Rubriche
tratto dal n.04 - 2006


Desocializzazione. La crisi della postmodernità


Matthew Fforde, 
Desocializzazione, 
Cantagalli, Siena 2005,
387 pp., euro 15,50

Matthew Fforde, Desocializzazione, Cantagalli, Siena 2005, 387 pp., euro 15,50

La tesi: nel nostro Paese ci sono segni evidenti di un allentamento progressivo dei legami sociali, di un declino del senso comunitario. Quello che intravediamo è, in pratica, un futuro postsociale? Basta pensare alla condizione della famiglia, alla disaffezione, evidente, verso le istituzioni politiche, alle numerose condizioni di solitudine presenti, ai fenomeni di intolleranza, ai mutamenti in atto nella società civile. È indubbio che la desocializzazione sarà uno dei temi dei prossimi anni; come avvenuto in Gran Bretagna. Che è un esempio da non seguire, ma sul quale occorre riflettere.
L’attualissimo volume di Matthew Fforde, Desocializzazione, fa un esame spietato (o sincero?) della cultura postmoderna, dal punto di vista di una concezione cristiana del mondo, ed è utilissimo, in questo periodo di transizione che stiamo attraversando, accompagnato dal rischio, reale, che con la desocializzazione non si sia in grado di tenere sotto controllo l’uomo, la dimensione complessiva della persona umana.
L’analisi della società britannica di Fforde, dunque, anche l’analisi della nostra società italiana. È l’autore stesso che nella introduzione sintetizza il percorso del suo saggio che «somiglia più a un quadro impressionista che a un dipinto della scuola del Tintoretto»: il primo capitolo prende in esame le linee generali del venir meno dei legami sociali nella società britannica; il secondo espone le dottrine mediante le quali il paradigma materialista e i suoi effetti possono essere interpretati e giudicati; segue la presentazione delle false antropologie della postmodernità, il commento alle loro caratteristiche, al loro impatto desocializzante. I capitoli finali illustrano come la cultura desocializzata, benché generi infelicità, sia dotata di potenti meccanismi di autoriproduzione, sottolineando quante e quali siano state le voci che hanno previsto o osservato l’avvento della desocializzazione, in Gran Bretagna come nel resto del mondo occidentale.




Poveri, opere pie e assistenza


Antonio Fiori, Poveri, opere pie e assistenza: dall’Unità 
al fascismo, Studium, 
Roma 2005, 226 pp.,
euro 22,50

Antonio Fiori, Poveri, opere pie e assistenza: dall’Unità al fascismo, Studium, Roma 2005, 226 pp., euro 22,50

Incoraggiato dal professore Fausto Fonzi e dedicato al grande storico Vittorio Emanuele Giuntella, l’interessante volume di Antonio Fiori s’inserisce nella discussione sul tema storiografico della nascita dello Stato sociale nella società contemporanea, interrogandosi, sulla scorta di un’attenta analisi legislativa, in particolare delle leggi Crispi e della documentazione d’archivio, se la rinnovata “pubblicizzazione” delle Opere pie dell’epoca postunitaria in Italia abbia veramente apportato una rinnovata ed efficace azione a favore dei poveri in epoca contemporanea (1859-1929).
L’autore risponde all’interrogativo riproponendo, rivisti e adattati, nel volume sei articoli pubblicati tra il 1990 e il 1997.
Dopo un’articolata introduzione nella quale si richiama la nascita delle Opere pie tra il Medioevo, il Cinquecento e l’Ottocento, il volume si articola in sei capitoli. Nel primo si analizza il tema della povertà e dell’assistenza nella legislazione italiana tra il 1859 e l’entrata in guerra nel 1915 dell’Italia. Alle origini del rinnovamento l’autore vede la legge Crispi del 17 luglio 1890, che inaugura una nuova stagione di politica assistenziale del governo della Sinistra storica. Al centro della politica assistenziale di Crispi era “il domicilio di soccorso” per tutti i mendicanti, distinguendoli da accattoni, vagabondi, girovaghi e zingari, per i quali gli interventi erano nell’ordine della sicurezza, con le pene previste dal Codice Zanardelli, poco prima, entrato in vigore il 1° gennaio 1890. Nella stessa linea agì il successivo ministro Rudinì, soprattutto attraverso la promozione in ogni città delle società contro l’accattonaggio. Anche il ministro Giolitti continuò, agli inizi del Novecento, l’azione del riordino del servizio della beneficenza e dell’assistenza.
Il secondo capitolo sottolinea l’azione del ministro Silvio Spaventa, uno dei protagonisti della Destra storica e della stagione di rinnovamento preunitario nei confronti delle Opere pie e della beneficenza, nel rispetto, però, della volontà e della libertà dei fondatori. Sorprende – nota l’autore (p. 65) – che Spaventa, il promotore della “nazionalizzazione” delle ferrovie, fosse un deciso oppositore della statalizzazione delle opere di beneficenza, ritenendola inadeguata a soccorrere veramente i poveri. Il terzo capitolo si ferma a studiare le confraternite romane tra Crispi e Giolitti, un universo variegato e interessato non solo alla beneficenza, a cui guarda con molto interesse la storiografia della povertà in Italia. Le confraternite romane si opposero con decisione alla legge Crispi sull’assistenza, considerandola un’indebita intromissione nella libertà di culto. Nella stessa linea era la posizione dell’Osservatore Romano e della Civiltà Cattolica, oltre che dell’Opera dei congressi. Tale opposizione porterà ad un cambiamento di rotta con il Concordato del 1929, che nelle indicazioni applicative determinerà il riconoscimento dell’autonomia dallo Stato per le Confraternite con prevalente scopo di culto. Continuando a occuparsi di Roma, il quarto capitolo analizza la situazione sociale della capitale alla fine dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, mostrando come numerosi fossero i poveri: un numero alimentato dal fenomeno migratorio, dalla crisi dell’edilizia che provocò una grave disoccupazione, dalla crisi economica e politica, dalla Prima guerra mondiale, dall’aggravarsi del fenomeno dell’accattonaggio e dei senzatetto. Il quinto capitolo esamina l’opera ventennale (1904-1923) del Consiglio superiore dell’assistenza e della beneficenza pubblica. Il Consiglio nacque per volontà di Giolitti con la legge del 18 luglio 1904 e aveva il suo corrispondente locale nelle commissioni provinciali di assistenza e beneficenza pubblica. Il Consiglio, strumento di controllo dell’organizzazione e del funzionamento degli istituti di beneficenza e assistenza, era composto da 25 membri, scesi a 16 con le modifiche apportate con il decreto legislativo del 31 dicembre 1915; sarà soppresso nel 1923 e le sue competenze saranno trasferite al Consiglio di Stato. L’ultimo capitolo del volume è dedicato ad alcune considerazioni sulla beneficenza pubblica nei primi anni del governo fascista. Il governo fascista provvide anzitutto allo snellimento delle funzioni politico-giuridiche dello Stato e a eliminare un gran numero di uffici e organismi, fedele a un principio liberale. Al tempo stesso, però, il governo di Mussolini tese a un maggior controllo delle istituzioni di pubblica beneficenza e assistenza, attraverso una legge di riforma varata nel 1923 e applicata con successivi decreti, non più con un tono anticlericale che aveva caratterizzato la stagione politica iniziale di Mussolini, ma cercando la collaborazione delle autorità ecclesiastiche: una collaborazione che sfocerà nel Concordato del 1929.
Un testo interessante, anche se non unitario, quello di Fiori: un invito a leggere la riforma dello Stato sociale al di là di ogni impostazione ideologica.




Dio è


Benito Salvadori, Dio è, 
Alberto Maioli Editore, 
Milano 2005, 192 pp., 
euro15,50

Benito Salvadori, Dio è, Alberto Maioli Editore, Milano 2005, 192 pp., euro15,50

Lavvio alla lettura è faticoso, duro. Il tema, dimostrare l’esistenza di Dio sul piano scientifico, non è dei più semplici. Marco (che è poi l’autore Benito Salvadori) ritrova i vecchi amici Paolo, Andrea (che non è credente), Antonio e sua moglie Silvia e, sulla scia dei ricordi del tempo passato, cercherà di dimostrare loro che Dio c’è.
La conversazione-dibattito è a tratti interessante. Più che a un libro, sembra di essere davanti alla partitura di un soggetto teatrale dove ogni atto e ogni scena ha la sua logica compiuta. A conclusione di ogni scena, un riassunto (Marco la chiama “appendice”) per puntualizzare e riaffermare alcuni concetti, per poi ripartire con nuovi. Il ritmo si fa a volte incalzante e acceso, per poi indugiare su toni distesi e tranquilli. La sensazione è di salire, a fatica, su una montagna per poi ridiscendere un po’ di corsa, un po’ a passo lento. Ogni tanto bisogna fermarsi e riprendere fiato. E così arriviamo al quinto capitolo (p. 54); da qui in avanti la lettura si fa più impegnativa. Il percorso è filosofico ed è complicato seguire le “dimostrazioni” di Marco, che utilizza “meditazioni” scientifiche di Leonardo da Vinci. Opportunamente le note riassuntive poste dall’autore a conclusione della pubblicazione (la sua prima) – pp.171-182 – consentono al lettore di fissare, quasi didatticamente, le affermazioni “studiate” nel saggio.
Il libro di Benito Salvadori titola Dio è non «Dio c’è»: e la scelta non credo sia casuale: «… sgombrata dagli errori umani» dice Salvadori «l’esistenza di Dio è pura e obbligata constatazione…: ciò di cui si constata l’esistenza non ha alcun bisogno di prove scientifiche che la attestino».




Il cattolico


P. Raimondo Marchioro, 
Il cattolico, Icone Edizioni, 
Roma 2005, 
271 pp., euro 9,50

P. Raimondo Marchioro, Il cattolico, Icone Edizioni, Roma 2005, 271 pp., euro 9,50

Siamo di fronte a un libretto di facile e immediata consultazione, Il cattolico, in cui padre Raimondo Marchioro recupera i capisaldi di una ortodossa istruzione religiosa per un cristiano; riassume le principali verità di fede e di morale della religione cristiana cattolica, riproponendole in maniera telegrafica, in forma semplice, schematica, divulgativa. È lo stesso autore, un sacerdote francescano conventuale, che destina il suo lavoro «al popolo di Dio, a tutti i fedeli cristiani cattolici, che in questo momento di smarrimento, di dubbio e di incertezze vogliono conoscere il pensiero della Chiesa su questa o quella verità della nostra fede».
Credo che, abbinato al Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica di papa Ratzinger, per molto tempo al vertice della classifica di vendita dei libri, il libretto di Marchioro costituisca un opportuno sussidio di “pronto intervento” per ricordare alcuni concetti base dell’essere cristiano.




A tutto campo


Alberto Franzini, 
A tutto campo, Itaca, 
Castel Bolognese (Ra) 2004,
216 pp., euro 12,00

Alberto Franzini, A tutto campo, Itaca, Castel Bolognese (Ra) 2004, 216 pp., euro 12,00

Il tentativo di dare alcune risposte ai temi più attuali invade il libro di Alberto Franzini, A tutto campo. La prima parte è una lunga intervista sui principali temi dell’attualità ecclesiale, sociale e culturale; la seconda parte del libro presenta un’antologia di testi, interventi, soprattutto di carattere pastorale, svolti con chiarezza e spesso con coraggio da don Alberto in incontri pubblici e sulla stampa: il segno di una Chiesa viva, pronta a dire la sua su svariate questioni, proprie del tempo in cui viviamo.
Il libro di don Alberto Franzini entra nel vivo dei problemi di questo nostro tempo: il tema della morte di Dio e dei nuovi dei che irrompono sulla scena contemporanea; il tema del relativismo etico che papa Benedetto XVI pone oggi in termini di grande preoccupazione per le sorti del cristianesimo; il tema del rapporto tra fede e ragione…, insomma tutto ciò che ruota attorno alla dimensione di una “nuova antropologia”, al ruolo della cultura e dell’esigenza di fare vera cultura. E ancora: il dibattito sull’Europa; il tema, attualissimo, del confronto con i musulmani, il rapporto cristianesimo/islam; l’impegno dei cattolici in politica. Come tralasciare i temi della pace (e del pacifismo) venuti prepotentemente alla ribalta dopo l’11 settembre del 2001?
Ho provato una grande gioia nello scoprire nel libro il riferimento ad alcune pagine di Romano Guardini, un pensatore del Novecento: mi riferisco alla sua La fine dell’epoca moderna, del 1951, ancora attualissimo dopo oltre mezzo secolo, a Europa. Compito e destino e ad Appunti per un’autobiografia; aggiungerei: Il Potere, Ritratto della malinconia… Per non parlare di don Primo Mazzolari, il grande parroco di Bozzolo (p. 130), le cui “profezie” sono più che mai attuali.
È un libro che, oltre a richiamare all’impegno sociale, fa sentire l’orgoglio di essere cristiani.


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