Il Signore della vita
Gaetano Andrisani, IIl Signore della vita/I, «Saggi storici casertani», Caserta 2009, 120 pp., euro 10,00
Nell’appendice del Compendio, annota, nella sezione “Preghiere comuni”, vengono pubblicati i due inni con una traduzione poetica italiana che l’autore considera «a senso, molto a senso, talvolta poco fedele al luminoso testo originale latino di una bellezza formale di considerevole valore, oltre che di una ricchezza di contenuti di ben nutrita scienza teologica» (p. 43).
Frequenti le citazioni di san Paolo. Del resto le pagine di Andrisani vogliono essere anche una sorta di omaggio al santo, in questo anno particolarmente significativo per la vita della Chiesa che celebra l’anno paolino in coincidenza con il bimillenario della nascita di Paolo di Tarso.
Una missione sul fiume
Riccardo Novati, IGhana. Una missione sul fiume/I, Comboni Centre Sogakofe, Sogakofe 2007, 220 pp., s.i.p.
Sfogliando il volume si incontrano paesaggi dalla bellezza incontaminata, o semplici, poveri ambienti; si incrociano volti di donne, intente a lavorare avvolte in abiti variopinti, che portano sulle spalle bambini con negli occhi espressioni di meraviglia; vecchi col volto segnato dalle rughe del tempo e dalle fatiche; giovani pescatori o ragazzi impegnati in laboratori artigiani a comporre lavori di rara bellezza artistica; visi dai quali traspare sempre un senso di grande dignità.
«La presenza della Chiesa in questi Paesi», scrive Angelini, «è presenza di frontiera, poiché l’evangelizzazione si salda con la promozione umana. I grandi valori della civiltà e delle molteplici espressioni della cultura africana dimostrano la profetica preveggenza del Comboni, che vedeva nell’incontro dell’Africa con Cristo l’unica e definitiva possibilità di riscatto dell’intero continente messo per secoli a dura prova dalle vicende che tutti conosciamo».
La resistenza fondata sulla coscienza
Enzo Bettiza, ILa primavera di Praga.1968: la rivoluzione dimenticata/I, Mondadori, Milano 2008, 162 pp., euro 17,50
Il volume non solo ripropone le sue meticolose e perspicaci corrispondenze, lette anche dai comunisti in Italia e nell’Europa orientale, come ha confermato, tra tanti altri, Jiri Pelikan, direttore della tv nazionale di Praga libera; ma, nella prefazione, Bettiza esprime il suo amaro stupore per l’oblio del ’68 praghese, della vera rivoluzione dei cecoslovacchi, che hanno fatto la storia dell’Est con la loro serietà. L’industria culturale ha voluto privilegiare il «gusto della profanazione permissiva» in Germania (la prima a corteggiare la violenza terroristica), la «violenza recitata e pirotecnica» in Francia e il pittoresco ’68 italiano, «il più trasformistico» e perfido dell’Occidente nella sua deviazione terroristica, segno di «un’Italia che immeschinisce» (Nicola Chiaromonte) in una noia inquieta di figli con genitori arrendevoli, protetti da maestri arrendevoli, incapaci di «un serio riesame critico».
Bettiza completa le sue cronache con un colloquio con Jiri Pelikan, «demiurgo della telerivoluzione» della “Primavera di Praga”, capolista dei ricercati dal Kgb, capace però di sfuggirgli.
La richiesta sovietica di ripristinare la censura, che dal gennaio era sparita favorendo la documentazione delle malefatte del Cremlino, era comprensibilissima: tutto il sistema sovietico sarebbe crollato come un castello di carta al soffio della verità. Bettiza, da grande giornalista, oltre che studioso e poliglotta, ha colto i particolari del disagio di Breznev fino alla sua congestione, alla crisi di nervi, quando la tv di Pelikan dà notizia degli incontri di Cierna e dell’ordine del giorno mentre tutto sarebbe dovuto restare segreto.
La “Primavera” doveva necessariamente avvenire in un paese profondamente cattolico e laico, vocato a superare, nella contemplazione, nella miscela di gioia di vivere e confidenza con la morte, le aporie dell’erranza. Non è un caso che la Cecoslovacchia, dalle sue mitiche origini, punto nevralgico della Mitteleuropa, crogiolo di popoli e di culture, nutrita di cattolicesimo asburgico e di rovello kafkiano, abbia sempre sviluppato tutte le forme espressive della cultura, in particolare il teatro. Come la Polonia, luogo privilegiato della liberazione. Pochi in Italia conoscevano le pièces teatrali di Vaclav Havel, futuro presidente dopo la “Rivoluzione di velluto” nell’89, perché la benemerita Cseo di Bologna, che le editava, era un’editrice piccola e controcorrente.
Giovanni Borsella