Rubriche
tratto dal n.01/02 - 2012


PENITENZIARIA APOSTOLICA

Il centro della confessione non è il nostro peccato, ma la misericordia di Dio


<I>Il ritorno del figliol prodigo</I>, Rembrandt, acquaforte, Pierpont Morgan Library, New York

Il ritorno del figliol prodigo, Rembrandt, acquaforte, Pierpont Morgan Library, New York

A fine gennaio, presso il santuario della Santa Casa di Loreto, si è svolto il terzo simposio per penitenzieri, organizzato dal Centro Studi Lauretani. Pubblichiamo stralci dell’intervento di monsignor Gianfranco Girotti, vescovo reggente della Penitenzieria Apostolica, apparso sull’Osservatore Romano del 28 gennaio. «Mi ha sempre colpito l’atteggiamento che il santo Curato d’Ars aveva con i vari penitenti. Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in lui l’incoraggiamento a immergersi nel “torrente della divina misericordia” che trascina via tutto nel suo impeto. E se qualcuno era afflitto al pensiero della propria debolezza e incostanza, timoroso di future ricadute, egli gli rivelava il segreto di Dio con un’espressione di toccante bellezza: “Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dio che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci!”. Sappiamo che il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire, con la capacità dell’ascolto, l’amore misericordioso del Signore. Ciò che importa di più nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione è l’incontro personale con Cristo salvatore e, in lui, con il Padre misericordioso. A questa luce dovremmo forse rivedere molte incrostazioni e sovrastrutture riguardo a certi modi d’intendere e di celebrare il sacramento della Riconciliazione. Non è forse vero che a volte la confessione assume il volto di un tribunale dell’accusa, piuttosto che di una festa del perdono? Non è forse vero che talvolta il dialogo penitenziale assume toni inquisitori, o comunque poco delicati? Un certo modo di intendere il sacramento della Riconciliazione ha condotto, infatti, a sopravvalutare unilateralmente il momento dell’accusa e la lista dei peccati, con il risultato di relegare in secondo piano ciò che – invece – è assolutamente centrale nell’ascolto dei peccati, cioè l’abbraccio benedicente del Padre misericordioso. Troppe volte noi consideriamo prima il peccato e poi la grazia. E invece prima di tutto c’è il gratuito di Dio, c’è il suo amore misericordioso, senza confini. Al centro della celebrazione sacramentale non sta il nostro peccato, al centro del sacramento sta la misericordia di Dio, che è infinitivamente più grande d’ogni nostro peccato [...]. Il sacramento della Penitenza non è una “psicanalisi”; è un sacramento, un segno efficace di perdono a chi è pentito, non a chi ha deliberato di sottoporsi all’analisi o alla cura della sua psiche. Il confessore sa che Dio solo scruta fino in fondo al cuore e che l’oggettivo giudizio e il dono della misericordia appartengono a Lui, che originariamente assolve e della cui grazia il confessore è soltanto portatore. Ciò che importa di più non è l’analisi e la confessione, ma il pentimento che risiede nell’anima [...]. Occorre sempre tener presente che il confessore non deve mai manifestare stupore, qualunque sia la gravità dei peccati accusati dal penitente; mai deve pronunziare parole che suonino di condanna alla persona, anziché al peccato, mai deve inculcare terrore anziché timore, mai deve indagare su aspetti della vita del penitente, la cui conoscenza non sia necessaria per la valutazione dei suoi atti, mai deve usare termini che ledano anche solo la finezza del sentimento, anche se, propriamente parlando, non violano la giustizia e la carità; mai un sacerdote deve mostrarsi impaziente e geloso del suo tempo, mortificando il penitente con l’invito a far presto (salva l’ipotesi in cui l’accusa venga fatta con inutile verbosità) [...]. In conclusione “accoglienza e verità” dovrebbero distinguere l’attitudine del confessore – che è giudice, medico e maestro per conto della Chiesa – in quello che è un momento di riconciliazione con Dio. E ogni sacerdote che siede in confessionale deve essere immagine della mitezza di Cristo, perché, mettendo il penitente in rapporto con il cuore misericordioso di Dio, attraverso il suo volto mite e amico, egli riscopra con gioia e fiducia questo sacramento e comprenda sempre più che l’amore che Dio ha per noi non si arresta di fronte al nostro peccato, non indietreggia dinanzi alle nostre offese».





TEOLOGIA

La Chiesa non deve voler essere sole, ma deve rallegrarsi di essere luna


Cristo rappresentato nelle sembianze di Helios (il Sole), Necropoli Vaticana, nei pressi della tomba di Pietro

Cristo rappresentato nelle sembianze di Helios (il Sole), Necropoli Vaticana, nei pressi della tomba di Pietro

«Anche alla luce di quanto sopra esposto, si capisce facilmente perché, nella presentazione che il cardinale Kasper fa dell’ecclesiologia cattolica, il pensiero ecclesiologico del Concilio Vaticano II compaia un po’ come un filo conduttore. Ciò traspare soprattutto dal fatto che il suo approccio ecclesiologico prende sul serio il titolo della Costituzione dogmatica sulla Chiesa. Infatti, secondo l’ecclesiologia conciliare, Lumen gentium non è la Chiesa, ma è Cristo, luce dei popoli, e la Chiesa è solo il suo riflesso, ovvero è il segno e lo strumento di Dio, che si è rivelato in maniera definitiva in Gesù Cristo. La Chiesa, pertanto, non deve voler essere sole, ma deve rallegrarsi di essere luna, di ricevere tutta la sua luce dal sole e di farla risplendere dentro la notte. Come la luna non ha luce in sé, ma riflette quella luce che le viene dal sole, così anche la Chiesa può trasmettere e far risplendere nella notte dell’umanità solo quella luce che ha ricevuto da Cristo. Il libro del cardinale Kasper sulla Chiesa cattolica è al servizio del coerente dispiegarsi di un’ecclesiologia lunare». Così il cardinale Kurt Koch (presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani e della Commissione per le Relazioni religiose con l’ebraismo) ha scritto in una recensione del libro del cardinale Walter Kasper (presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani) Chiesa cattolica. Essenza – Realtà – Missione (Queriniana, Brescia 2012, 584 pp., euro 35,00), pubblicata sull’Osservatore Romano del 27 gennaio. La recensione del cardinale Koch si conclude in questo modo: «Il cardinale Kasper sa che il rinnovamento spirituale della Chiesa, di cui oggi abbiamo tanto bisogno, sarà “possibile solo mediante una nuova Pentecoste”. Come è avvenuto allora, quando i discepoli si sono riuniti insieme alle donne che avevano seguito Gesù e hanno pregato incessantemente e unanimemente per la venuta dello Spirito Santo, così anche oggi una nuova Pentecoste potrà essere preparata soltanto tramite una preghiera intensa, poiché “la Chiesa del futuro sarà soprattutto una Chiesa di oranti” (p. 550). Difatti, la preghiera è il luogo dove ha origine quella gioia per Dio che il libro veterotestamentario di Neemia definisce come “la nostra forza”. Solo da questa gioia per Dio può crescere anche la gioia per la Chiesa, che non è quel tipo di gioia che noi stessi ci procuriamo e che quindi ha raramente consistenza. La gioia vissuta nella fede cristiana è quella gioia che, in ultima analisi, può donarci soltanto lo Spirito. Tale gioia è il segno distintivo di ogni realtà cristiana al punto che possiamo dire: là dove c’è mancanza di gioia e depressa irritabilità, lo Spirito di Gesù non è sicuramente all’opera». L’articolo del presule è stato pubblicato con il titolo Ecclesiologia lunare.





DON LUIGI GIUSSANI

Iniziato il processo di beatificazione di don Luigi Giussani


Don Lugi Giussani

Don Lugi Giussani

Il 22 febbraio, settimo anniversario della morte, è stata presentata la richiesta di inizio del processo di beatificazione di don Luigi Giussani. Don Matteo Fabbri, vicario della Prelatura dell’Opus Dei, ha commentato la notizia con una nota che pubblichiamo integralmente: «L’annuncio dell’inizio del processo di beatificazione di monsignor Luigi Giussani è fonte di grande gioia e ci fa essere grati a Dio. Egli seppe mostrare con le sue parole e il suo esempio che in Cristo trovano compimento tutte le aspirazioni umane, avvicinando alla fede molti giovani, famiglie e persone di ogni tipo. Sono numerosi coloro che devono la scoperta della loro vocazione a don Giussani. Ancora oggi il suo messaggio, incentrato sulla bellezza della vita cristiana, porta e continua a portare fecondi frutti apostolici in tutta la Chiesa, come è stato evidente nella splendida concelebrazione di ieri sera, in Duomo a Milano, alla quale ho avuto l’onore di partecipare».





Brevi


<I>Lasciate che i bambini vengano a me</I>, Carl Vogel von Vogelstein, Galleria d’arte moderna, Firenze

Lasciate che i bambini vengano a me, Carl Vogel von Vogelstein, Galleria d’arte moderna, Firenze

Concistoro/1
Il cardinale Dolan: come bambini per dire la fede al mondo

«Quello che ci tiene alla larga dall’arroganza e dalla superbia del trionfalismo è il riconoscimento di ciò che ci ha insegnato papa Paolo VI nella Evangelii nuntiandi: la Chiesa stessa ha sempre bisogno di essere evangelizzata! Ciò ci dà l’umiltà di ammettere che nemo dat quod non habet, che la Chiesa ha il profondo bisogno di una conversione interiore». È uno dei passaggi della relazione tenuta il 17 febbraio dall’arcivescovo di New York, cardinale Timothy Michael Dolan, che ha introdotto la giornata di preghiera e riflessione convocata dal Papa per i membri del Collegio cardinalizio e i nuovi cardinali in occasione del concistoro del 18 febbraio. Di seguito, accennando all’importanza della gioia cristiana, ha raccontato: «Un malato terminale di Aids alla casa Dono della Pace tenuta dalle Missionarie della Carità, nell’arcidiocesi di Washington del cardinale Donald Wuerl, ha chiesto il battesimo. Quando il sacerdote gli ha chiesto una espressione di fede lui ha mormorato: “Quello che so è che io sono infelice, e le suore invece sono molto felici anche quando le insulto e sputo loro addosso. Ieri finalmente ho chiesto loro il motivo della loro felicità. Esse hanno risposto: ‘Gesù’. Io voglio questo Gesù così posso essere felice anche io”. Un autentico atto di fede, vero?». E, terminando la sua relazione, il presule ha ricordato: «Grazie a voi, Santo Padre e confratelli, per aver sopportato il mio italiano primordiale. Quando il cardinale Bertone mi ha chiesto di parlare in italiano, mi sono preoccupato perché io parlo italiano come un bambino. Ma poi ho ricordato quando, da giovane prete fresco di ordinazione, il mio primo pastore mi disse mentre andavo a fare catechismo ai bambini di sei anni: “Ora vedremo che fine farà tutta la tua teologia e se riesci a parlare della fede come un bambino!”. E forse conviene concludere proprio con questo pensiero: abbiamo bisogno di dire di nuovo come un bambino la eterna verità, la bellezza e la semplicità di Gesù e della sua Chiesa». L’intervento del porporato è stato riportato dall’Osservatore Romano del 18 febbraio con il titolo Come bambini per dire la fede al mondo.


Maria e Giovanni ai piedi della croce, particolare della <I>Crocifissione</I>, Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova

Maria e Giovanni ai piedi della croce, particolare della Crocifissione, Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova

Concistoro/2

Il cardinale Filoni: «È Gesù che ci mette sotto la protezione della Madonna»

Il 19 febbraio, all’inizio della celebrazione eucaristica con i nuovi cardinali, creati nel concistoro del 18 febbraio, Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, primo della lista dei nuovi porporati, ha rivolto un indirizzo di omaggio al Santo Padre. Questa la conclusione riportata sull’Osservatore Romano del 20-21 febbraio: «Poniamo il nostro servizio cardinalizio sotto la protezione di Maria Madre della Grazia; anzi è Cristo stesso che, dall’alto della croce, ci mette sotto la Sua materna protezione: “Donna, ecco tuo figlio! (Giovanni 19, 26)”. E chiediamo a Lei, Madre nostra, che venga ad abitare con noi».


Chiesa/1
Il nunzio Viganò incontra Obama

L’Osservatore Romano del 6-7 febbraio ha dato notizia dell’avvenuto «inizio della missione del nunzio apostolico negli Stati Uniti» l’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Nell’articolo si spiega che il 18 gennaio il nuovo nunzio ha incontrato, presso lo Studio Ovale della Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il quale «lo ha ricevuto molto amabilmente, pregandolo subito di trasmettere i suoi saluti a Sua Santità insieme ai migliori auguri per la sua alta missione. Il presidente ha poi sottolineato la sua stima per l’opera della Chiesa cattolica, non solo negli Stati Uniti d’America, ma nel mondo intero. In particolare, ha rilevato come la voce del Santo Padre e l’attenzione della Chiesa cattolica per quanti sono afflitti dalla povertà, dalla fame e dalle guerre, rendano la Santa Sede un importante partner degli Stati Uniti».



Francesco Moraglia

Francesco Moraglia

Chiesa/2
Il nuovo patriarca di Venezia: anzitutto la preghiera

Quali sono i suoi programmi per la nuova missione? «Innanzitutto pregare». Così ha detto il nuovo patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, in un’intervista rilasciata all’Avvenire del 1° febbraio. Nella stessa intervista, alla domanda su come avesse accolto tale nomina, avvenuta il giorno precedente, ha risposto: «La prima sensazione è stata quella di trovarsi “proiettato” in una situazione totalmente nuova, per cui mi era impossibile anche solamente “immaginarmi” il futuro. Per questo posso dire di aver accolto la nomina con un po’ di trepidazione. Ma poi, di fronte al Signore, mi sono detto: con Lui, col Suo aiuto, tutto diventa possibile».



Medio Oriente
Per la Turchia attaccare la Siria sarebbe una catastrofe

Le voci di un attacco militare Usa contro la Siria? Sarebbero solo un bluff. È quanto afferma in un’intervista al Corriere della Sera del 9 febbraio Patrick Seale, giornalista britannico esperto di Medio Oriente e, in particolare, di Siria. Così si legge sul quotidiano di via Solferino: «Il ritiro dall’Iraq; l’impegno da dieci anni in Afghanistan; i continui raid in Pakistan, Yemen, Somalia, Africa Orientale. Washington taglia i costi della Difesa e sposta l’attenzione sulla regione Asia – Pacifico per contenere la Cina. Creda, quelle voci sono un bluff: nessuno è pronto a mettere un dito in un conflitto che incendierebbe l’intera regione. L’ha detto anche la Turchia: sarebbe una vera catastrofe».

 


Iran
La dissuasione è meno disastrosa di una guerra preventiva

«Gli ufficiali israeliani ci spiegano che noi americani non possiamo capire i loro timori: l’Iran rappresenta una minaccia esistenziale per il loro Paese. Ma in realtà li capiamo benissimo, perché anche noi abbiamo dovuto affrontare un’esperienza molto simile. Dopo la Seconda guerra mondiale, quando l’Unione Sovietica si dotò dell’arma atomica, gli Stati Uniti furono invasi da un panico che si trascinò per anni. Tutto quello che Israele dice oggi dell’Iran noi lo abbiamo detto dell’Unione Sovietica. L’Urss rappresentava ai nostri occhi un regime estremista e rivoluzionario, contrario a tutti i nostri valori, deciso a rovesciare i governi occidentali per instaurare il comunismo globale. Per noi Mosca era irrazionale, aggressiva e totalmente sprezzante della vita umana. Proprio come oggi Israele sta apertamente considerando azioni militari preventive contro l’Iran, molti in Occidente sollecitavano simili interventi contro Mosca sul finire degli anni Quaranta». Sono parole dell’autorevole giornalista statunitense Fareed Zakaria in un articolo apparso sul Corriere della Sera del 19 febbraio. Così conclude il testo: «Nel corso dell’ultimo decennio, ci sono stati migliaia di attentatori suicidi di origine saudita, egiziana, libanese, palestinese e pakistana, ma non un solo attacco è stato portato a termine da un cittadino iraniano. Anche se riuscisse a dotarsi di un ordigno nucleare rudimentale nei prossimi anni, siamo sicuri che l’Iran voglia lanciare per primo un attacco suicida? “Israele si trova ad affrontare le scelte che Stati Uniti e Gran Bretagna dovettero fronteggiare più di sessant’anni fa”, dice Gideon Rose, direttore di Foreign Affairs. “Anche Israele ammetterà, si spera, che è impossibile garantirsi la sicurezza assoluta nell’era nucleare, e che se non sarà in grado di ritardare o danneggiare i programmi nucleari dei suoi nemici, la dissuasione è meno disastrosa di una guerra preventiva”».


Collegio cardinalizio
La morte di Bevilacqua. Gli ottant’anni di Saraiva e Zen. Creati 22 nuovi porporati

Il 31 gennaio è morto il cardinale Anthony Joseph Bevilacqua, 88 anni, dal 1987 al 2003 arcivescovo di Philadelphia. Hanno poi compiuto ottant’anni i cardinali José Saraiva Martins (il 6 gennaio) e Joseph Zen (il 13 gennaio).


Curia
Nomine alla Penitenzieria,ai Vescovi, ai Religiosi e alla Rota Romana

Il 5 gennaio l’arcivescovo portoghese Manuel Monteiro de Castro, 74 anni, è stato nominato penitenziere maggiore; dal 2009 era segretario della Congregazione per i Vescovi.
L’11 gennaio l’arcivescovo toscano Lorenzo Baldisseri, 71 anni, è stato nominato segretario della Congregazione per i Vescovi; dal 2002 era nunzio in Brasile.
Il 25 gennaio il monsignore tedesco Udo Breitbach, 52 anni, è stato nominato sottosegretario nel medesimo dicastero.
Il 17 dicembre suor Nicoletta Vittoria Spezzati, 63 anni, originaria di San Severo (Foggia), è stata nominata sottosegretario della Congregazione per i Religiosi. Dal 2006 era officiale del dicastero.
Il 30 dicembre Benedetto XVI ha nominati due nuovi uditori del Tribunale della Rota Romana. Si tratta dell’italiano don Davide Salvatori, 40 anni, finora vicario giudiziale aggiunto presso il Tribunale ecclesiastico regionale Flaminio di Bologna, e del salesiano tedesco Markus Graulich, 47 anni, finora promotore di giustizia presso il Supremo Tribunale della Segnatura apostolica.


Italia
Nomine a Venezia, Cagliari, Cassano all’Ionio e Roma

Il 9 dicembre monsignor Nunzio Galantino, 63 anni, è stato nominato vescovo di Cassano all’Ionio, in Calabria. Originario di Cerignola in Puglia, nel 1972 è stato ordinato sacerdote per l’omonima diocesi. Dal 2004 è responsabile del Servizio nazionale per gli studi superiori di Teologia e di Scienze religiose della Cei.
Il 31 gennaio il vescovo di La Spezia Francesco Moraglia, 54 anni, è stato promosso patriarca di Venezia.
Sempre il 31 gennaio il vescovo di Sora Filippo Iannone, 54 anni, carmelitano, è stato nominato vicegerente di Roma. Nella stessa data i monsignori Matteo Maria Zuppi, 56 anni, e Lorenzo Leuzzi, 56 anni, sono stati nominati ausiliari di Roma.
Il 25 febbraio monsignor Arrigo Miglio, 70 anni a luglio, dal 1999 vescovo di Ivrea (e nei precedenti 7 anni vescovo di Iglesias), è stato promosso arcivescovo di Cagliari.

 


Diplomazia
Nuovi nunzi nei Paesi Bassi, Armenia, Trinidad, Argentina, Brasile, Zambia, Isole Salomone e Ruanda

Il 15 dicembre l’arcivescovo francese André Dupuy, 72 anni, è stato nominato nunzio apostolico nei Paesi Bassi. Dal 2005 era rappresentante pontificio presso l’Unione europea e dal 2006 presso il Principato di Monaco.
Sempre il 15 dicembre l’arcivescovo eletto Marek Solczynski, 50 anni, nominato nunzio in Georgia il 26 novembre, è stato designato anche rappresentante pontificio in Armenia.
Il 21 dicembre l’arcivescovo Nicola Girasoli, 54 anni, nominato nunzio in vari Paesi delle Antille il 29 ottobre, è stato nominato rappresentante pontificio anche in Trinidad e Tobago e nelle Barbados.
Il 5 gennaio l’arcivescovo svizzero Emil Paul Tscherrig, 65 anni, è stato nominato nunzio apostolico in Argentina; dal 2008 era rappresentante in Scandinavia.
Il 27 gennaio sono stati nominati nuovi nunzi i monsignori Julio Murat (turco, 50 anni, destinato alla rappresentanza in Zambia), Santo Gangemi (siciliano, 50 anni, destinato alle Isole Salomone), Luciano Russo (campano, 49 anni), al quale il 16 febbraio è stata assegnata la rappresentanza pontificia in Ruanda.
Il 10 febbraio l’arcivescovo campano Giovanni d’Aniello, 57 anni, è stato nominato nuovo nunzio in Brasile; dal 2010 era rappresentante pontificio in Thailandia.



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