni nella Chiesa e nel mondo.
Come da lei preannunciato, le riviste ci stanno arrivando regolarmente e abbiamo ricevuto anche il prezioso libretto Chi prega si salva.
Stiamo apprezzando molto la molteplicità e la profondità degli argomenti trattati e la particolare attenzione riservata alle varie forme della vita claustrale. La nostra comunità di clarisse è composta da undici sorelle e proprio in questo anno ricorre il 500° anno di fondazione del nostro monastero di Santa Chiara di Fermo, di cui alleghiamo un pieghevole realizzato per questa ricorrenza.
La ringrazio di vero cuore e le assicuriamo un particolare ricordo nelle nostre preghiere.
Per la comunità delle clarisse,
suor Maria Ludovica Donati O. S. C., abbadessa
BENEDETTINE DELL’ADORAZIONE PERPETUA del santissimo sacramento del MONASTERO santissimo SALVATORE
Grandate, Como
La preghiera unisce
voi “in prima linea”
e noi nel silenzio del monastero
Grandate, lunedì 24 ottobre 2005
La pace e la gioia del Signore nostro Gesù Cristo siano con lei.
Desideriamo esprimerle il nostro ringraziamento per il gentile omaggio della rivista da lei diretta. È stata per noi una sorpresa, tanto inattesa quanto gradita.
Non abbiamo di che contraccambiare, se non con la preghiera, che unisce nel Signore voi che operate “in prima linea” e noi, nel silenzio del nostro monastero.
Solo in quest’ottica il suo gesto di far pervenire gratuitamente la rivista a noi monache, iniziativa che non ha nessun ritorno sul piano dell’immagine, può diventare un buon investimento!
Con l’occasione desidero parteciparle la mia gioia per il cinquantesimo anniversario della professione monastica e con lei rendere grazie al Signore per la fedeltà del suo amore.
Grazie, senatore Andreotti. Il Signore porti a compimento, se è nella sua volontà, ogni suo progetto di bene.
Un deferente saluto a lei e a tutti i collaboratori di 30Giorni.
Con stima e riconoscenza grandi,
madre Cecilia Greco O.S.B., priora, e comunità
CARMELITANE del MONASTERO di ostuni
Contrada Campanile, Ostuni, Brindisi
In mezzo al mondo con la preghiera
costante e silenziosa
Ostuni, giovedì 27 ottobre 2005
Illustrissimo senatore, signor Giulio Andreotti,
tutta la comunità monastica desidera ringraziarla di vero cuore per il grande dono della rivista 30Giorni che ha voluto fare al nostro monastero. Tutte la leggiamo con interesse. Questo per noi è un motivo in più per pregare per il suo impegno a vivere cristianamente e per il suo cercare di fare del bene a tutti come segno della sua fede viva e concreta fino a prendersi a cuore tutte le problematiche della società e del mondo intero.
Noi, monache carmelitane, le assicuriamo la nostra preghiera e i sacrifici quotidiani perché il Signore l’accompagni nel suo lavoro, ma soprattutto la renda sempre più sensibile alle tante necessità non solo della società che la circonda, ma anche di noi claustrali che viviamo fuori dal mondo, ma siamo nel mondo, anzi in mezzo al mondo con la preghiera costante e silenziosa, ma piena d’amore perché ogni fratello si senta amato da Dio, e anche per quanti non sentono il bisogno di Dio.
Forse le chiediamo troppo: se dovesse trovarsi da queste parti, si ricordi di noi, sarà una gioia conoscerla di persona.
Salutandola cordialmente, l’affidiamo alla Vergine Maria Madre e bellezza del Carmelo, perché vegli sempre su di lei e famiglia e la preservi da ogni male. Ci senta vicine con la nostra preghiera.
Suor M. Daniela della Santissima Trinità, priora,
e le monache carmelitane di Ostuni
LA POSTA DEL DIRETTORE
La situazione di impasse in cui naviga
l’Europa deve portarci a una profonda riflessione. Al di là
della capacità di giungere a un buon accordo sul bilancio, il
vecchio continente sta perdendo il proprio orizzonte, la propria
dimensione. Dopo l’era Kohl l’Europa è stata dominata da
politici senza il coraggio necessario per poter generare il domani e
senza la forza per poter mantener fede alla costruzione politica creata
poco più di cinquant’anni fa da Adenauer, De Gasperi e
Schumann. Una generazione di politici giunta a un’idea di Europa,
bocciata dai referendum francese e olandese, per cui l’integrazione
sempre più stretta è diventata un valore in sé stessa.
«Gli ideali sopravvivono attraverso il cambiamento, muoiono con l’inerzia di fronte alle sfide». Così, pochi giorni dopo il fallimento del Consiglio europeo del giugno scorso, Tony Blair diede il via al semestre di presidenza britannica dell’Ue. La sfida che Blair aveva lanciato riguardava la “modernizzazione” dell’Ue, con un bilancio adeguato al mondo di oggi e con stimoli alla competitività.
Nonostante le premesse lanciate da Blair, il Consiglio europeo di dicembre ha raggiunto un accordo sulle prospettive finanziarie 2007-2013 in cui è stato ribadito il grande limite dell’Europa. Un’Europa che continua a basarsi su scelte politiche che risalgono alla fondazione della Comunità europea. L’accordo raggiunto prevede la soppressione progressiva del rimborso britannico su tutte le spese legate all’allargamento, ma lascia intatta la Politica agricola comune (Pac), a cui continuano ad essere riservate quasi metà delle risorse del bilancio europeo. La Pac, che per molti anni ha permesso lo sviluppo e la coesione di intere aree dell’Europa, oggi rappresenta un ostacolo alla crescita dell’Europa e dei suoi rapporti con il mondo. L’inerzia di Chirac nel non voler cambiare la Politica agricola comune (Pac), né il vecchio modello sociale europeo, oltre alla tentazione di bloccare l’allargamento, sintetizza la posizione di un’Europa che preferisce continuare a mantenere venti milioni di disoccupati, avere una produttività inferiore a quella degli Stati Uniti, creare meno laureati in materie scientifiche dell’India.
Vogliamo un’economia dinamica la cui dimensione sociale è fondata sulla capacità di creare ricchezza, incrementare la competitività, per affrontare la globalizzazione? Non cadiamo nel cliché della vecchia sfida tra “Europa del libero mercato” ed “Europa sociale”, tra mercato comune e progetto politico. L’Europa sociale e l’Europa economica devono sostenersi reciprocamente, attraverso politiche adatte al mondo di oggi. La vera sfida a cui l’Europa è chiamata risiede nella modernizzazione, nella globalizzazione, nella sicurezza del posto di lavoro, nelle pensioni, nella formazione, nella ricerca, nella qualità della vita. Tutti punti su cui fino ad ora i nostri progressi non si sono neanche lontanamente avvicinati agli standard definiti cinque anni fa a Lisbona.
Evitare questa grande sfida, nella speranza di poter evitare la globalizzazione e fuggire dalle trasformazioni che ci circondano, rifugiandoci nello status quo, ci porterà al fallimento. Non è tempo di accusare di tradimento chi desidera il cambiamento dell’Europa. È il momento di riconoscere che, solo cambiando, l’Europa ritroverà la propria forza, il proprio ruolo, i propri ideali e, quindi, il sostegno popolare.
Il capro espiatorio della crisi europea sembra essere l’allargamento. Un allargamento da sempre apparso come un puro calcolo e quindi considerato da tutti come ulteriore giustificazione per gli opportunismi che da sempre caratterizzano chi fa parte dell’Unione.
In questo senso il Consiglio europeo di dicembre ha segnato un piccolo passo in avanti, grazie alla decisione che concede alla Repubblica ex iugoslava di Macedonia lo statuto di Paese candidato e al ruolo centrale che i Balcani occidentali avranno nel programma delle prossime presidenze, austriaca e finlandese, dell’Ue.
Se interrompiamo l’allargamento o ne ostacoliamo le naturali conseguenze, questo non salverà certo le sorti dell’economia europea. Dopo aver vissuto il più grande allargamento della sua storia, l’Ue deve inoltre mantenere fra le sue priorità il processo di stabilizzazione e di associazione con i Balcani. Se i serbi di Bosnia dovessero perdere di vista la concreta possibilità di poter “stare da serbi” in Europa, non avrebbero certo remore a riprendere la strada della secessione, facendo piombare l’intero continente in una crisi ben più grave di quella legata alle ratifiche della Costituzione europea. L’Europa ha fatto delle promesse che, per quanto forzate o premature, non può disattendere. Solo tenendo aperta la porta verso i Balcani e passando dall’era degli accordi di Dayton all’era degli accordi di Bruxelles, l’Europa potrà mantenere fede al suo originario, vincente, programma politico e dare una speranza di pace al continente.
A questo dobbiamo poi agganciare la politica estera e di sicurezza comune europea. Vogliamo che l’Europa punti a rafforzare l’alleanza con gli Stati Uniti, fondandola sui comuni valori di libertà e democrazia dell’Occidente? O preferiamo contrapporci agli Stati Uniti per “bilanciarne” la potenza?
Un’Europa forte e attiva in politica estera sarebbe di certo un buon partner per gli Usa e un soggetto in grado di dimostrare la propria capacità di spingere il mondo in avanti, intervenendo in maniera rapida ed efficace nella soluzione dei conflitti. Insieme alla Nato o, nel caso in cui questa non desideri essere coinvolta, fuori dalla Nato.
L’entrata in vigore della Costituzione è stata rinviata al 2007, senza trovare il coraggio di entrare nel merito di un brutto testo che ha sancito un pessimo accordo. Il problema non è l’allargamento dell’Unione. Il problema è la Costituzione e in che cosa l’Europa crede. Il problema è il cemento su cui costruire l’allargamento. Il problema è una Costituzione figlia di una generazione di politici che temono tutto e il contrario di tutto, perché piegati alla logica del consenso e dell’esercizio del potere fine a sé stesso, privo di grandi ideali.
Nella maggior parte dei Paesi membri oggi sarebbe difficile assicurare un «sì» referendario alla Costituzione. Mentre prima sembrava che tutto il bene possibile provenisse dall’Europa, oggi ci appare il contrario. Segno evidente del fatto che il problema più grande consiste nell’incapacità di restituire dignità all’Europa dei popoli. Per troppo tempo tutto è stato sacrificato all’Europa di burocrazie molto più diffuse e pervasive che non la sola burocrazia di Buxelles. Burocrazie perverse che poggiano su Stati malati di sovranismo e allo stesso tempo inguaribilmente nemici dei propri popoli, tanto da tollerarne la desertificazione culturale e morale attraverso l’approvazione di leggi inique, come nel caso di Zapatero in Spagna.
Tornando al compromesso raggiunto in extremis sul bilancio comunitario, va sottolineata la vittoria di Angela Merkel. Il cancelliere tedesco, con la sua decisiva mediazione e un accresciuto impegno finanziario senza immediate contropartite, è riuscito non solo a fare da mediatore tra i grandi Stati membri (e l’Italia ne è uscita meglio rispetto alle previsioni), ma anche a includere gli interessi dei piccoli Stati membri, seguendo così la migliore tradizione della politica europea popolare e democristiana.
La clausola di revisione, ottenuta da Blair, che consentirà di rivedere tutti gli aspetti del bilancio sin dal 2008 in vista dei negoziati sul bilancio 2014-2020, dovrà aprire la strada a un bilancio più razionale che non sia più dominato dall’assegno britannico o dalla Pac, bensì dalla scelta dei settori su cui un’Unione europea moderna e competitiva intende collocare le sue priorità di bilancio.
Per questi motivi il nuovo ruolo assunto dalla Germania guidata da Angela Merkel sarà fondamentale per imporre alla Francia l’abbandono di quel protezionismo agricolo che danneggia l’Europa, bruciando risorse per lo sviluppo, e segnare così un primo punto su cui l’Europa potrà ricostruire le fondamenta di un futuro orientato allo sviluppo e alla crescita.
Mario Mauro
vicepresidente
del Parlamento europeo
«Gli ideali sopravvivono attraverso il cambiamento, muoiono con l’inerzia di fronte alle sfide». Così, pochi giorni dopo il fallimento del Consiglio europeo del giugno scorso, Tony Blair diede il via al semestre di presidenza britannica dell’Ue. La sfida che Blair aveva lanciato riguardava la “modernizzazione” dell’Ue, con un bilancio adeguato al mondo di oggi e con stimoli alla competitività.
Nonostante le premesse lanciate da Blair, il Consiglio europeo di dicembre ha raggiunto un accordo sulle prospettive finanziarie 2007-2013 in cui è stato ribadito il grande limite dell’Europa. Un’Europa che continua a basarsi su scelte politiche che risalgono alla fondazione della Comunità europea. L’accordo raggiunto prevede la soppressione progressiva del rimborso britannico su tutte le spese legate all’allargamento, ma lascia intatta la Politica agricola comune (Pac), a cui continuano ad essere riservate quasi metà delle risorse del bilancio europeo. La Pac, che per molti anni ha permesso lo sviluppo e la coesione di intere aree dell’Europa, oggi rappresenta un ostacolo alla crescita dell’Europa e dei suoi rapporti con il mondo. L’inerzia di Chirac nel non voler cambiare la Politica agricola comune (Pac), né il vecchio modello sociale europeo, oltre alla tentazione di bloccare l’allargamento, sintetizza la posizione di un’Europa che preferisce continuare a mantenere venti milioni di disoccupati, avere una produttività inferiore a quella degli Stati Uniti, creare meno laureati in materie scientifiche dell’India.
Vogliamo un’economia dinamica la cui dimensione sociale è fondata sulla capacità di creare ricchezza, incrementare la competitività, per affrontare la globalizzazione? Non cadiamo nel cliché della vecchia sfida tra “Europa del libero mercato” ed “Europa sociale”, tra mercato comune e progetto politico. L’Europa sociale e l’Europa economica devono sostenersi reciprocamente, attraverso politiche adatte al mondo di oggi. La vera sfida a cui l’Europa è chiamata risiede nella modernizzazione, nella globalizzazione, nella sicurezza del posto di lavoro, nelle pensioni, nella formazione, nella ricerca, nella qualità della vita. Tutti punti su cui fino ad ora i nostri progressi non si sono neanche lontanamente avvicinati agli standard definiti cinque anni fa a Lisbona.
Evitare questa grande sfida, nella speranza di poter evitare la globalizzazione e fuggire dalle trasformazioni che ci circondano, rifugiandoci nello status quo, ci porterà al fallimento. Non è tempo di accusare di tradimento chi desidera il cambiamento dell’Europa. È il momento di riconoscere che, solo cambiando, l’Europa ritroverà la propria forza, il proprio ruolo, i propri ideali e, quindi, il sostegno popolare.
Il capro espiatorio della crisi europea sembra essere l’allargamento. Un allargamento da sempre apparso come un puro calcolo e quindi considerato da tutti come ulteriore giustificazione per gli opportunismi che da sempre caratterizzano chi fa parte dell’Unione.
In questo senso il Consiglio europeo di dicembre ha segnato un piccolo passo in avanti, grazie alla decisione che concede alla Repubblica ex iugoslava di Macedonia lo statuto di Paese candidato e al ruolo centrale che i Balcani occidentali avranno nel programma delle prossime presidenze, austriaca e finlandese, dell’Ue.
Se interrompiamo l’allargamento o ne ostacoliamo le naturali conseguenze, questo non salverà certo le sorti dell’economia europea. Dopo aver vissuto il più grande allargamento della sua storia, l’Ue deve inoltre mantenere fra le sue priorità il processo di stabilizzazione e di associazione con i Balcani. Se i serbi di Bosnia dovessero perdere di vista la concreta possibilità di poter “stare da serbi” in Europa, non avrebbero certo remore a riprendere la strada della secessione, facendo piombare l’intero continente in una crisi ben più grave di quella legata alle ratifiche della Costituzione europea. L’Europa ha fatto delle promesse che, per quanto forzate o premature, non può disattendere. Solo tenendo aperta la porta verso i Balcani e passando dall’era degli accordi di Dayton all’era degli accordi di Bruxelles, l’Europa potrà mantenere fede al suo originario, vincente, programma politico e dare una speranza di pace al continente.
A questo dobbiamo poi agganciare la politica estera e di sicurezza comune europea. Vogliamo che l’Europa punti a rafforzare l’alleanza con gli Stati Uniti, fondandola sui comuni valori di libertà e democrazia dell’Occidente? O preferiamo contrapporci agli Stati Uniti per “bilanciarne” la potenza?
Un’Europa forte e attiva in politica estera sarebbe di certo un buon partner per gli Usa e un soggetto in grado di dimostrare la propria capacità di spingere il mondo in avanti, intervenendo in maniera rapida ed efficace nella soluzione dei conflitti. Insieme alla Nato o, nel caso in cui questa non desideri essere coinvolta, fuori dalla Nato.
L’entrata in vigore della Costituzione è stata rinviata al 2007, senza trovare il coraggio di entrare nel merito di un brutto testo che ha sancito un pessimo accordo. Il problema non è l’allargamento dell’Unione. Il problema è la Costituzione e in che cosa l’Europa crede. Il problema è il cemento su cui costruire l’allargamento. Il problema è una Costituzione figlia di una generazione di politici che temono tutto e il contrario di tutto, perché piegati alla logica del consenso e dell’esercizio del potere fine a sé stesso, privo di grandi ideali.
Nella maggior parte dei Paesi membri oggi sarebbe difficile assicurare un «sì» referendario alla Costituzione. Mentre prima sembrava che tutto il bene possibile provenisse dall’Europa, oggi ci appare il contrario. Segno evidente del fatto che il problema più grande consiste nell’incapacità di restituire dignità all’Europa dei popoli. Per troppo tempo tutto è stato sacrificato all’Europa di burocrazie molto più diffuse e pervasive che non la sola burocrazia di Buxelles. Burocrazie perverse che poggiano su Stati malati di sovranismo e allo stesso tempo inguaribilmente nemici dei propri popoli, tanto da tollerarne la desertificazione culturale e morale attraverso l’approvazione di leggi inique, come nel caso di Zapatero in Spagna.
Tornando al compromesso raggiunto in extremis sul bilancio comunitario, va sottolineata la vittoria di Angela Merkel. Il cancelliere tedesco, con la sua decisiva mediazione e un accresciuto impegno finanziario senza immediate contropartite, è riuscito non solo a fare da mediatore tra i grandi Stati membri (e l’Italia ne è uscita meglio rispetto alle previsioni), ma anche a includere gli interessi dei piccoli Stati membri, seguendo così la migliore tradizione della politica europea popolare e democristiana.
La clausola di revisione, ottenuta da Blair, che consentirà di rivedere tutti gli aspetti del bilancio sin dal 2008 in vista dei negoziati sul bilancio 2014-2020, dovrà aprire la strada a un bilancio più razionale che non sia più dominato dall’assegno britannico o dalla Pac, bensì dalla scelta dei settori su cui un’Unione europea moderna e competitiva intende collocare le sue priorità di bilancio.
Per questi motivi il nuovo ruolo assunto dalla Germania guidata da Angela Merkel sarà fondamentale per imporre alla Francia l’abbandono di quel protezionismo agricolo che danneggia l’Europa, bruciando risorse per lo sviluppo, e segnare così un primo punto su cui l’Europa potrà ricostruire le fondamenta di un futuro orientato allo sviluppo e alla crescita.
Mario Mauro
vicepresidente
del Parlamento europeo