Rubriche
tratto dal n.09 - 2001


Confessioni dalla Borsa




Nel libro di Tamburini vi è un aspetto tecnico che riguarda gli specialisti, ma non poche battute giovano a completare la conoscenza di importanti fatti e fenomeni occorsi non solo nell’ambito strettamente borsistico

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a qualche tempo le televisioni italiane, accanto ai bollettini meteorologici, informano sulle quotazioni di Borsa, sia da Milano che da New York. Sia l’avanguardia di uno sviluppo venturo, sia la constatazione di un interesse già oggi diffuso è certo che la Borsa non è più quel recinto chiusissimo limitato a piccoli gruppi di operatori e di grandi risparmiatori. Personalmente ho della Borsa di Roma un ricordo giovanile molto vivo. Andavo spesso a giuocare a palla in piazza di Pietra; e il nostro chiasso era irrilevante rispetto a quello che veniva dall’interno del Palazzo delle Colonne nelle ore di contrattazione. Appresi allora il significato di grida.
La storia della Borsa italiana è stata ora ricostruita attraverso interviste con gli otto più importanti agenti di cambio, raccolte dal vicedirettore di Milano Finanza Fabio Tamburini.
Vi è un aspetto tecnico che riguarda gli specialisti, ma non poche battute giovano a completare la conoscenza di importanti fatti e fenomeni occorsi non solo nell’ambito strettamente borsistico. Tanto più che due degli operatori interessati – Enzo Berlanda e Urbano Aletti – sono stati anche autorevoli membri del Senato della Repubblica.
Berlanda, che lasciò il Senato per assumere prestigiosamente la presidenza dell’organo di controllo Consob, dice che in quaranta casi trasmisero esposti alla magistratura ma uno solo ebbe lo sbocco di una condanna (a Roma). Dello stesso Berlanda è anche la notizia di una messa fuori giuoco in America del maggior commerciante italiano di grani; attraverso una multa di 10mila miliardi di lire. Viene annotato però che il presidente dell’organismo americano sanzionatorio era un concorrente nel settore granario.
Interessanti anche i passi di Berlanda riguardanti i rapporti con Cuccia (con forte giudizio positivo) compreso un ricorso giurisdizionale di Mediobanca contro un provvedimento della Consob perduto dalla potentissima realtà ambrosiana.
Ettore Fumagalli porta invece la sua attenzione al sistema bancario romano e all’importanza di Cesare Geronzi. Mentre Attilio Ventura dice ai miei riguardi: "Andreotti è uno dei pochi che è venuto in Piazza Affari a parlare. Era un tipo che quando gli veniva chiesto un appuntamento per la Borsa lo concedeva immediatamente. Ma non dava mai una risposta. Ascoltava con attenzione. Poi, immancabilmente diceva che non era competente e che avrebbe interpellato Carli. Dopo un po’ la risposta arrivava".
Un rilievo interessante. Molti di questi agenti di cambio e lo stesso intervistatore Tamburini hanno studiato all’Università Cattolica del Sacro Cuore.




L’architetto Valori


È una raccolta di idee e di impressioni che non si può facilmente riassumere. Va consigliata la rasserenante lettura integrale
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uello degli architetti non è (o almeno non era) un mondo politicamente facile. Ricordo il racconto di Lorenzo Natali, ministro dei Lavori pubblici, su un’assemblea settoriale tenutasi a Napoli. La contestazione rumorosissima si era ulteriormente accesa quando Bruno Zevi era andato alla tribuna con il proposito di mettere ordine. E fu impossibile dare inizio al convegno. Ricordo anche il fine di non ricevere opposto qualche anno prima ad un progetto suggestivo di sistemazione del piazzale della Stazione Termini. L’autore (Moretti) non apparteneva alla imperante congregazione dei… santi laici. Ma ho presente anche la meschinità di chi per piatti motivi politici di attualità metteva stupidamente in discussione l’opera di Piccinato a Sabaudia.
Comunque, quando si superavano le barriere e progettavano insieme, i risultati tecnici erano eccellenti: vedi il famoso Asse attrezzato, anche se la fatale indecisione romana ne bloccò l’attuazione. Attenzione. Non sarò certo io a criticare Roma, pur dovendo rilevare che qui si maledicono i palazzinari mentre al nord si glorificano gli operatori dell’edilizia. Grande ricchezza del vocabolario italiano. La raccolta di lettere e di pagine di diario del professore Michele Valori (Posta fatta in casa, Gangemi editore) è veramente suggestiva.
Autenticamente cattolico, delicatissimo negli affetti, sempre capace di stupirsi, sensibile alle novità in tutti i campi, analista acuto del mondo americano (la cronaca delle visite è splendida). Confesso che quando ho ricevuto questo libro pensavo di dargli solo un’occhiata, ma attratto dalla circostanza marginale che il professore era fratello di Bice e cognato di Paolo Panelli, ho scorso qualche pagina rimanendo attratto e mettendo il libro tra quelli riservati alla tranquilla lettura delle vacanze. Tra l’altro il caso ha voluto che nel giorno della gran confusione per il G8 leggessi la pagina (datata 16 aprile 1955) descrittiva di Genova: "Una città meridionale diventata settentrionale con la volontà". Detto così è poco, ma andate a leggere e apprezzerete.
Brillante la critica alle attività di tutti i partiti, di tutti i colori, di tutti i Paesi che "rendono difficile il facile attraverso l’inutile".
È una raccolta di idee e di impressioni che non si può facilmente riassumere. Va consigliata la rasserenante lettura integrale.




Il cuore di Battaglia


Cronaca di un soggiorno nel silenzio rigeneratore di un monastero. Tutto si articola attorno ai colloqui di Romano con padre Dominique, la cui vocazione era sopravvenuta ad una vita dissipata

L’
immagine corrente di Romano Battaglia è legata, accanto ai suoi libri e alle trasmissioni, alle ormai tradizionali e sempre ben riuscite manifestazioni estive alla Versiliana. L’annuncio di un suo libro con la cronaca di un soggiorno nel silenzio rigeneratore di un monastero mi aveva molto sorpreso. E l’ho letto tutto d’un fiato con grande emozione.
Lo scenario è di totale antitesi non solo con il rumore e l’inquinamento delle grandi città, ma anche rispetto alle relativamente calme propaggini della sua Lucchesia, affollate solo durante la stagione alta.
Vengono descritte le immagini di boschi, corsi d’acqua, orizzonti sconfinati, operosità dei frati nelle specializzazioni più diverse; con qualche cenno appena alla cappella, dove un religioso medita e prega tutto solo (il fascino dell’orazione corale e dei canti gregoriani — altrove molto forte — qui avrebbe stonato). Tutto si articola attorno ai colloqui di Romano con padre Dominique, la cui vocazione era sopravvenuta ad una vita dissipata; al matrimonio più che fallito, con la madre suicida; alla inappagante esperienza parigina di clochard_ quando stava per porre fine alla sua ormai inutile esistenza Gesù gli era apparso, chiamandolo ad una vita davvero nuova. Qui nel suo recinto eremitico, nella compagnia di un cane e all’ombra di un ciliegio in fiore, trasmette lezioni di serenità e di pace all’ospite, che ritornerà nel "mondo" arricchito dalla massima, che si è felici solo se si ha un cuore puro.
Romano conclude così il suo diario, che è preceduto da un suggestivo preavviso di Mario Luzi: "La solitudine è la migliore compagnia, e un breve ritiro esige un dolce ritorno".




Confessioni di un vescovo


Un saggio dal titolo provocante di monsignor Ruppi per spiegare le origini e render chiare le funzioni dei pastori della Chiesa. È emozionante il ricordo che alle origini il vescovo di Roma era definito "presidente della carità"
Q
uando visitai a Lecce il centro diocesano di accoglienza dei clandestini sbarcati sulle coste pugliesi (solo la notte precedente ne erano arrivati duecentocinquanta), ebbi la sensazione di un comando militare, tanto tutto era minuziosamente organizzato d›gli incaricati dell’arcivescovo. Del resto non c’era da sorprendersi, conoscendo monsignor Ruppi, del quale è ora uscito un saggio dal provocante titolo: Vescovo, chi sei tu? (Ed. Vivere In, 2001). Comincia col rispondere ad un bambino che vuol sapere perché i presuli portano un bastone ricurvo, hanno uno strano copricapo e quando se lo tolgono restano con uno zucchettino. Ma non sono i problemi d’abbigliamento che contano. È necessario spiegare le origini e render chiare le funzioni. È emozionante il ricordo che alle origini il vescovo di Roma era definito "presidente della carità". Ancor più toccante quanto scrive sulla mamma del vescovo: "Anche quando non c’è più, la sua ombra è sempre alle spalle del figlio, più della sua stessa immagine; le sue preghiere, notte e giorno (nel cielo non c’è notte, è sempre giorno!) sono per il figlio vescovo".
La frase mi rammenta quella di don Primo Mazzolari riguardante il Papa — Pio XII — appena eletto — del quale diceva che certamente sentiva alla sera la mancanza della mamma che gli aggiustasse le coperte.
Tornando a monsignor Ruppi, definisce i sacerdoti "fratelli del vescovo"; illustra la complessità del lavoro pastorale; elenca i faticosi impegni ordinari e straordinari e la paziente azione per "mettere d’accordo teste e programmi, grandi e piccoli, preti e laici"; le possibilità materiali sempre impari alle richieste di aiuti di tanti poveri, specie di quella indigenza nascosta che spesso bisogna andare a cercare per tentar di alleviarla.
Ho citato prima Pio XII. Mi sia consentito di rievocare la risposta che dette ufficiosamente alla garbatissima protesta perché nessun assistente della Fuci veniva nominato vescovo: "Sono troppo bravi". E spiegò che i vescovi devono governare le diocesi, scegliendo e coordinando bene qualificati collaboratori nelle diverse mansioni: dal diritto canonico all’amministrazione. Era una tesi opinabile. Sotto Paolo VI invece ebbero la nomina parecchi assistenti fucini.
Congratulazioni, comunque, a monsignor Ruppi e buon lavoro nel Sinodo dei vescovi.




Etica e politica



Sottolineo il saggio di Dario Antiseri su Cattolici, mercato, solidarietà e quello di Massimo Borghesi sul cattolicesimo democratico del dopoguerra, con l’analisi delle differenze tra De Gasperi e Dossetti

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a Fondazione Ugo Spirito ha pubblicato le relazioni del convegno tenuto sull’impegnativo tema: "Etica e politica nell’Italia contemporanea". Si tratta di un esame attento, tenuto ad un livello molto alto e senza preoccupazioni di parte o di contingenze.
Tra le pagine di maggiore interesse sottolineo il saggio di Dario Antiseri su Cattolici, mercato, solidarietà nel quale si riportano anche le polemiche di Giorgio La Pira con don Sturzo e con il presidente della Confindustria Angelo Costa. Al sindaco di Firenze che si appellava alle esigenze di una città di 400mila abitanti con un gran numero di disoccupati ed aziende come la Richard Ginori con 950 licenziamenti ed altrettante tentazioni di licenziamenti per la Pignone, la Manetti&Roberts ed altre, Sturzo rispondeva invitando La Pira a considerare la strada sdrucciolevole dello statalismo "per via dei monopoli statali e della partitocrazia connessa all’intervento statale". La sua difesa della libera iniziativa era basata sulla convinzione che l’economia di Stato non solo è antieconomica, ma comprime la libertà e per giunta riesce meno utile e più dannosa, secondo i casi, al benessere sociale.
Un altro saggio rimarchevole è quello di Massimo Borghesi sul cattolicesimo democratico del dopoguerra, con l’analisi delle differenze tra De Gasperi e Dossetti nella concezione del partito di ispirazione democratico-cristiana. Non era priva di logica la_tesi dossettiana dell’apparato e della capillarizzazione sul modello del grande antagonista da combattere e da cui salvaguardarsi: il Pci. Secondo De Gasperi l’obiettivo andava ristretto: "La Dc non deve preoccuparsi di educare l’elettorato, di trasmettergli valori e identità, di fornirgli un apparato di integrazione simbolica perché a tutto ciò provvede la Chiesa attraverso le organizzazioni laicali che governa direttamente; al partito tocca soltanto tradurre in cifra legislativa e amministrativa — bloccando le controtendenze che vengono dall’interno del sistema politico — le aspirazioni ad una società innovata nei suoi gangli vitali dal cristianesimo romano".
Forse è una sintesi troppo schematizzata, ma io posso aggiungere un pensiero di De Gasperi che alla luce di quanto accaduto in seguito risulta quanto mai significativo: "Attenzione, i partiti organizzati costano". E quando vide che nel 1953 si dava in appalto l’attacchinaggio dei manifesti elettorali rimpianse il volontarismo dei primi anni e si disse tanto preoccupato.







Il giornalismo di Sterpa


Ricordi ed impressioni di un inviato diventato deputato e ministro

E
gidio Sterpa è stato deputato ed anche ministro, ma considera queste come attività aggiuntive alla sua professione, che è il giornalismo, vissuta in tutti i ruoli — da giovane apprendista a direttore, comprese significative fasi di inviato speciale —. In un agile volume autobiografico (Egidio Sterpa, Il mio giornalismo, Greco & Greco editori, Milano 2001) ha raccolto ora ricordi e impressioni di questo itinerario dedicando uno spazio speciale alla storia del quotidiano romano Il Tempo ideato da Renato Angiolillo e fatto uscire con un immediato e rilevante successo il giorno successivo alla Liberazione. Ma ben oltre le novantasette pagine di questo saggio sono le memorie che Sterpa potrebbe far riemergere come scrive lui stesso, specie nella veste di inviato. Tra l’altro in un incontro di giornalisti con Padre Pio da Pietrelcina che ignorò completamente il nostro Egidio.
Un breve cenno fa ai suoi interventi nel Consiglio dei ministri "spesso controcorrente". È vero. Rigido assertore dei principi liberali, non riteneva possibile derogarvi anche se per ragioni di ordine pubblico. Nella presentazione di questo libro, presso la Camera dei deputati, ho rammentato la sua opposizione ad uno dei decreti legge che impedirono la scarcerazione dei mafiosi siciliani, prorogando termini e disattendendo un deliberato della Corte di Cassazione. Non era certo per proteggere i malavitosi ma per uno scrupolo di legalità (come del resto fecero in Parlamento Alfredo Biondi ed altri, compresi i comunisti, facendoci rischiare la non ratifica). Ma come ho detto, Sterpa considera marginale tutto ciò che ha fatto al di fuori del giornalismo.




La Palombelli si racconta



Di Francesco Rutelli si possono discutere gli esordi radicali, gli schemi prodiani, i ghirigori del centrosinistra, le margherite: nessuna esitazione nel rallegrarsi per essere il marito di Barbara

I
l racconto della sua vita Barbara Palombelli lo ha scritto per i figli, anche se, una volta affidato all’editore, è divenuto di pubblico dominio. Per chi non la conosce di persona produrrà certamente sorpresa, ma qualche particolare risulta nuovo per tutti, a cominciare dagli esordi come commessa di negozio per nulla in contrasto con una impegnata vita universitaria. La vocazione per il giornalismo è si può dire innata e si realizza via via, anche con qualche circostanza fortunata, ma specialmente per una ferrea volontà di sfondare. Le varie fasi di approccio, di noviziato e poi di continui successi nella carta stampata e attraverso la televisione sono rievocate in tono spigliato e divertente; sempre lontana da servi encomi o da partecipazione agli oltraggi di moda. Il profilo che viene fuori di Craxi è, ad esempio, un piccolo capolavoro di indipendenza e di serenità. Molti immemori e silenti ex vicini a Bettino arrossiranno per l’imbarazzo comparativo nei comportamenti.
Lo abbia voluto o no, attraverso queste pagine risulta che Barbara, senza nulla togliere al suo perfetto ruolo familiare, è qualcuno in prima persona e non perché è moglie dell’importante Francesco, il quale il 28 luglio 1989 esordì alla Camera con questo divertente preambolo: "Nel 1972, diciassette anni fa, Richard Nixon era il presidente Usa; Leonid Breznev era il primo segretario del Pcus, mentre presidente del Soviet Supremo era Nikolaj Podgornij. In Inghilterra Edward Heath era primo ministro e responsabile del Partito conservatore. In Germania, cancelliere era Willy Brandt e all’opposizione Franz Joseph Strauss. In Francia presidente della Repubblica era Georges Pompidou e primo ministro Chaban Delmas. Sempre nel 1972, in Spagna governava Francisco Franco e in Grecia con il regime dei colonnelli primo ministro era il signor Papadopulos. In Italia, presidente del Consiglio dei ministri era, come oggi, Giulio Andreotti e segretario della Democrazia cristiana Arnaldo Forlani". La spiritosa introduzione non era contro di me, tornato a Palazzo Chigi, né contro Arnaldo, ma mirava ad ironizzare con i socialisti che nel ricordato 1972 erano stati feroci oppositori del governo insieme ai liberali.
Di Francesco si possono discutere gli esordi radicali, gli schemi prodiani, i ghirigori del centrosinistra, le margherite: nessuna esitazione nel rallegrarsi per essere il marito di Barbara.








Una festa per risorgere


Il tema prescelto dall’autore è quanto di più benefico ci sia: la celebrazione della festa domenicale. Trattata innanzitutto dal punto di vista liturgico (alla celebrazione eucaristica è dedicata la parte centrale del libro), ma anche dal punto di vista fenomenico e giuridico, e con una serie di spunti sul "come fare festa"

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n linea con la lettera apostolica Dies Domini don Vincenzo Di Muro, forte dei suoi studi e della sua esperienza pastorale maturata in anni di apostolato come cappellano militare, ha voluto mettere per iscritto una serie di riflessioni intorno alla celebrazione domenicale; con entusiasmo giovanile e con quel poetico calore che è una dote non sempre apprezzata dei meridionali. Certo La domenica festa per risorgere. Riflessioni e proposte sulla festa nel suo autentico significato di gioia liberante per la salvezza integrale dell’uomo, come dice anche il suo sottotitolo, non vuole essere uno studio di taglio scientifico, per quanto numerosissime citazioni tratte dalla Scrittura, dai Padri, dalla Liturgia, dal Magistero e da autori antichi e moderni ne confortino il contenuto. Ma spesso gli studi di taglio scientifico sono indigesti e aridi. Ci si nutre spesso più volentieri di opere più digeribili e gradevoli, di cui si avverte immediatamente il beneficio. E il tema prescelto da don Di Muro è quanto di più benefico ci sia: la celebrazione della festa domenicale. Trattata innanzitutto dal punto di vista liturgico (alla celebrazione eucaristica è dedicata la parte centrale del libro), ma anche dal punto di vista fenomenico e giuridico, e con una serie di spunti sul "come fare festa". Ci piace riportare un breve brano del libro, messo in rilievo anche da monsignor Tarcisio Bertone cui si deve l’autorevole presentazione: "Il mistero di Dio, la sua opera meravigliosa di amore e di misericordia cerca, raduna, cura, fa riposare, si addossa il carico dei peccatori, ammette a partecipare alla comunione divina, tutto è espresso e trova inizio in un atto tanto semplice: andare a Messa, trovarsi insieme con altri per la celebrazione eucaristica" (p. 149).
Lorenzo Cappelletti


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